Silvia Garambois, giornalista e già Presidente dell’Associazione GiULiA giornaliste, ci racconta la sua vita tra politica, informazione e sindacato dalla parte delle donne.
Quello di Silvia Garambois nel mondo dell’informazione è un nome che fa tremare i polsi per la sua competenza, per la sua grinta irrefrenabile, ma soprattutto per la sua grande determinazione nel difendere il valore del genere femminile nei media e per i media.
Silvia Garambois, una architetta con il vizio del giornalismo
“Studiavo Architettura a Firenze e per mantenermi gli studi ho iniziato a fare la giornalista. Ero molto giovane, lavoravo 24 ore su 24 e studiare era diventato un optional. Ho terminato gli studi, prima sono stata architetta. A cinquant’anni mi sono concessa la Laurea in Scienze della Comunicazione perché mi sembrava giusto. Così, quando mi chiamano Dott, è vero!”
Silvia Garambois e i diritti delle donne, quando tutto è iniziato
“Facendo la giornalista, da subito mi sono occupata di cronaca nera all’Unità a Firenze. La testata non è secondaria “– spiega Silvia Garambois. “Nel 1975, l’Unità era un grande giornale nazionale che arrivava a diffondere un milione di copie. È stata immediatamente un’esperienza professionale forte, per visibilità e attenzione. L’Unità come giornale ha anche avuto una brutta vicenda e tra le varie vicissitudini, non ha più l’archivio. Ogni tanto, dal dark web spunta qualche articolo e, con mia grande soddisfazione è emerso un articolo da me scritto in quegli anni, su una prostituta assassinata. Faceva notizia. Era stata violentata e assassinata. Nella scrittura e nella titolazione, il fatto che fosse una prostituta era secondario rispetto al reato di cui era vittima. La violenza è violenza. Punto, non ci sono atti di serie A o di serie B. Evidentemente, c’è la possibilità di avere una sensibilità che va oltre la regola”. Per Silvia Garambois giornalista, prima cronista di nera a Firenze, quella esperienza è stata illuminante: “la presenza di una donna in un ambiente monocraticamente maschile dava un importante segnale di cambiamento”. Apripista per le altre colleghe giornaliste di nera che ha poi alimentato il cambiamento in quell’ambiente nei modi e negli atteggiamenti.
Silvia Garambois e la questione femminile nei media. Come si è evoluta negli anni?
“La situazione è migliorata. Faccio un salto temporale di quarant’anni e arrivo alla Fondazione di GiULiA giornaliste che nasce quando abbiamo analizzato, magari in modo artigianale, il linguaggio che troviamo leggendo i giornali la mattina. Lo riportiamo nei nostri corsi professionali nelle redazioni giornalistiche alle colleghe e ai colleghi. Cosa intendo per analisi? I giornali, all’inizio, quando si parlava di violenza erano pieni di raptus. Una parolina magica per un giornale” – incalza Silvia Garambois. “Sei battute di stampa che ti permettono di risparmiare spazio per altri elementi. Però raptus non significa assolutamente niente. Inoltre, i nostri giornali erano ridondanti di termini relativi a un racconto di passione (esempio, gelosia). Ovviamente, nei giornali tutto ciò c’è ancora e lo denunciamo, ma le cose stanno cambiando. La nostra denuncia come GiULiA giornaliste vuole eliminare il linguaggio che sembri voglia giustificare il gesto da parte dell’uomo (è disoccupato, è depresso, lei se ne voleva andare, lo ha lasciato, ecc). Questo tipo di narrazione esiste e non funziona”.
Silvia Garambois e GiULiA giornaliste
GiULiA è l’acronimo diGIornaliste Unite LIbere Autonome. L’Associazione è nata nel 2011 fra giornaliste professioniste e pubbliciste che aderiscono allo spirito democratico, antifascista e solidaristico del Manifesto fondativo, come recita la presentazione sul sito. “Ci ritengono piuttosto antipatiche, però siamo diffuse in maniera capillare. Eravamo pochissime giornaliste ma ricprivamo ruoli di potere nel mondo dell’informazione, intorno a noi il nulla. Di donne giornaliste che avevano un peso professionale eravamo davvero poche. A quel tempo, ero già stata caporedattrice centrale dell’Unità, che nel frattempo aveva chiuso, avevo avuto un ruolo molto pesante nella fattura del giornale, ero la Segreteria del Sindacato dei Giornalisti di Lazio e Molise all’interno della Federazione della Stampa ed ero una donna. Sono stata l’unica. Poche giornaliste ma con ruoli importanti; in poche però non contiamo nulla. Una situazione ingiusta, nonostabte tutto eravamo accomunate dall’idea che i giornali che facevamo non ci piacevano. GiULia giornaliste nasce proprio da una ribellione nei confronti di quello che stavamo facendo. Adesso siamo 400 associate, siamo ovunque. Poche ma ci siamo. Siamo fastidiose e ostiche ma perché i media sono ostici. La carta stampata quasi non c’è più, il web fa spavento ma l’informazione ha necessità di essere una buona informazione e può esserlo se continua ad avere un linguaggio rispettoso delle donne e della presenza dell’eccellenza delle donne stesse. Ci occupiamo di linguaggio tout court, di linguaggio di genere anche nel distinguere Ministra/Ministro, la o ll Presidente del Consiglio, la o il Ragioniere di Stato. Uno è libero di farsi chiamare come vuole, ma nel momento in cui ci si rivolge ad un pubblico di lettrici/lettori, telespettatrici/telespettatori, vale la grammatica. C’è poi il linguaggio della violenza, dello sport. È compito nostro studiare, analizzare e denunciare questi temi”.
Silvia Garambois, grazie al vostro impegno e controllo, che cosa si cerca di produrre con un corretto linguaggio di genere nel mondo dell’informazione?
“La democrazia”.