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Intervista esclusiva a Francesca Corrado

Nella società della perfezione, brilla di luce propria una nuova narrazione del fallimento grazie alla tenacia e all’intelligenza di Francesca Corrado.

C’è tutta una letteratura legata al fallimento, una cultura che da sempre, sin da tempi non sospetti, ce lo racconta, secondo quanto scriveva Beckett, come  “Mai provato. Mai fallito. Non importa. Prova di nuovo. Fallisci di nuovo, fallisci meglio”.
In Italia, esiste con successo addirittura una Scuola di Fallimento, creata e presieduta da Francesca Corrado, economista, formatrice e “ideattrice”, come lei stessa si definisce. Perché?

“Perché mi piace molto sperimentare per prove ed errori e la sperimentazione mi permette di mettere insieme la mia parte un po’ più razionale e quella più creativa. Perché, soprattutto come persona, mi piace il viaggio e ciò che si apprende viaggiando, piuttosto che il risultato finale, quasi del risultato finale a un certo punto non mi interessa neanche. Mi piace l’apprendimento che ottengo durante la creazione dei miei progetti. Alla fine, considero ogni mio progetto una piccola idea”.

Francesca Corrado e il rapporto con gli errori
In questo percorso creativo, quanti sbagli ti concedi di fare per imparare al meglio? “Ne metto in conto tanti, l’unica cosa che cerco di non fare è di non ripetere gli stessi errori, per cui sono disposta a farne di nuovi, purché non ripeta quelli vecchi”.

Francesca Corrado e la Scuola di Fallimento
“La Scuola di Fallimento nasce dai miei errori e dall’idea di non volerli ripetere. Nasce da una serie di miei fallimenti personali e professionali che si sono verificati tutti quasi nello stesso istante, nell’arco di due mesi, all’inizio del 2015 e che in qualche maniera sanciscono la mia vecchia me. Due vite o due persone completamente diverse: una prima caratterizzata dal perfezionismo e dal fatto che, nel mio vocabolario, non erano presenti alcune parole come ad esempio imperfezione, dubbio, incertezza, errore, fallimento; non erano presenti perché le rifiutavo, perché comunque tutto era sempre andato bene e quindi non contemplavo la possibilità che potessi cadere in errore piuttosto che cadere in così tanti fallimenti. Invece, poi nel momento in cui questi errori si sono verificati c’è stata una prima fase in cui li ho consapevolmente nascosti. Erano parole che non utilizzavo, nel senso che facevo finta che tutto andasse bene e raccontavo una storia non vera, appunto per evitare che di nuovo quelle parole entrassero a far parte della mia vita. Poi, finire in ospedale mi ha permesso di capire che stavo sbagliando tutto e che dare il nome alle cose che ci accadono e accettare anche le esperienze negative sono il primo passo per iniziare a guardare il mondo da una prospettiva diversa e, soprattutto, imparare lezioni che possono poi permetterti di rimetterti in carreggiata, anche per raggiungere il successo”.

Francesca Corrado e i suoi studenti
“Ci sono due macro-organizzazioni: da una parte, il mondo della scuola dalle elementari fino all’università, per cui chi partecipa ai corsi sono essenzialmente studenti, insegnanti o genitori; dall’altra invece le aziende, in generale grandi aziende multinazionali per cui ci sono imprenditori, manager o dipendenti d’azienda. Poi ci sono dei progetti speciali, in particolare quelli dedicati alle donne, mi chiamano spesso per fare dei corsi solo a donne oppure corsi solo per startup”.

Francesca Corrado e il rendimento scolastico del fallimento
Hai a che fare con un ampio spaccato della società, giovani, scuola, manager, donne e anche detenuti; quindi, chi ha già sbagliato e che deve affrontare un altro tipo di fallimento, ripartire da lì. Con chi hai più lavoro da fare in questa società dove è vietato fallire? “Ho più lavoro da fare con le insegnanti. Spesso la difficoltà maggiore l’ho avuta nei contesti scolastici e universitari perché pur partendo dal presupposto che è vero che sbagliando si impara, poi però quando c’è da mettere in discussione anche il metodo di insegnamento o l’approccio del docente, poi questo si tira indietro. Quindi tendenzialmente sono o questa categoria oppure anche i genitori, soprattutto quando ci chiedono di accompagnare il figlio nell’orientamento. Quando ai genitori diciamo che il figlio dovrebbe seguire una determinata strada, smettono di seguirci oppure ritornano nuovamente al punto zero perché non sono disposti a cambiare prospettiva, a mettersi realmente in discussione”.

Francesca Corrado, il fallimento è l’antitesi del successo?
“No, non sono opposti. Si ha l’idea che, se una persona, un’idea o un progetto ha successo è perché dietro non ci sono errori o non sono stati commessi i fallimenti. Invece, io racconto ogni settimana storie di errori e fallimenti, mi definisco la prof. di storie di errori e fallimenti: mi sono data questo titolo nobiliare (sorride!) perché chi ha successo in realtà è chi ha commesso errori ma è stato bravo a non nasconderli, bensì a trasformarli in lezioni per migliorare il prodotto o il servizio. Per cui successo e fallimento non sono due facce della stessa medaglia, sono due aspetti che si integrano ma che richiedono teorie diverse per poter essere comprese. C’è un modo giusto anche per sbagliare”.

Francesca Corrado, chi sono i più bravi alla Scuola di fallimento
“I bambini e gli studenti. Pongo sempre una domanda all’inizio di qualsiasi corso che è trasversale. Che cosa è per te l’errore e che emozioni associ all’errore e poi dammi una tua definizione di errore. Capita spesso che un bambino abbia associato all’errore un’emozione negativa disegnandomi una frustrazione e poi, quando gli ho chiesto che cosa fosse per lui l’errore, mi ha disegnato un pacchetto regalo. Scavando quello che emerge è che si associa all’errore un’emozione negativa pur considerandolo qualcosa di naturale perché la società, i genitori, la scuola tendono a dare a questo valore un’accezione negativa. I bambini, però, sanno perfettamente che attraverso l’errore si apprende, che attraverso lo sbaglio si può migliorare. La maggiore soddisfazione alla Scuola di fallimento viene da loro, perché sono predisposti all’errore, non lo vedono neanche come errore, non vedono neanche quello che un adulto considererebbe uno sbaglio, un fallimento, non lo vedono in quella maniera. Il punto è che poi, crescendo, la società impone una visione del mondo che poi diventa anche la loro”.

Francesca Corrado, perché oggi fa ancora paura fallire
“Le ragioni sono culturali. Io sono un’economista, il capitalismo ha un approccio negativo all’errore, soprattutto nei contesti come quelli cattolici in cui errare è quasi un peccato. Non è un caso che la parola peccato etimologicamente significhi sbaglio. C’è questa associazione tra errore e senso di colpa e questo genera un effetto negativo sulla possibilità di sbagliare e di ammettere di aver commesso un errore. Siamo educati al perfezionismo, soprattutto le donne, devono essere brave in tutto e quindi le sbavature non sono ammesse. Se sbagliamo, veniamo puniti oppure c’è questo segno rosso che diventa un marchio indelebile. Un contesto culturale e teorico ci impedisce di accogliere il fallimento, almeno fino ad oggi. È vero anche che la parola fallimento, in Italia, è particolarmente legata ai fallimenti imprenditoriali e alle conseguenze negative che si avevano in caso di fallimento; in quel caso, diventava proprio un marchio indelebile in cui rimanevi incastrato per anni senza possibilità di poterti rimettere in discussione. C’è una combinazione di fattori legati al contesto culturale, a quello religioso, a quello teorico, da oggi, a come la società ti impone di dover essere perfetta anche attraverso i social”.

Francesca Corrado, il fallimento e la questione di genere
La prof. di errori e fallimenti sostiene che uomini e donne reagiscono in maniera diversa di fronte all’errore. Come cita anche nel suo libro “Il fallimento è rivoluzione “, è anche una questione di genere: alcune ricerche dimostrano che le donne che ricoprono una posizione di leadership, o che lavorano in posti tradizionalmente maschili, sono giudicate in maniera più dura per i loro sbagli.  Le capacità e le competenze vengono valutate anche attraverso l’errore, in modo sbagliato. È anche per questa stretta relazione tra perfezione e competenza che le donne tendano ad assumersi meno rischi rispetto agli uomini e ad esporsi solo quando sono sicure di poter raggiungere l’obiettivo. “Per ragioni culturali – prosegue Francesca Corrado – ci sono paesi come gli Stati Uniti, paesi a matrice protestante, dove è più facile far ridere per una questione particolarmente religiosa di legame con il peccato e il senso di colpa”.

Cosa c’è dietro l’angolo per Francesca Corrado?
“Ho provato a trasformare le mie storie di errori in uno spettacolo teatrale: il primo appuntamento c’è stato a dicembre a Firenze. Il 13 febbraio debutto con un secondo spettacolo, poi anche il 20. Si tratta di un progetto pilota che cerchiamo di portare in giro per l’Italia dal titolo A SQuola di fallimento, con la SQ, quindi con l’errore, dove lo spettacolo è proprio incentrato su una lezione scolastica. Siamo io e Andrea Muzzi, in cui raccontiamo dell’importanza dell’errore indipendentemente dal risultato finale, perché in generale si ha più facilità a raccontare i propri errori nel momento in cui si è verificato un successo. Quindi, te lo racconto come per dire che sono stato bravo a trasformare quell’errore in un successo. Invece, è importante raccontare gli errori nel momento in cui questi si verificano e soprattutto raccontarli anche quando non c’è il successo, perché l’errore ha valore in sé indipendentemente da quello che accade dopo. Proviamo a raccontare anche con leggerezza e umorismo queste storie e lo facciamo il 13 febbraio che per noi è diventato San Fallimentino, il santo delle cadute in amore e il santo delle cadute e delle risalite. Sto cercando di lavorare un po’ più su progetti divulgativi. Ho iniziato a parlare di errori e fallimenti già nel 2015, credo fossi la sola o con pochissimi. Oggi vedo che c’è una maggiore apertura quantomeno a livello di facciata, ne parla molto di più ed è molto più accettato questo tema, però, secondo me, si può fare di più e si può anche cercare di lavorare nel portare strumenti concreti. Spesso si fa molto filosofia o si racconta il quanto sia bello fallire, però non si offrono gli strumenti per effettuare concretamente questo cambiamento”.

 

 

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