Lavoro Mestieri e professioni

Intervista esclusiva a Francesca Perrotta

Pianista, Direttrice e cofondatrice dell’orchestra Sinfonica Olimpia, interamente al femminile. Conosciamo meglio Francesca Perrotta.

 

Quando la raggiungo al telefono per la nostra intervista, ha appena fatto addormentare suo figlio. Pugliese di nascita, pesarese per amore, Francesca Perrotta è una delle più stimate pianiste e direttrici d’orchestra del panorama musicale internazionale. Si descrive come una persona semplice a cui piace dedicare spazio alla sua vita privata, pur amando moltissimo il suo lavoro che la porta a calcare palcoscenici di tutto il mondo.

Come si diventa Francesca Perrotta?
Serve molto studio, disciplina, dedizione. Questo è stato il mio caso. Dirigere un’orchestra è un lavoro talmente impegnativo e carico di responsabilità che difficilmente lo si può fare senza una formazione solida alle spalle. Io ho iniziato come pianista: per diventare direttore d’orchestra è importante avere almeno una base da strumentista. Anche se le cose stanno un po’ cambiando oggi, la tradizione vuole che un direttore sia prima di tutto un musicista. Il mio strumento è il pianoforte, che mi ha dato tantissimo. Mi riconosco ancora molto in esso. Ho lavorato tanto come pianista, ma più che come solista, mi è sempre piaciuto il lavoro cameristico: suonare in ensemble, con altri musicisti, con i cantanti, in teatro.

Francesca Perrotta, dal piano alla direzione d’orchestra
Ho vissuto in diverse città, ma una che mi ha trasformata molto professionalmente è stata Bologna. Lì ho incontrato musicisti di vari ambiti, ho avuto ruoli trasversali, anche direzionali. È stato lì che mi sono ritrovata a coordinare un progetto nuovo: creare un’orchestra giovanile a Modena. Parliamo di circa dieci anni fa. Quello è stato il punto di svolta: da lì ho iniziato a studiare direzione in modo serio. Fino ad allora dirigevo cori e gruppi, ma da autodidatta. Entrare in un progetto così strutturato, con una responsabilità reale, mi ha spinta a formarmi davvero. E da lì non mi sono più fermata. Il progetto a Modena si è chiuso, ma io ho continuato a studiare. Mi sono trasferita a Pesaro dove ho iniziato a lavorare con l’Orchestra Olimpia. E da lì tutto è proseguito.

Francesca Perrotta, quanto è difficile conciliare vita professionale e privata?
Ci vuole molta organizzazione. Bisogna credere davvero in quello che si fa e amarlo. Per una donna, essere madre lavoratrice è complicato. Nel mio caso la gestione quotidiana è impegnativa. Se fossi in un’altra condizione, magari single, potrei avere altre complessità… Ma davvero serve tanta organizzazione, una rete di supporto e soprattutto la volontà concreta di avere una vita privata. Se manca quel desiderio, allora tutto diventa più difficile. Per me è importante che ci sia un equilibrio, anche se perfetto non lo sarà mai. Cerco di concentrare gli impegni professionali in determinati periodi e lasciare altri momenti per la “decompressione”. È un continuo riorganizzarsi. Ma se c’è la volontà, allora tutto il resto viene.

Francesca Perrotta, la sua dedizione alla musica ha richiesto molto del suo tempo?
Mah… non ho mai pensato alla musica in termini di “togliere” o “dare”, ma proprio come un vissuto. Io e la musica ci siamo vissute molto. Anche da adolescente, tutte le mie scelte ruotavano intorno allo studio, ai concerti, ai concorsi. Ma non le ho mai vissute come sacrifici. Non vengo da una famiglia di musicisti: i miei genitori non mi hanno mai forzata, né ostacolata. Mi hanno semplicemente lasciata libera di seguire ciò che sentivo. Sicuramente vedere che ottenevo risultati li rassicurava. Ma per me, la musica non è mai stata un “investimento” da misurare. Per me la musica è vita.

Francesca Perrotta: maestro o maestra?
Per me è indifferente, sinceramente. Non sto a rimarcare se mi si chiama maestro o maestra, anche perché c’è una questione culturale. In italiano, il termine “maestra” richiama ancora l’immaginario della scuola primaria. Succede spesso che la gente mi chieda: “Preferisce maestro o maestra?” Come se fosse rischioso usare il femminile. Detto ciò, il termine “direttrice” invece lo rivendico di più. “Direttore” è perfettamente declinabile, quindi preferisco essere chiamata direttrice. Ma non voglio fossilizzarmi sugli appellativi: non dev’essere una polemica. Se capita, magari faccio in modo che il messaggio passi, com’è successo anche nel caso di Bonolis…

Francesca Perrotta, parità di genere nel mondo musicale: a che punto siamo?
Siamo a un punto di transizione. Le donne stanno entrando sempre di più anche nei ruoli apicali. È come ogni conquista: lo spazio te lo prendi a poco a poco, perché prima semplicemente non c’era. Quando una cosa non esiste, spesso non ha neppure un nome. E per le donne non serve inventarlo: basta declinarlo. Purtroppo, come detto prima, ci sono termini che al femminile rimandano ad altri immaginari professionali, e questo crea confusione. Ma io appoggio ogni iniziativa che porti a un’evoluzione. La lingua cambia, come cambiano pensiero e società. E meno male. Il cambiamento è inevitabile: le cose si evolvono, e con loro anche il linguaggio.

Francesca Perrotta, nel 2018 nasce l’Orchestra Olimpia, un progetto tutto al femminile. Come nasce questa idea?
È nata da una telefonata con Roberta Pandolfi. Io mi ero appena trasferita a Pesaro, lei stava preparando un bellissimo concerto di Schumann. Ci conoscevamo già, e mi disse: “Ora che sei qui, perché non dirigere un mio concerto?” L’idea ci ha subito appassionate, per la Festa della Donna, con un’orchestra tutta femminile. Roberta voleva anche che fosse un concerto di beneficenza per creare una borsa di studio per la ricerca medica al Sant’Orsola di Bologna. In pratica, da una chiacchierata al telefono è nata un’idea concreta. Dal 2018 al debutto nel marzo 2019 abbiamo fatto tutto da sole. Nessuno mi conosceva a Pesaro, quindi all’inizio non avevo credibilità. Tutto è andato liscio, però, come se dovesse andare proprio così. E quando ci siamo trovate sul palco, tutte insieme, abbiamo percepito un’energia diversa. Era qualcosa che andava oltre la musica. Un progetto del genere ha senso oggi, ma l’obiettivo è che un giorno non sia più necessario. Sarà il segno che le cose saranno davvero cambiate.

Che cosa c’è dietro l’angolo per Francesca Perrotta?
Nella vita privata mi sento molto realizzata: mi sono sposata da poco, ho un figlio meraviglioso che amo con tutta me stessa. Sono molto grata. A livello professionale, c’è tanta voglia di crescere e creare progetti di condivisione e impatto sociale. Abbiamo appena ottenuto il riconoscimento del Ministero della Cultura e del Dipartimento Musica e Spettacolo per i fondi triennali: una notizia bellissima arrivata solo una settimana fa. Il cammino è tracciato. Non posso ancora anticipare cose grandi, perché non sono ufficiali, ma stiamo lavorando alla seconda edizione del nostro podcast. Inoltre, vogliamo istituire una residenza artistica internazionale a Pesaro: un luogo dove i musicisti possano vivere, suonare, raccontare la loro arte. Un vero polo culturale. Sarebbe un sogno che diventa realtà.

 

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