La Puglia contro il lavoro nero
La giunta Vendola ha approvato una normativa per abbattere il muro di illegalità nel comparto agricolo
Quando il mondo del lavoro si tinge di tetri cromatismi per descrivere fenomeni sociali, non è certo un bene. L’espressione lavoro nero, ad esempio, riporta alla ribalta della cronaca un mondo aziendale in cui il lavoratore non è soggetto ad un contratto e perciò non è tassabile per il fisco e non è destinatario di una futura pensione; meno drammatico – ma non certo meno degno di considerazione – è il caso del lavoro grigio, contesto in cui l’illegalità più totale lascia il passo ad una parvenza di normalità, in cui la contrattualizzazione avviene, ma si calpestano altri tipi di diritti fondamentali per il soggetto destinatario del compenso.
Per abbattere questo muro d’illegalità la Regione Puglia, sotto la guida del Presidente Nichi Vendola, lo scorso novembre ha varato un regolamento per contrastare il lavoro nero e grigio nel settore agricolo, divenendo così un esempio per il resto d’Italia.
La normativa approvata ha avuto come massimo sostenitore l’assessora al welfare Elena Gentile, che ne ha illustrato i punti salienti.
Il fenomeno del lavoro nero, restringendo il campo d’azione alla terra di Capitanata (coincide con la Provincia di Foggia – ndr ), si amplifica in modo esponenziale durante le stagioni della raccolta del pomodoro, coltura che richiede un gran numero di mani laboriose.
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“Nell’agenda politica della giunta Vendola spicca il tema del lavoro nero, che ha assunto la centralità dell’azione legislativa ed amministrativa fin dal 2006, avvicinando l’azione di governo ai parametri imposti dall’Unione Europea” commenta Elena Gentile.
La riforma del collocamento è uno degli elementi cardine del neo regolamento che si concretizza con l’abolizione della chiamata di uno o due lavoratori per volta, in favore delle neonate liste di prenotazione. Liste che soddisfano le richieste dei datori di lavoro i quali potranno, attraverso i centri territoriali per l’impiego, reclutare un numero maggiore di braccianti.
Non mancano poi gli incentivi in favore di quelle aziende che investono sul materiale umano, dando loro un sostegno finanziario ed evitando l’annoso problema del caporalato. Per ogni bracciante assunto l’impresa otterrà 500 euro, per tre anni in totale, e per un tempo minimo di 151 giornate (le 151 giornate consentiranno di avviare le pratiche per la disoccupazione in caso di risoluzione del contratto).
Per le aziende inadempienti, invece, sono previste sanzioni amministrative.
È difficile stabilire quali effetti possano produrre queste misure preventive, ma dati incoraggianti riguardano il comparto agricolo pugliese che conclude il 2011 con un incremento del 4% a livello produttivo.
Intanto la neomanovra ha già incassato il plauso di tutte le forze sindacali presenti sul territorio.
Il fenomeno del lavoro irregolare e nero in agricoltura nella Capitanata ha sempre rivestito particolare importanza sia in termini numerici assoluti che percentuali. È possibile però affermare che, anche per l’intensificazione dei controlli negli ultimi anni, esso abbia subito una contrazione, pur rimanendo a livelli considerevoli.
Delle 554 aziende ispezionate nel 2011, quelle irregolari sono 177, pari al 32%; i lavoratori oggetto di controlli da parte della Direzione Provinciale del Lavoro, sede di Foggia, sono stati 3.301, dei quali sono irregolari 430 ed in nero 262.
Dagli accertamenti eseguiti risulta che i braccianti giunti in Puglia si dividono in tre categorie:
- – italiani nella misura del 43% (1.419);
- – neocomunitari per il 44% (1.452);
- – extracomunitari per il 13% (430).
Rispetto agli anni passati c’è stata un’inversione di tendenza, con un nuovo target di agricoltori.Contrariamente alla massiccia presenza di lavoratori di razza afroamericana nel Salento, nel Tavoliere primeggiano etnie dell’Europa dell’Est, il cui arrivo nel nostro Paese è incoraggiato dall’entrata dei rispettivi Stati di appartenenza nell’Unione Europea.
L’80% dei neocomunitari è costituito da cittadini romeni e la restante parte da bulgari.
Gli extracomunitari provengono invece dalla vicina Albania, con una presenza considerevole di marocchini e tunisini.
Per quanto concerne l’imprenditoria femminile, pur trattandosi di un aspetto non preso in particolare considerazione durante le indagini, possiamo dire che non sono state rilevate differenze di genere nell’occupazione di lavoratori irregolari.
“Con orgoglio” sottolinea l’assessora Gentile, “le giovani imprenditrici pugliesi del comparto agricolo si stanno imponendo sul mercato, sfatando tutti quei luoghi comuni che relegano le donne a ruoli marginali del mondo lavorativo, perché unicamente preposte alla formazione della famiglia”.
Per offrire nuove e vincenti opportunità occupazionali alle neoimprenditrici sono stati offerti degli incentivi maggiori, di cui il fiore all’occhiello è la misura delle doti occupazionali: sostegni economici che hanno pareggiato le presenze di genere. Il datore di lavoro che assume riceverà per un anno dalla Regione Puglia un contributo minimo pari al 30% degli stipendi lordi da elargire ai lavoratori se si tratta di disoccupati, inoccupati e immigrati senza lavoro. Se poi l’azienda intende assumere nuove unità che, oltre ad essere disoccupate o inoccupate siano donne, l’incentivo sale al 40%.
E chi lo dice che una brava mamma non possa essere anche una grande donna in carriera?
Paola Paolicelli