Lavoro Opportunità

Il lavoro nell’era dell’intelligenza artificiale

Può l’intelligenza artificiale rubarti il lavoro? Scenari possibili nel mondo del lavoro e delle imprese nell’era dell’artificial intelligence revolution

“Può l’intelligenza artificiale rubarti il lavoro” è una domanda che sempre più frequentemente impiegati e manager mi pongono durante i miei corsi. La risposta che molti sedicenti guru delle AI forniscono è spesso la stessa: “Non sarà l’AI a rubarti il lavoro, ma qualcuno che sa usare l’AI meglio di te”. Tuttavia, questa affermazione spesso nasconde un intento commerciale e una sottovalutazione di quella che rappresenta una rivoluzione tecnologica straordinaria e complessa, che potrebbe trasformare profondamente il mondo del lavoro.

I cinque scenari dell’impatto dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro
 
Lavoro e intelligenza artificiale. Scenario 1
Il primo scenario che si può presentare è sostanzialmente rassicurante: se la diffusione dell’AI sarà sufficientemente lenta e progressiva, permetterà ai lavoratori più anziani di andare in pensione, mentre i più giovani potranno essere formati per ruoli manageriali o di collaborazione con l’AI. Secondo il World Economic Forum, entro il 2025 l’AI potrebbe creare “97 milioni di nuovi posti di lavoro” in settori emergenti, come la robotica e la gestione dei dati, mentre potrebbero sparire 85 milioni di posti in settori più tradizionali (The Future of Jobs Report 2020). In questo contesto, la politica e la classe dirigente avranno una grande responsabilità nel favorire una transizione equilibrata.

Lavoro e intelligenza artificiale. Scenario 2
Il secondo scenario, anch’esso rassicurante, si basa su una valutazione economica: se l’AI consente di produrre il 60% in più a costi ridotti, soprattutto nel settore dei servizi, potremmo assistere a una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, come accadde con l’introduzione della macchina a vapore o dell’elettricità. Tuttavia, per evitare un eccesso di offerta di lavoro e una crisi occupazionale, sarà essenziale un intervento tempestivo da parte dei sindacati e della politica.

Lavoro e intelligenza artificiale. Scenario 3
Il terzo scenario riguarda un’evoluzione dell’attività umana verso nuovi ambiti, mentre le attività più prevedibili e ripetitive saranno sempre più affidate alle macchine. Come accadde con l’avvento della fotografia, che spinse l’arte verso l’astrattismo, anche l’AI potrebbe favorire la nascita di nuovi settori creativi. Tuttavia, questa transizione potrebbe non essere indolore. Uno studio condotto da PwC nel 2018 (Will robots really steal our jobs? An international analysis of the potential long-term impact of automation) prevede che entro il 2030 circa il 30% delle attuali professioni potrebbe essere automatizzato, con un impatto particolarmente significativo nei settori della logistica e della produzione.

Lavoro e intelligenza artificiale. Scenario 4
Il quarto scenario è quello che stiamo già vivendo: da oltre un decennio, i sistemi di AI si stanno integrando in settori sempre più vasti, portando alla scomparsa di alcune professioni ma anche alla creazione di nuove. Secondo un rapporto del McKinsey Global Institute pubblicato già nel 2017 (Jobs Lost, Jobs Gained: Workforce Transitions in a Time of Automation) l’automazione potrebbe influenzare tra il 15% e il 30% delle attività lavorative globali entro il 2030, con un impatto maggiore nei lavori che richiedono competenze manuali o cognitive di base.

Lavoro e intelligenza artificiale. Scenario 5
Il quinto scenario infine, riguarda il contesto italiano, dove alcuni ritengono che l’AI occuperà posizioni lavorative lasciate vacanti da lavoratori “mai nati” a causa del declino demografico. L’Istat ha stimato che la popolazione italiana diminuirà di 6,8 milioni entro il 2065, aggravando la carenza di manodopera in vari settori (Rapporto Annuale 2020: La Situazione del Paese). In questo senso, l’AI potrebbe contribuire a colmare il vuoto creato dal calo demografico, evitando così una crisi occupazionale.

In tutti questi scenari, tempo, politica, classe dirigente e sindacati giocheranno un ruolo cruciale. Nei libri di storia dei prossimi cento anni potremmo leggere se sono stati all’altezza di questa sfida tecnologica rivoluzionaria.

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