Il cancro ai polmoni nel 2015 se prevede che farà più vittime del cancro al seno tra le donne europee. Lo studio è stato pubblicato sugli Annals of Oncology
Le previsioni nefaste sono state effettuate da un gruppo di ricercatori guidati dall’epidemiologo dell’Università di Milano Carlo La Vecchia. Per la prima volta il “big killer” delle donne, il cancro al seno, è passato al secondo posto della triste classifica europea dei tumori che uccidono le donne.
Il 2015 sarà un anno nero soprattutto per le fumatrici ma in Italia il “sorpasso” ancora non avverrà perché ci sono meno donne fumatrici di mezza età e anziane.
I decessi per cancro al seno sono 90.800 e quelli per cancro al polmone sono 87.500 (parliamo ovviamente solo di quelli femminili) ma le ultime previsioni ci dicono che presto i numeri varieranno e quello al polmone diverrà più letale di quello alla mammella.
Il tasso di mortalità passerà da 9 decessi ogni 100mila donne (dati del 2009) a 14,24 decessi per 100mila. Si ridurrà invece il cancro al seno, grazie alla prevenzione e alla diffusione delle informazioni tra la popolazione femminile che porta a conoscere questo nemico e dunque a sapere come aggredirlo in tempo. La riduzione prevista sarà del 10,3% rispetto al 2009, scendendo a 14,22 decessi ogni 100mila donne.
Il picco di mortalità per cancro c’è stato comunque nel 1998. Nel 2015 ci si aspettano 325mila decessi in meno causati da questa terribile malattia.
Nel nostro Paese il tasso di mortalità femminile per cancro al polmone è comunque basso rispetto al resto d’Europa, pari a 10 donne ogni 100mila ma ciò non toglie che bisogna continuare a tenere alta l’attenzione: anche una sola morte per noi è tanto.
I sintomi
Difficile riuscire a scoprirlo in tempo, poiché il tumore del polmone nelle sue fasi iniziali non dà sintomi, tanto è vero che potrebbe essere diagnosticato nel corso di esami effettuati per tutt’altre ragioni. Se sono presenti, comunque i sintomi più comuni sono: tosse continua (che non passa e anzi peggiora nel tempo); raucedine; respiro corto; dolore al petto che aumenta al momento del colpo di tosse; stanchezza; bronchiti e polmoniti frequenti. Andando avanti, i sintomi aumentano e si può perdere appetito, perdere peso, notare presenza di sangue nel catarro.
Bisogna anche fare attenzione alla sua diffusione, poiché questo tumore si diffonde alle strutture vicine, come la pleura (parte che riveste i polmoni stessi) o il diaframma o la parete toracica. Le sue cellule infette possono anche passare nel sangue e da lì colpire gli altri organi: fegato, cervello, ossa, reni, pancreas, milza e perfino la pelle.
L’AIRC (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) spiega che in presenza di tali sintomi il medico potrà prescrivere una radiografia al torace, una risonanza magnetica o una TC (Tomografia computerizzata) ma l’accertamento più completo è l’effettuazione di una biopsia, ovvero del prelievo di un frammento del tessuto e il successivo esame istologico, cioè lo studio al microscopio del frammento prelevato. “Per avere un quadro più preciso della situazione, il medico può prescrivere anche altri esami, un po’ più fastidiosi per il paziente come per esempio la broncoscopia che riesce a visualizzare l’interno dei bronchi grazie a un sottile tubo inserito attraverso la bocca, utile anche per eseguire prelievi del tessuto senza ricorrere all’intervento chirurgico”.
Riportiamo di seguito quanto pubblicato sul sito ufficiale dell’AIRC in relazione ai fattori di rischio, allo scopo di suggerire un metodo di prevenzione nel quale non può non collocarsi al primo posto quello più importante: smettere di fumare. Il fumo di sigaretta è infatti responsabile della quasi totalità dei tumori al polmone. Di seguito un focus sull’abitudine al fumo da parte delle donne italiane (indagine DOXA)
Il più importante fattore di rischio nel tumore del polmone è rappresentato dal fumo di sigaretta: esiste infatti un chiaro rapporto dose-effetto tra questa abitudine e la malattia e ciò vale anche per il fumo passivo.
In altre parole, più si è fumato (o più fumo si è respirato nella vita), maggiore è la probabilità di ammalarsi e secondo gli esperti la durata di tale cattiva abitudine è anche più importante del numero di sigarette fumate per determinare il rischio di tumore. Il rischio cioè è molto più alto se si inizia a fumare da giovanissimi e si prosegue per il resto della vita.
In cifre, il rischio relativo dei fumatori aumenta di circa 14 volte rispetto ai non fumatori e addirittura fino a 20 volte se si fumano più di 20 sigarette al giorno.
Da ricordare, per precisione, che la relazione fumo-cancro al polmone vale in particolare per alcuni sottotipi di malattia come il carcinoma spinocellulare e il microcitoma.
Il fumo di sigaretta è responsabile di 8-9 tumori del polmone su 10, ma non è l’unico fattore di rischio per questa malattia. Esistono altri cancerogeni chimici come l’amianto (absesto), il radon, i metalli pesanti, che provocano il tumore soprattutto in quella parte di popolazione che viene a contatto con queste sostanze per motivi di lavoro: si parla in questo caso di esposizione professionale.
Aumentano il rischio anche l’inquinamento atmosferico, una storia familiare di tumore del polmone (soprattutto nei genitori o in fratelli e sorelle), precedenti malattie polmonari o trattamenti di radioterapia che hanno colpito i polmoni (magari per un pregresso linfoma).
Il fumo di sigaretta è oggi ritenuto il fattore causale più importante del tumore polmonare e causa circa l’80% di queste neoplasie. Il rischio aumenta in relazione a:
– numero di sigarette fumate (in modo proporzionale diretto: più sono, più sale il rischio);
– età di inizio dell’abitudine al fumo (più si è giovani, più rischi si corrono);
– durata dell’esposizione al fumo (più numerosi sono gli anni di fumo, maggior è il rischio);
– assenza di filtro nelle sigarette (i prodotti della combustione, come i catrami, contribuiscono in modo rilevante alla patologia).
Nei soggetti che smettono di fumare il rischio si riduce gradualmente nel corso dei 10-15 anni successivi, fino a eguagliare quello di chi non ha mai fumato. Non bisogna poi dimenticare che il fumo passivo aumenta il rischio di sviluppare il carcinoma polmonare.
Secondo i dati emersi dal Rapporto sul fumo in Italia, un’indagine Doxa svolta nei primi mesi del 2014 per conto dell’Istituto superiore di sanità con la collaborazione dell’Istituto Mario Negri, in Italia i fumatori superano gli 11 milioni, il 22% della popolazione: poco più di 6 milioni sono uomini (un italiano su quattro) e poco più di 5 milioni di donne (circa un’italiana su cinque). E mentre fino a qualche decennio fa il fumo era un’abitudine quasi del tutto maschile, per la prima volta i dati mostrano un’inversione di tendenza di consumo tra uomini e donne: il numero dei fumatori mostra una lieve ma costante diminuzione, mentre il numero delle fumatrici aumenta (dal 15,3% del 2013 al 18,9% del 2014). (D.M.)
(L’immagine di questo articolo è di Tomasz Sienicki)