La prima donna in Italia a laurearsi in ingegneria aerospaziale, la prima donna a portare l’Italia nello spazio. Conosciamo meglio Amalia Ercoli Finzi.
Classe 1937. Nata a Gallarate, la prof. Ercoli Finzi oggi è una delle figure più attive nella divulgazione scientifica, fonte di ispirazione per le nuove generazioni. Si è occupata per tutta la vita di missioni spaziali. “Questo è stato il mio compito” afferma con fierezza. Adesso si definisce pensionata, ma specifica che “in teoria, sono in pensione, ma non vuol dire riposo, perché in realtà, anche alla mia età, c’è tantissimo da fare”.
Come si diventa Amalia Ercoli Finzi?
Ho frequentato sempre scuole pubbliche. Ho avuto la fortuna di avere, nella maggior parte dei casi, professori eccezionali. La mia fortuna – e sembra una cosa particolare, ma è andata proprio così – è che vengo da una famiglia molto religiosa, direi molto praticante. Alle scuole medie avevo un professore di matematica che era un religioso, un prete. Ero proprio brava in matematica, era la materia che amavo di più, e in cui riuscivo meglio. I miei genitori avrebbero voluto fare di me una maestra di scuola elementare, come mia madre, come allora si usava per le ragazze. Invece, lui disse no: “Questa ragazza deve fare il liceo scientifico.” E così, nonostante i problemi di trasporto e tutto il resto, ho frequentato il liceo scientifico. Da lì sono passata al Politecnico di Milano, che è veramente una grande scuola. Ho avuto anche lì la fortuna di avviarmi su un cammino – quello dello spazio, delle missioni spaziali – che nasceva proprio in quel momento. Ho avuto davvero una serie di occasioni che, devo riconoscerlo, ho saputo cogliere. Tutte.
Amalia Ercoli Finzi, l’unica lady tra molti gentlemen
Il mio percorso, in molti casi, mi ha reso la prima donna a occuparsi di certe attività. Nelle riunioni c’erano tutti uomini. Quando il relatore parlava diceva “Lady and Gentlemen” – io ero la “lady”, l’unica donna. Ho avuto la fortuna di partecipare a grandi missioni, in particolare la missione Rosetta, che ha portato l’Europa sulla cometa. Quando penso al mio percorso, mi chiedo: “Ma come ho fatto?” Ecco, tante volte mi stupisco anch’io, perché, insieme a tutto questo, ho costruito anche una grande famiglia. Però ce l’ho fatta.
Amalia Ercoli Finzi, la prima in Italia a laurearsi in Ingegneria Aeronautica. Perché fa ancora notizia se una ragazza sceglie materie STEAM?
Perché c’è troppo pregiudizio. È un vero cappio che abbiamo attorno al collo. C’è il pregiudizio che le donne non siano portate per le materie tecnologiche, scientifiche, e così via. Ci sono i famosi “NOT”: non abbiamo carattere, non abbiamo talento e non abbiamo tempo. Ecco, non è vero!
Noi abbiamo carattere? Ce l’abbiamo eccome! Guardi me: il carattere ce l’ho!
Talento? Le donne hanno dimostrato di averne per tutta la vita.
È vero che abbiamo poco tempo, perché abbiamo anche la professione della cura. Ma abbiamo le capacità per fare tutto quello che vogliamo. È chiaro che, siccome c’è questo enorme pregiudizio, incoraggiare le ragazze è doveroso; devono sapere che possono dedicarsi a qualsiasi materia. Hanno solo bisogno di fiducia in sé stesse e di dedizione, perché questa è una professione che richiede tanta dedizione.
Amalia Ercoli Finzi, si può riuscire a costruirsi una grande famiglia e una carriera di successo?
Certamente, si può! A volte la cosa mi preoccupava, perché non avevo esempi di donne con una famiglia numerosa come la mia e, allo stesso tempo, con una professione impegnativa come la mia. Lei non ha idea di quante notti io abbia passato sveglia: i collegamenti con l’estero, soprattutto con gli Stati Uniti, si facevano di notte. La vita era davvero difficile e, a volte, dubitavo di potercela fare. Le donne non devono assolutamente rinunciare agli affetti: la famiglia, il compagno, il marito, i figli. Sono un patrimonio.
Noi abbiamo questo senso della cura, il senso della dedizione agli altri, e facciamo bene sia questo che una professione impegnativa, senza dover rinunciare a nulla. Io, lo dico sempre, considero la mia famiglia il mio capolavoro.
Amalia Ercoli Finzi, le emozioni della missione Rosetta dell’ESA
È stata un’impresa veramente straordinaria. L’Europa ha fatto un atterraggio morbido su una cometa, a 500 milioni di chilometri dal Sole – non proprio dietro l’angolo! Ma il ricordo più emozionante è stato quando abbiamo dovuto “addormentare” l’astronave, perché eravamo così lontani dal Sole da non avere nemmeno l’energia per trasmettere e ricevere.
Non sapevamo più nulla. Abbiamo spento tutto. Quando l’abbiamo risvegliata – e avevamo un tempo brevissimo – è stata un’emozione grandissima. Io, per farlo, mi sono recata a Tolosa, mi sono collegata con l’antenna dello spazio profondo in Australia e da lì ho chiamato il mio strumento.
Quando lui mi ha risposto “ready”, io mi sono messa a piangere. Era un’emozione immensa. Parlavo con una cometa.
Amalia Ercoli Finzi, come giudica la corsa privata nel mondo dello spazio?
La giudico benissimo. È una grande opportunità, proprio perché il contributo del privato porta competenze, creatività. I privati – soprattutto in Europa, e in Italia – hanno questa capacità. Non ci sono più solo le grandi agenzie, che – diciamolo – sono un po’ ‘elefantiache, a volte farraginose.
Il privato porta una bellezza diversa, nuove logiche. E utilizza tutto ciò che è stato sviluppato dalle agenzie: tecnologie, ricerche, competenze. Pensiamo al turismo spaziale: secondo me avrà un grande futuro. Vedere la Terra da fuori sarà un’esperienza favolosa. Oppure pensiamo ai microsatelliti, i Cubesats, piccoli ma efficientissimi, con capacità enormi. Possono essere usati per innovazione, guida autonoma, telecomunicazioni. Guardiamo cosa sta facendo Elon Musk: io ho un collega che riceve segnali nella foresta brasiliana, una cosa che una volta sarebbe stata impensabile. L’imprenditoria spaziale è fondamentale. Sta partendo adesso, e avrà grande successo.
Noi italiani siamo bravi, e abbiamo la capacità di entrare in campi che, una volta, non erano nostri.
Cosa c’è dietro l’angolo per Amalia Finzi?
Lei sa che adesso abbiamo ripreso la corsa alla Luna.
È già stata fatta la prima missione del programma Artemis – Apollo e Diana. Si torna sulla Luna.
La prima missione è stata automatica: il lanciatore ha percorso le orbite, la capsula è tornata a Terra. Quindi possiamo dire che il primo successo è già arrivato. Cosa c’è dopo la Luna? Marte.
Ecco, quello è il mio sogno. Io non riuscirò a vederlo, perché i tempi sono quelli che sono: Marte è ancora una visione molto impegnativa. Però è lì che guardo. Il mio sogno è riuscire a mandare un equipaggio su Marte, sperando di trovarci tracce di vita passata… ma perché no? Magari anche qualche briciolo di vita ancora presente, qualche “bestiolino”, come dico io. Perché no? Sarebbe la dimostrazione che Marte, forse, in passato, è stato un grandissimo pianeta, bellissimo: con fiumi, laghi, fiori. E che, per qualche ragione, è diventato quello che è oggi.
E forse – chissà – noi potremmo riportarvi la civiltà.