Diritti Lavoro

Contratti dei grafici, le nuove figure professionali

Aperto il confronto sul rinnovo dei contratti dei grafici editoriali, i sindacati chiedono l’inserimento di nuove figure professionali

Tra le nuove figure professionali ancora non previste dai contratti dei grafici editoriali ci sono quelle dedicate al mondo digitale, come social media manager, copywriter, videomaker, photoeditor, seo expert, digital media strategist. Sono queste le figure professionali che la SLC-CGIL (il sindacato dei lavoratori della comunicazione della confederazione) ha segnalato come ancora mancanti dalla classificazione professionale del settore editoriale.

Inclusione delle nuove figure digitali nei contratti dei grafici
“È una trattativa a cui teniamo molto” spiega Giulia Guida, Segretaria nazionale Slc-Cgil “perché si svolge in una fase di profonda trasformazione per tutta la filiera dell’editoria, segnata dalla produzione sempre più massiva di contenuti digitali”. La possibilità di aggiornare la classificazione professionale emerge proprio nel contesto del rinnovo del contratto dei grafici editoriali, scaduto dallo scorso dicembre. In data 18 aprile 2023 infatti si è aperto presso il CNEL (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) il confronto sul rinnovo del CCNL e bisogna considerare anche le figure digitali che operano nel settore dell’editoria, dal momento che le loro competenze sono sempre più richieste dalle aziende.

Le richieste per i nuovi contratti dei grafici
In vista del rinnovo del contratto, secondo la Slc-Cgil occorre investire nella formazione e riqualificazione delle professionalità esistenti, ridurre l’orario di lavoro a parità di salario, consolidare il welfare aziendale, aumentando la quota sui fondi di previdenza complementare e sanitaria, valorizzare ed implementare il ruolo dell’osservatorio di settore, in quanto luogo di analisi ed elaborazione contrattuale. Il nuovo CCNL dovrà inoltre garantire il recupero del potere d’acquisto dei salari, erosi dall’inflazione. “Ci auguriamo di poter affrontare una trattativa costruttiva” auspica Guida “e di pervenire a un contratto innovativo che risponda alle esigenze di chi lavora e al contempo promuova il rilancio dell’editoria”.

I contratti collettivi nazionali italiani
I sindacati confederati non seguono solo i contratti dei grafici ovviamente: ben il 97% dei CCNL d’Italia (questo il link all’archivio del CNEL con tutti i contratti nazionali https://www.cnel.it/Archivio-Contratti) è stato sottoscritto da Cgil, Cisl o Uil. La Fondazione Di Vittorio ha realizzato un’indagine elaborando i dati per comprendere come la rappresentanza sindacale italiana tuteli i lavoratori ed è emerso che a essere tutelati da un contratto collettivo nazionale di lavoro sono 14,5 milioni di dipendenti del settore privato (agricoli e domestici esclusi) e, dall’analisi si comprende – come dichiara Francesca Re David, la Segretaria confederale della Cgil – come sia necessaria e urgente una legge sulla rappresentanza.

Il ruolo dei sindacati confederati
Il totale dei contratti del settore privato, nel 2022, è di 894, di cui 207 sottoscritti da Cgil, Cisl, Uil (23,2%) e 687 firmati solo da altre organizzazioni sindacali (76,8%). In realtà i lavoratori coperti dai 207 contratti confederali sono però quasi il 97% del totale dei contrattualizzati. I dati sono contenuti nell’ultima ricerca realizzata dalla Fondazione Di Vittorio “La contrattazione collettiva, il ruolo dei sindacati confederali e i lavoratori interessati nel 2022”, un rapporto che evidenzia quanto denunciato più volte dalla Cgil: un’altissima copertura dei Ccnl firmati dalle maggiori organizzazioni sindacali confederali e la proliferazione di Ccnl sottoscritti solo da altre organizzazioni sindacali. Dall’elaborazione della Fondazione dei dati CNEL-INPS risulta che dei complessivi 894 contratti collettivi i 207 firmati da Cgil, Cisl o Uil coprono 13.366.176 lavoratori dipendenti del settore privato mentre i 687 contratti firmati dalle altre organizzazioni sindacali interessano 474.755 lavoratori. A questi dati bisogna aggiungere 689.355 lavoratori dipendenti per i quali il datore di lavoro non ha indicato chiaramente il Ccnl applicato.

La proliferazione contrattuale
I contratti siglati dalle tre Confederazioni tutelano la stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti del settore privato e secondo il presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni, la “proliferazione contrattuale non ha niente a che vedere con l’espansione del numero di lavoratori a cui si applica un contratto, né con migliori condizioni di lavoro, perché spesso prevedono condizioni inferiori rispetto ai Ccnl confederali”. Secondo Fammoni la frammentazione e scomposizione del sistema di rappresentanza (anche datoriale) pone la necessità sindacale di legittimarsi per salvaguardare le prerogative associative di chi stipula quei contratti. “Le conseguenze sono, però” aggiunge il presidente della FDV “la mancanza di parità di condizioni fra lavoratori occupati negli stessi settori e una indebita forma di pressione ‘al ribasso’ verso gli altri contratti”.

Il commento della Cgil
Secondo la segretaria confederale della Cgil Francesca Re David, dai dati elaborati dalla Fondazione Di Vittorio emerge chiaramente l’urgenza di una legge sulla rappresentanza ed è anche necessario “introdurre criteri di classificazione dei contratti per distinguere quelli di dimensione nazionale da quelli applicati nelle realtà territoriali limitate o nelle singole aziende, che tengano insieme primo e secondo livello di contrattazione. Inoltre” evidenzia la segretaria confederale “in alcuni settori, in particolare del terziario, contratti scaduti non vengono rinnovati da lungo tempo, non rispettando gli accordi interconfederali. Con effetti fortemente negativi sul salario dei lavoratori. Per sostenere la contrattazione è necessario definire meccanismi, anche legislativi, che disincentivino questa pratica da parte delle associazioni datoriali, una pratica che mette in discussione il valore del sistema fondato sulla contrattazione estesa”.

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