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Libia, valutare l’impatto sulle economie degli Stati del Mediterraneo

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“Libia, che fare?”: al via gli incontri di Mediterranea per valutare l’impatto sulle economie degli Stati del Mediterraneo

Aperti presso la Rappresentanza in Italia della Commissione Europea i dibattiti sul futuro della Libia e sul suo ruolo nel Mediterraneo di domani. Le ripercussioni della situazione libica sull’economia a piccola e a larga scala sull’Italia, che con la Libia ha un rapporto di partenariato

È il tema del momento: se ne occupano le istituzioni e gli organismi internazionali, ne parlano i talk show, lo focalizzano i programmi di approfondimento serale. Perchè investe una quantità di problemi e di interrogativi: dalla gestione dei flussi migratori al pericolo per le popolazioni civili, dalle questioni legate alla valenza ideale che l’evento porta con sè, in termini di presa di coscienza dei valori di libertà e democrazia da parte delle popolazioni islamiche, fino alle ripercussioni sull’economia a piccola e a grande scala.

Per queste ragioni L’interprete internazionale, in collaborazione con RadioRadicale.it e con la Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, ha voluto aprire proprio con la Libia il ciclo di Riflessioni dedicate alle aree del pianeta destinate a diventare il crocevia delle dinamiche internazionali del XXI secolo. Si tratterà di incontri, conferenze, workshop e dibattiti in cui esperti del settore produrranno indagini prospettiche e proposte politiche sui diversi territori interessati da significativi cambiamenti, per tentare una piena comprensione del problema e individuare possibili linee di intervento.

 

Il ciclo “Mediterranea” e l’incontro “Libia: che fare?”

commissione europeaSaranno in tutto quattro gli incontri sulla Libia, e il primo si è svolto proprio presso la Sede della Rappresentanza Italiana della Commissione Europea a Roma. Il titolo attribuito a questo ciclo di tavole rotonde è significativo, perchè sottolinea la centralità degli eventi libici e del Maghreb per la geopolitica dell’intero mare Mediterraneo e per l’insieme dei territori e delle popolazioni che vi si affacciano. Come a ricordare, a chi non se ne fosse ancora accorto, che i problemi che riguardano la sponda sud del Mediterraneo ci appartengono fortemente, in termini di futuro, di economia, di idee, di rapporti sociali e culturali. Non a caso quel mare i Romani lo chiamavano Nostrum.

Al primo dibattito hanno partecipato esponenti di diverse parti politiche del nostro Parlamento, rappresentanti dell’Unione Europea ed esperti di Relazioni Internazionali, di economia e di geopolitica mondiale. Sotto la moderazione di Stefano Polli (Responsabile area internazionale ANSA), sono intervenuti Antonio Badini (Direttore IDLO, International Development Law Organization), Gianni De Michelis (Presidente IPALMO, Istituto per le Relazioni tra l’Italia e i paesi dell’Africa, America Latina, Medio ed Estremo Oriente), Pasquale Ferrara (Capo dell’Unità di Analisi e Programmazione del Ministero degli Affari Esteri), Alfredo Mantica (Sottosegretario agli Affari Esteri), Marco Perduca (Senatore del Partito Radicale), Lucio Battistotti (Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea).
L’obiettivo era aprire un tavolo di discussione su un argomento di estrema attualità, confrontando opinioni diverse e riflettendo sulle modalità con cui il problema è stato finora affrontato, e sulle molteplici posizioni in merito.

Le questioni aperte

I relatori hanno sottolineato in primo luogo le questioni aperte dalle crisi libica e maghrebina in generale: il problema dei rapporti con i Paesi dell’Occidente e il ruolo che i regimi caduti o in via di revisione hanno giocato nella politica mondiale, in particolare per ciò che concerne le relazioni con il mondo musulmano; la prevedibile influenza dell’Islam nella futura geo-strategia dell’area; il ruolo speciale dell’Italia, che è stata legata al paese nordafricano da uno specifico accordo di partnerariato, e la ripercussione fortissima di tale patto sull’economia e sulla gestione delle migrazioni.
Su tutti questi problemi aleggia il più urgente, quello relativo ai coinvolgimenti delle popolazioni civili e al dovere, da parte dell’Occidente, di garantire il rispetto dei diritti umani e il ristabilimento della sicurezza delle persone.

Da più parti è stata sottolineata, nel corso del dibattito, la difficoltà, legata a ragioni diverse, di interpretare i segnali che avevano preannunciato le rivolte nordafricane degli ultimi mesi: quegli eventi, spiegano i relatori, erano in parte prevedibili per le condizioni di debito pubblico e di precaria libertà personale che caratterizzavano i paesi coinvolti nelle ribellioni – condizioni denunciate anche da recenti rapporti di studio.
È necessario e urgente tuttavia, allo stato attuale, riflettere sulla situazione del Maghreb così come essa si presenta adesso, per comprenderne il percorso di transizione e immaginare i futuri sviluppi, anche sulla scorta di analoghe situazioni verificatesi nel recente passato.

Su un punto tutti concordano: si manifesta per la prima volta nel Nord Africa una autonomia di scelta da parte delle popolazioni civili, che liberamente esprimono il dissenso e l’esigenza di libertà. Si tratta di una situazione straordinaria, che qualcuno definisce “la primavera del Mediterraneo”, e che trova forza in particolare nella determinazione delle fasce più deboli della società islamica, rappresentate dai giovani e dalle donne.

Le sfide in campo economico e le ipotesi sugli scenari possibili

Nel corso del dibattito viene ribadita da più parti l’importanza di riportare al centro delle politiche europee l’attenzione al Mediterraneo, così significativo per la formazione stessa della cultura occidentale: l’urgenza, avvertono i relatori, si manifesta anche in campo economico, dal momento che inevitabilmente l’economia del futuro dovrà coinvolgere i paesi della sponda Sud del nostro mare. Se l’Europa non si troverà pronta a questa nuova sfida, con specifici interventi di tipo strategico e politico-economico, e con la programmazione di accordi di partnerariato attivo per il medio termine, la sua economia si restringerà ulteriormente, con ripercussioni forti a livello mondiale.

La difficoltà più grande dell’Unione, però, sembra quella di pensare e agire in termini comuni: davvero l’Europa è capace di sentirsi un’unica entità, con una politica estera condivisa, o prevalgono ancora al suo interno gli interessi dei singoli stati nazionali?
Davvero l’Unione comprende l’importanza di una “profondità strategica” del Mediterraneo, o ritiene che il suo centro sia ancora più a Nord rispetto a quel mare?
Qual è in questo senso il ruolo dell’Italia, che nel Mediterraneo si distende come un ponte tra Nord e Sud?
Quanto grandi potrebbero essere, in presenza di una corretta politica economica, le opportunità per le piccole e medie imprese europee ed italiane, nell’ottica di una imprenditoria etica che miri allo sviluppo dei singoli e dei paesi in cui essa si impianta?
Una risposta sembra venire già dalle cifre: i relatori fanno notare che, mentre l’Italia ha stanziato 90 milioni di Euro per le piccole e medie imprese tunisine, l’Europa nel suo complesso ha messo a disposizione di tutto il Maghreb 25 milioni di Euro.
E’ forse questo il primo dato su cui riflettere?
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Laura Carmen Paladino

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