È alla guida di A.P.I. Associazione Piccole e Medie Industrie del Nord. Conosciamo la Presidente, Luciana Ciceri.
Una donna guidata dalla passione e dall’integrità. Luciana Ciceri si racconta in veste di Presidente di A.P.I. punto di riferimento piccole e medie imprese manifatturiere di Milano, Monza Brianza, Lodi e Pavia, ma anche come imprenditrice, donna e madre. “Ho sempre messo il cuore nella mia vita personale, ma anche in quella professionale” – afferma. Non la considero una fragilità, anzi: è un punto di forza. È semplicemente il suo modo di essere. Di lei dice “non potrei mai essere diversa”.
Come si diventa Luciana Ciceri?
Per quanto riguarda la mia vita professionale, da bambina sognavo di fare l’insegnante di matematica. Infatti, mi sono laureata in matematica, ma subito dopo la vita mi ha portata su un percorso diverso. Non che la mia formazione STEM non mi sia servita, anzi: quel modo di ragionare, di mettere in fila le cose, mi ha molto aiutata e mi aiuta tuttora nel fare impresa. Quindi ho tanto cuore, ma anche molta pragmaticità. In realtà ho scelto di dare priorità alla famiglia e all’ azienda: l’azienda quella di famiglia, che ha più di cent’anni di storia. L’hanno fondata il mio bisnonno e la mia bisnonna – perché non dobbiamo dimenticare il lato femminile nelle famiglie imprenditoriali. Anche se non sempre in prima linea, le donne hanno sempre fatto la differenza: tenevano i cordoni della borsa con grande concretezza. Sono entrata in azienda con mio padre, come quarta generazione. Sono cresciuta in quella che abbiamo sempre chiamato la fabbrica: da bambina per me era un mondo magico. Stavo in ufficio con mia nonna e in produzione con mio padre, ed è da loro che ho ereditato i valori del lavoro, che ancora oggi porto dentro e condivido anche in associazione. Da mia nonna ho preso il senso di responsabilità e la resilienza. Era una donna che non ha mai mollato: rimasta giovane vedova con tre bambini, si è ritrovata a guidare e gestire l’azienda. Mio padre è entrato a 17 anni. Insomma, una storia di famiglia e di impresa importante, una PMI.
Luciana Ciceri, lavoro e famiglia. In che modo l’hanno resa la persona che è oggi?
Direi che è stato un tutt’uno che mi ha fatta crescere come persona e come professionista. Da mia nonna e da mio padre ho ereditato valori come responsabilità, rispetto, dedizione, onestà. Da mio padre in particolare ho imparato l’importanza dell’indipendenza economica, e questo, soprattutto per una donna, non è un tema secondario. Questa esperienza mi ha portata anche a occuparmi di empowerment femminile. Lavorando in azienda e contemporaneamente crescendo come mamma, ho maturato una mia identità. Ho capito un concetto che in gioventù vivevo inconsapevolmente: la maternità è come un master. È un percorso di crescita reciproca, che mi ha arricchita come persona. In effetti, avrei voluto fare l’insegnante, e forse è questo che mi ha contraddistinta anche come datore di lavoro. Ho sempre trovato grande soddisfazione nel supportare nella crescita professionale le persone, qualunque fosse il loro ruolo, a diventare più autonome e mature. Credo molto in questo: è un tema di responsabilità sociale d’impresa, di corporate social responsibility, che non significa solo ambiente e numeri, ma anche far vivere bene le persone nel proprio lavoro. Il lavoro è sempre in equilibrio tra senso e alienazione: bisogna trovare la giusta misura.
Luciana Ciceri, obiettivi della sua Presidenza di A.P.I.
Vivo l’Associazione da tanti anni. Ho fortemente voluto farne parte, perché già mia nonna era associata negli anni ’60. Per me è importante che un’azienda abbia un luogo – fisico o virtuale – dove non sentirsi sola nell’affrontare la complessità del momento. Lo scenario economico e geopolitico è sempre stato difficile, ma oggi lo è ancora di più. L’imprenditore è solo per definizione, anche se lavora con la famiglia. Avere un’agorà, come la chiamiamo in associazione, dove potersi confrontare, aprirsi, contaminarsi, è fondamentale. Io l’ho vissuto in prima persona, come associata e imprenditrice. Per questo, quando è stato il momento, ho deciso di candidarmi alla presidenza con grande convinzione. So bene cosa significa essere imprenditrice: c’è un grandissimo orgoglio, ma anche ansia, paura, incertezza. Avere un sostegno da parte di professionisti di altissimo livello che possano aiutare le imprese, dai temi fiscali al diritto societario, dalle relazioni industriali alla finanza agevolata ad aspetti più tecnici come le normative ambientali, è prezioso. Ma soprattutto l’associazione è un luogo di incontro e condivisione. È su questo che ho costruito il mio programma triennale, competitività, continuità e sostenibilità aziendale, ponte generazionale, innovazione e strategia digitale, partecipazione alla vita associativa e rappresentanza ne sono i pilastri.
Luciana Ciceri, quali sono oggi le principali sfide per le PMI?
Le due grandi sfide sono la transizione digitale e quella energetica-ambientale, semplificando l’impatto dell’intelligenza artificiale e della sostenibilità come motori di cambiamento Ma la sostenibilità non va intesa come slogan “tutti green”: significa responsabilità sociale d’impresa, quindi ambientale, ma anche economica e sociale. Le PMI devono affrontare due grandi passaggi: il cambiamento culturale per uscire dalla comfort zone del “abbiamo sempre fatto così” e guardare avanti. La disponibilità di competenze: oggi è difficile reperire collaboratori, soprattutto nella manifattura. Eppure, le PMI sono innovative per definizione, perché devono evolversi per rimanere competitive. Dobbiamo raccontarci di più per valorizzare quanto abbiamo da offrire anche in termini di crescita personale e professionale. Poi ci sono sfide pratiche: accesso al credito, investimenti, bandi, efficientamento energetico, compliance normativa, cybersecurity. L’associazione offre servizi mirati per accompagnare le imprese su tutti questi fronti.
Luciana Ciceri, conciliazione lavoro-famiglia. Come si organizza?
Mi sono sempre organizzata facendo i salti mortali, come tutte le mamme. Oggi i miei figli sono grandi, ma per anni sono stata divisa tra lavoro, casa e cura. Penso che la perfezione non esista: l’importante è esserci quando serve. I miei figli hanno sempre saputo che potevano contare su di me. Oggi, per fortuna, vedo che molti giovani papà partecipano di più alla cura dei figli. È un cambiamento culturale che dobbiamo favorire anche con strumenti concreti, come congedi di paternità più ampi, perché la cura non deve essere solo sulle spalle delle donne: altrimenti si traduce anche in uno svantaggio professionale.
Cosa c’è dietro l’angolo per Luciana Ciceri?
Dal 26 giugno ho iniziato il mio mandato triennale come presidente A.P.I. I prossimi tre anni saranno pieni di lavoro e, spero, di soddisfazioni. Il titolo della mia relazione programmatica è Il valore di stare insieme: credo davvero nella forza della condivisione. Poi, ovviamente, c’è la crescita dei miei ragazzi, che stanno entrando nella vita professionale. Per me è bellissimo vederli adulti, sentirli chiedermi consiglio sugli studi e sul lavoro. È la mia soddisfazione più grande: dimostra che, nonostante i sacrifici, sono sempre riuscita a esserci come mamma.