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Le persone con Alzheimer e i loro caregiver: tra sfide e speranze

Un’indagine Censis-Aima sull’Alzheimer rivela un quadro di solitudine per malati e caregiver, con la speranza nei progressi della ricerca

A 25 anni dalla prima ricerca congiunta tra Censis e Aima, la situazione delle persone affette da Alzheimer e dei loro caregiver continua a essere caratterizzata da solitudine e abbandono. I dati raccolti mostrano che un caregiver su cinque riferisce di non ricevere alcun tipo di supporto, mentre il 41,1% delle famiglie si affida a badanti. Il costo medio per paziente con Alzheimer raggiunge i 72.000 euro l’anno, con un aumento del 15% rispetto al 2015. La mancanza di sostegno istituzionale contribuisce al peso psicologico e finanziario che grava sulle famiglie, costrette a coprire il 75% dei costi diretti.

Come il Covid ha influenzato la malattia di Alzheimer

Il profilo della malattia di Alzheimer è cambiato dopo la pandemia: i pazienti sono mediamente più giovani e ricevono diagnosi più recenti. Molti di loro, insieme ai loro caregiver, continuano a lavorare, affrontando difficoltà sul piano lavorativo. Il 55,3% dei caregiver ha tra i 46 e i 60 anni e oltre il 62% dei malati di Alzheimer sono donne, mentre più del 70% dei caregiver appartengono al sesso femminile. Nonostante qualche miglioramento nella conoscenza della malattia, l’accesso ai servizi e ai farmaci per l’Alzheimer rimane limitato.

La solitudine dei caregiver di persone con Alzheimer

La famiglia resta il nucleo principale di supporto per i malati di Alzheimer, ma il carico assistenziale si concentra sempre più sui caregiver, che spesso si ritrovano soli. Il 68,3% dei caregiver dichiara di sentirsi isolato, anche se l’84,9% continua a sentirsi utile nella loro funzione. Le tensioni tra i familiari sono comuni e il 41,1% delle famiglie ricorre a badanti, anche se i caregiver segnalano un calo del supporto ricevuto rispetto agli anni precedenti.

Il sistema di assistenza per l’Alzheimer: divari territoriali e difficoltà di accesso

Il ricorso ai servizi sanitari per l’Alzheimer varia notevolmente tra Nord e Sud Italia. Più della metà dei pazienti (53,3%) non ha mai effettuato una visita presso un Cdcd (Centro per i disturbi cognitivi e le demenze), con percentuali particolarmente elevate nel Sud (60%). Al Nord, il 48,2% dei pazienti è seguito da un Cdcd, mentre questa percentuale cala notevolmente al Centro e al Sud, rispettivamente un terzo dei pazienti. I tempi di diagnosi per l’Alzheimer sono aumentati, passando da 1,8 anni nel 2015 a 2 anni nel 2023.

Persone con disturbi cognitivi lievi: la speranza nei nuovi farmaci per l’Alzheimer

Le persone affette da disturbi cognitivi lievi (Mci) vedono nella ricerca farmacologica una speranza. Il 90,1% degli intervistati teme un peggioramento della propria condizione, mentre l’88,2% considera i farmaci la risorsa più importante per il futuro. Anche se il rapporto con i servizi assistenziali è limitato, molti pazienti si dichiarano soddisfatti del percorso terapeutico. Tuttavia, il sostegno psicologico offerto dal Servizio sanitario nazionale rimane insufficiente per la maggioranza.

Le sfide e le speranze per il futuro dell’Alzheimer

Patrizia Spadin, Presidente dell’Aima, sottolinea come le famiglie continuino a vivere in una condizione drammatica, nonostante i progressi nella ricerca sull’Alzheimer. Il sistema sanitario è in difficoltà nel fornire supporto a tutti i malati, specialmente a coloro con disturbi cognitivi lievi. Le istituzioni, secondo Spadin, faticano a rispondere adeguatamente agli appelli dell’Aima. Tuttavia, l’avanzamento della ricerca offre una speranza concreta per un futuro migliore.

Conclusione

Nonostante i progressi scientifici, la condizione delle persone affette da Alzheimer e dei loro caregiver rimane difficile. Come ha affermato Ketty Vaccaro, Responsabile Ricerca biomedica e Salute del Censis, la solitudine e le difficoltà nel ricevere assistenza qualificata sono problemi ancora irrisolti. Tuttavia, l’attenzione verso i nuovi farmaci rappresenta una luce di speranza per i pazienti, che si affidano alla ricerca per migliorare la qualità della loro vita e affrontare il futuro con l’Alzheimer.

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