Aggiornamento

I lavoratori e la formazione continua

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Presentato a Roma il XVI Rapporto sulla formazione continua realizzato dall’ISFOL per conto del Ministero del Lavoro. In Italia cresce la partecipazione degli adulti alle attività educative e formative. Coinvolte 2,6 milioni di persone tra i 25 e i 64 anni di età, soprattutto donne

Il Rapporto annuale sulla Formazione continua è stato presentato il 5 maggio presso la sede del CNEL. Oltre ad illustrare l’evoluzione delle diverse filiere del sistema, esso affronta anche la più ampia dimensione dell’apprendimento degli adulti, nell’ottica del lifelong learning. Si scopre così che nel corso del 2014 il tasso di partecipazione della popolazione adulta (25-64 anni) ad attività educative e formative ha raggiunto in Italia l’8%, pari a 2,6 milioni di persone. Nonostante lo scarto che ancora permane rispetto alla media UE (10,7%), il trend appare particolarmente positivo, con un incremento rispetto all’anno precedente dell’1,8%.

Si conferma il primato delle donne per gli alti livelli di formazione e conoscenza anche in questo caso, infatti le percentuali più alte di chi frequenta corsi di formazione continua le fanno registrare proprio le donne (8,3%).
Tra donne e uomini, i dati indicano che i lavoratori dipendenti che frequentano corsi sono l’8,7%, i giovani (25-34enni) il 14,9% e i laureati il 18,7%.

Sul piano territoriale, il Centro-Nord si conferma come l’area geografica con la maggiore partecipazione, mostrando inoltre un trend positivo più intenso rispetto al Mezzogiorno.

Imprese, investimenti formativi, produttività

I dati sulle imprese che hanno promosso la crescita del know-how interno nel 2014 mostrano un arresto del trend negativo dell’investimento formativo, con un avvio di ripresa rispetto agli anni precedenti, ma con previsioni di assunzioni concentrate su figure a basso livello di qualificazione. Si delineano quindi rischi di mancato incontro tra domanda e offerta di competenze, di over-education e di sotto-inquadramento.

Le aziende possono scegliere di investire in formazione per interventi a favore dei neoassunti, per aggiornare il personale sulle mansioni già svolte o per indirizzarlo a nuove mansioni. L’unica di queste tre tipologie a registrare una variazione in positivo è l’aggiornamento sulle mansioni già svolte. Una strategia difensiva da parte delle imprese, consistente nel concentrare le scarse risorse sul rafforzamento delle competenze del personale.

Una stima della relazione tra la formazione e i tassi di crescita dell’economia mostra che i Paesi europei nei quali la forza lavoro occupata è stata maggiormente coinvolta dalle imprese in attività di formazione hanno subito una riduzione del PIL meno pronunciata rispetto a quelli nei quali le imprese sono state meno attive in tale direzione. Questa relazione suggerisce che la bassa propensione delle imprese a formare i propri addetti possa essere considerata uno dei fattori che hanno contribuito al rallentamento dell’economia italiana negli ultimi anni.

Dall’indagine Isfol Intangible Assets Survey sul ruolo assunto dalla formazione nelle aziende italiane rispetto agli altri investimenti intangibili (ricerca e sviluppo, software, branding, innovazione organizzativa, design) emerge come i fattori intangibili abbiano un impatto positivo crescente sullo sviluppo delle imprese e dell’economia. Si rileva comunque che la durata temporale del ritorno atteso dagli investimenti intangibili effettuati dalle imprese cresce all’aumentare della dimensione dell’impresa. Inoltre al Sud si concentrano i valori più bassi in tutte le tipologie di investimento intangibile.

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I fondi interprofessionali

Dal punto di vista economico “pubblico” si vede uno spostamento di grosse quote di denaro per finanziare i corsi verso gli ammortizzatori sociali in deroga, un trasferimento dovuto alla necessità di rispondere all’impatto della crisi. Il valore complessivo di questo spostamento ha superato il miliardo di euro.
Attualmente dunque i Fondi interprofessionali sono l’unico strumento di finanziamento della formazione continua a livello nazionale.
A ottobre 2015 il numero di adesioni ai Fondi si è assestato su circa 930 mila imprese e circa 9,6 milioni di lavoratori. In molti territori e in alcuni ambiti settoriali si è vicini alla piena copertura dell’universo delle imprese attive.
A partire dal 2004 – spiega l’Isfol – i Fondi interprofessionali hanno gestito complessivamente circa 5,2 miliardi di euro. Nel 2014 le loro disponibilità finanziarie sono state pari a 570 milioni di euro e nel 2015 a circa 400 milioni di euro (dati a ottobre 2015). Trova conferma il processo di concentrazione delle risorse in pochi Fondi: i primi tre per raccolta (Fondimpresa, For.te e Fondo Banche Assicurazioni) assorbono il 68,4% delle risorse.
Nel 2014 i Fondi hanno approvato circa 31 mila piani formativi, circa 2 mila in più rispetto all’anno precedente, con un coinvolgimento di oltre 59 mila imprese e un bacino potenziale di lavoratori pari a circa 1,6 milioni.

I piani formativi più gettonati

La proposta formativa è ancora prevalentemente concentrata su ambiti trasversali e intersettoriali o legati agli obblighi di legge. La salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro rimane la tematica più ricorrente (nel 43,4% dei piani formativi).
L’aula rappresenta l’ambiente di apprendimento di gran lunga più utilizzato (nel 76,4% dei piani).

La mancata certificazione dei percorsi formativi non interessa più di tanto i lavoratori, che sono interessati più che a un certificato all’apprendimento tout court.
I progetti che prevedono solo attività di formazione standard sono prevalenti (95,9%) e vi è una scarsa presenza di servizi aggiuntivi alla formazione, quali il bilancio di competenze (nell’1,6% dei progetti) o l’orientamento (nell’1% dei progetti).

Da notare che si conferma la natura di breve durata dei corsi. Circa il 73% dei progetti prevede infatti percorsi con una durata massima di 16 ore e con una particolare concentrazione entro le 8 ore. Il dato, in aumento rispetto agli ultimi anni, evidenzia la tendenza a finanziare iniziative che magari permettono di allargare la platea dei fruitori ma al tempo stesso appaiono frammentate e di carattere sostanzialmente seminariale.

“Osservando che i Paesi europei nei quali i lavoratori sono stati maggiormente coinvolti in processi formativi hanno subito una riduzione del Pil meno pronunciata – sottolinea Giorgio Fossa, Presidente del più importante Fondo italiano (193.000 imprese con 4,8 milioni di lavoratori) – l’Isfol avvalora il rapporto di causa-effetto tra interventi formativi ben finalizzati, sviluppo di impresa e crescita dell’occupazione già rilevato da tante ricerche e anche dall’esperienza diretta del nostro Fondo”.
Nella sua dettagliata analisi – che tra l’altro quantifica in 1,16 miliardi di euro il totale dei prelievi governativi sulle quote dello 0,30 per la formazione dal 2009 ad oggi – il Rapporto rileva alcune dinamiche critiche nell’ambito dei Fondi interprofessionali. “Sono fenomeni che abbiamo ripetutamente segnalato – osserva il Vicepresidente, Paolo Carcassi – ed è un bene che siano riconosciuti da un osservatorio così autorevole. Quando la condivisione dei piani formativi tra le Parti sociali viene praticata quasi esclusivamente a livello nazionale spesso, come afferma l’Isfol, ne derivano esiti non maturi sul fronte di una chiara definizione dei fabbisogni formativi. E chi, spinto da quella che l’Istituto definisce una più intensa concorrenza tra i Fondi, finanzia iniziative che privilegiano la quantità con danni che possono avere ripercussioni anche su chi opera secondo altri principi, effettivamente alimenta, come sostiene ancora il Rapporto, quella cultura conservativa per la quale la formazione rappresenta un mero adempimento burocratico che intralcia il processo produttivo”.
“L’esperienza di Fondimpresa ha invece dimostrato che, con una capillare attenzione ai bisogni specifici di settori e territori, la formazione è un propellente essenziale di crescita – sottolinea ancora Fossa – Sempre più frequentemente, infatti, le imprese vi ricorrono per accrescere la loro competitività: dei 2,3 miliardi di euro di finanziamenti erogati dal 2007 circa 900 sono stati indirizzati a questo scopo. I Fondi hanno la responsabilità di essere l’unica fonte di finanziamento della formazione dei lavoratori in Italia: a maggior ragione, tutte le risorse disponibili vanno impiegate al meglio. Il nostro Paese, che, evidenzia sempre l’Isfol, è ancora indietro ai competitor europei, non può permettersi formazione inefficace”.

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