Una giornata di mobilitazione nazionale ideata da Confcommercio. Lo slogan è “Legalità, mi piace” proprio perché la campagna è già partita da Facebook. E risulta che a vivere nell’illegalità sono soprattutto le donne, maggioranza delle acquirenti di merci illegali e delle taccheggiatrici
Partita già sui social network la campagna sulla legalità che culminerà nella giornata del 25 novembre quando si darà il via ai progetti predisposti da tutte le sedi italiane di Confcommercio per rivendicare i diritti di vivere in un ambiente economico incentrato sul valore imprescindibile della legalità. Il la alle attività verrà dato da Roma, quando Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, e Angelino Alfano, Ministro dell’Interno, pronunceranno i discorsi di apertura che verranno trasmessi in streaming dalle Associazioni territoriali collegate da tutta Italia. Al termine della diretta streaming, tutte le sedi di Confcommercio territoriali avvieranno le proprie iniziative.
La giornata è nata allo scopo di analizzare e denunciare l’entità e le conseguenze dei fenomeni criminali sull’economia reale e sulle imprese, visto che “l’illegalità distrugge il lavoro di tanti imprenditori”.
“Liberiamo le imprese del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti dai fenomeni criminali. Per un’economia più sana e più forte, per un Paese più civile”, così recita lo slogan ideato per l’occasione da Confcommercio la quale nel frattempo ha già pubblicato i dati di una prima indagine, realizzata in collaborazione con Format Research, sul sentiment dei consumatori e delle imprese nei confronti della contraffazione e dell’abusivismo e un’altra sul fenomeno del taccheggio.
Secondo i dati della prima indagine, aumenta l’acquisto illegale di abbigliamento, calzature e pelletteria mentre diminuisce quello di prodotti ritenuti più a rischio per la salute, come alimentari, cosmetici e profumi: “un consumatore su quattro ha acquistato almeno una volta nel 2015 un prodotto o servizio illegale: in aumento rispetto allo scorso anno l’acquisto illegale di abbigliamento (+11,3%), calzature (+5,9%) e pelletteria (+2,8%), mentre diminuisce quello di prodotti contraffatti appartenenti alle categorie potenzialmente più pericolose per la salute, come alimentari, cosmetici e profumi (-5,4%)”.
Dallo studio emerge anche che per oltre il 70% dei consumatori l’acquisto di prodotti o servizi illegali è sostanzialmente legato a motivi di natura economica ed è piuttosto normale, mentre cresce la consapevolezza sui rischi per la salute (80% contro il 71% del 2014, con un aumento del 9%).
L’identikit del consumatore di prodotti e servizi illegali
Il consumatore di prodotti e servizi illegali è in prevalenza donna (nel 59,5% dei casi), dai 35 anni in su (per il 79,2%), appartenente ad un nucleo familiare di almeno due persone.
Risiede principalmente al Sud (per il 43,5%), ha un livello d’istruzione medio-basso (per il 72,9%), è casalinga, pensionato, impiegato o operaio (per l’86,1%).
Imprese e concorrenza sleale
Quanto alle imprese del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti, il 62,1% si ritiene danneggiato dall’azione dell’illegalità (+1% rispetto al 2014) ed è in aumento la concorrenza sleale (62,5%, +1,7% in confronto al 2014), l’effetto illegale ritenuto più dannoso dalle imprese.
Per oltre l’80% il mercato dei prodotti illegali e dell’esercizio abusivo delle professioni è in continua crescita.
Il fenomeno del taccheggio
Confcommercio e Format Research hanno realizzato anche un focus sugli episodi di taccheggio subiti dalle imprese del commercio al dettaglio. Il risultato è che 7 imprese su 10 del commercio al dettaglio hanno subito episodi di taccheggio negli ultimi anni.
Il 30% delle imprese segnala un aumento del taccheggio (+2,4% rispetto al 2014), in particolare al Centro (+3,8%) e al Sud (+4,1%) e solo il 38,9% degli esercenti dichiara di essere riuscito a bloccare quasi sempre o spesso il taccheggiatore (-18,1% in confronto al 2014).
Nel frattempo, il 48,3% delle imprese (+1,4% rispetto al 2014) è stato costretto a dotarsi di misure anti-taccheggio e il 32,7% delle imprese investe tra il 2 e il 3% dei propri ricavi (+1,1% rispetto al 2014) per la sicurezza contro il taccheggio.
Il 68,8% delle imprese del commercio al dettaglio è stato vittima almeno una volta in passato di un episodio di taccheggio, fenomeno diffuso in prevalenza negli esercizi commerciali di dimensioni più grandi (84,6%), nella distribuzione organizzata (75,2%), nelle imprese delle aree metropolitane (69%) e delle regioni del Centro Italia (75,8%) e del Nord Ovest (72,2%).
Sette imprese su dieci dichiarano che il taccheggio incide negativamente tra l’1 e il 5% dei propri ricavi.
L’identikit del taccheggiatore
Anche in questo caso purtroppo bisogna dire che il fenomeno è femminile. Il taccheggiatore infatti è in prevalenza donna (nel 54,5% dei casi), tra i 35 ed i 54 anni (per il 56%), di nazionalità italiana (per il 56%), soprattutto coniugata e con figli (per l’87,4%).
Da segnalare che rispetto al 2014 le imprese del commercio segnalano un aumento dei taccheggiatori italiani (+16%).
Quali misure hanno adottato le imprese
Il 48,3% delle imprese del commercio al dettaglio (+1,4% rispetto al 2014) si è dotato di misure anti-taccheggio. Di queste, il 55,3% ha adottato dispositivi di sorveglianza video e/o altre modalità, anche informatiche e digitali, di sorveglianza da remoto; il 21,1% ha investito in corsi specifici per il personale; l’11,8% si è dotato di personale addetto alla vigilanza non armata, il 6,6% ha reclutato personale di vigilanza armata.
(D.M.)