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Le protesi mammarie. Tutto ciò che è bene sapere

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Le protesi mammarie. Tutto ciò che è bene sapere

In occasione dell’8 marzo, giornata internazionale della donna, il nostro giornale online vuole parlare di un argomento scottante che interessa milioni di donne: quello delle protesi al seno, con un servizio speciale che parte dalla notizia di uno scandalo internazionale

All’indomani dello scandalo internazionale sulle protesi francesi PIP (Poly Implant Prothèse) e dell’arresto del loro fondatore, Jean-Claude Mas, le Regioni italiane, in accordo con lo Stato, hanno adottato un protocollo per controllare tutte le donne a cui abbiano impiantato nella mammella protesi di marca PIP, oggi ritirate dal mercato e risultate non idonee per la facilità di deterioramento, rispetto agli altri prodotti della stessa tipologia. La loro pericolosità è ancora da accertare, anche se una commissione di esperti europei ha stabilito che le protesi PIP non espongono le donne a un rischio maggiore di ammalarsi di cancro.

Le linee guida delle strutture sanitarie regionali, stabilite durante la Conferenza Stato-Regioni del 9 febbraio, saranno le stesse su tutto il territorio nazionale. I chirurghi delle strutture pubbliche visiteranno infatti le 4.500 italiane con protesi PIP e, se accerteranno l’insorgenza di complicazioni e problemi, decideranno il re-intervento con sostituzione delle vecchie protesi, tutto a carico dei sistemi sanitari regionali. Una cifra che complessivamente si aggirerebbe intorno ai 15 milioni di euro, calcolando che ogni intervento costa sui 3.500 euro.

Stefano Pompei“Un lotto di queste protesi siliconiche” spiega il Professor Stefano Pompei, direttore dell’UOC di Chirurgia Plastica dell’ospedale di Roma Sandro Pertini “è stato commercializzato prima del 2010 e si è scoperto che non rispondeva alle prerogative di qualità e affidabilità che invece i siliconi per uso medico dovrebbero possedere. Erano protesi perfettamente commercializzabili e accreditate a livello europeo.


Ascolta qui l’intervista audio al Prof. Stefano Pompei


Il problema è insorto quando hanno iniziato a verificarsi molti casi di rottura. Il silicone utilizzato nelle PIP risulta più irritante rispetto a quello utilizzato normalmente. In ogni caso, senza rottura il silicone non entra in contatto con i tessuti e quindi protesi che non sono in condizione di deterioramento non hanno urgenza di sostituzione: vanno però seguite e monitorizzate. È invece sicuramente da sfatare il discorso di relazione tra protesi PIP e tumore: non esistono infatti dati numerici e statistici che riguardano questo lotto di protesi incriminato relazionabile al problema dei tumori. Alcune pazienti sceglieranno di sostituirle comunque. Al momento stiamo monitorizzando la questione per valutare chi le dovesse rimuovere a breve termine”.

 

Cancro alla mammella e prevenzione

Alle protesi mammarie si ricorre non solo per la bellezza, ma anche per necessità dopo un’operazione di cancro alla mammella. Oggi circa una donna su dieci si ammala di tumore al seno, la sua incidenza è di 37.000 nuovi casi all’anno in Italia e nel sesso femminile rappresenta il 25% di tutti i tumori.

Il rischio di ammalarsi cambia in base all’età, aumentando nel periodo della menopausa (si tratta del 78 per cento dei casi). Sicuramente si deve tener conto dell’anamnesi familiare o personale ovvero dell’incidenza dei casi (tre o quattro) di tumore al seno in famiglia.

L’allattamento e la gravidanza al di sotto dei trent’anni riducono il rischio, mentre lo aumentano il menarca precoce, l’uso recente di contraccettivi orali, le esposizioni a radiazioni (in particolare nel periodo della pubertà), la menopausa precoce, l’elevata densità della mammella e l’obesità in post menopausa nonché  le cure ormonali (TOS) superiori a cinque anni – esiste infatti una stretta correlazione tra l’insorgenza del tumore mammario e gli ormoni femminili.
Altro fattore di rischio sono  le mutazioni a carico dei geni BRCA1/2 (BReast CAncer 1 e 2). Cfr. http://www.istge.it/dip_epp/ce_tu/info_brca.pdf.

Simonetta-RossiImportante è l’attività di prevenzione, commenta la senologa Simonetta Rossi: “per donne dai 27 ai 40 anni è consigliabile una visita con ecografia a cadenza annuale, mentre dai 40 anni in su una visita senologica, mammografia ed ecografia una volta all’anno, per evidenziare la presenza di qualsiasi lesione. Gli interventi di protesi vengono decisi in seguito all’asportazione della mammella sia nei casi di classica mastectomia in cui viene asportata aureola, capezzolo e cute, sia negli interventi che prevedono risparmio di cute o risparmio del complesso aureola e capezzolo. Per rendere le due mammelle più simili si interviene solitamente anche su quella contro-laterale per una simmetrizzazione”.

I rischi post operatori non sono molto elevati, anche se ovviamente si tratta di immettere un corpo estraneo e quindi potrebbero verificarsi rischi di infezione o di ematoma, ma sono casi molto rari.


Ascolta qui l’intervista Dott.ssa Simonetta Rossi


“La radioterapia, quando è necessaria” spiega la dott.ssa Rossi “viene praticata sulla paziente dopo un periodo di circa 40 giorni, tempo di convalescenza che permette ai tessuti di cicatrizzarsi e rimarginarsi. L’unico rischio che potrebbe insorgere, dopo un intervento di mastectomia, è che possa crearsi una fibrosi poiché la radio tende a rendere i tessuti più rigidi, meno estensibili, quindi il risultato estetico potrebbe essere compromesso. Un intervento di questo tipo-rassicura la dott.ssa- non ritarda, in ogni caso, le cure oncologiche”.

 

 

La ricostruzione mammaria

La ricostruzione mammaria è stato un enorme passo avanti nel trattamento dei tumori alla mammella. Prima degli anni Ottanta, periodo in cui hanno iniziato a intervenire chirurgicamente per la ricostruzione, gli interventi di mastectomia lasciavano la donna mutilata, privata della sua femminilità. La possibilità di restituirle integrità corporea ha avuto un grandissimo impatto relazionale.

“Qualsiasi intervento chirurgico” spiega il professor Pompei, chirurgo, “prevede la possibilità ricostruttiva da proporre alla paziente affetta da cancro alla mammella. Le ricostruzioni sono di tipo diverso, a seconda della gravità della malattia. Possono esser fatte in un tempo unico oppure in due tempi, con protesi, con espansori, ecc.. L’intervento di ricostruzione non consiste solo nel posizionamento della protesi. Esistono differenti metodiche a seconda dello stato del tumore, delle condizioni fisiche della paziente, del tipo di mastectomia, da cui dipendono le tecniche chirurgiche utilizzate. Se si tratta di mastectomia parziale, cioè viene asportato un segmento di una ghiandola, si può praticare rimaneggiamento della ghiandola residua, quindi si riassembla la mammella con tessuto proprio della ghiandola. Nel caso in cui si abbia una mastectomia che consista solo nello svuotamento della parte ghiandolare (99% dei casi), l’involucro cutaneo viene lasciato intatto e può essere riempito o con materiale protesico messo sotto il muscolo o con tessuto preso dall’addome. Si tratta di interventi di microchirurgia vascolare. Tutte operazioni che possono essere corrette nell’arco del tempo –conclude il professore- mantenendo il risultato estetico”.

Le associazioni vicine ai malati

Il tumore al seno oggi è trattabilissimo. “Offre possibilità di vita eccellenti” afferma il Professor Pompei “e grazie alla ricostruzione non si passa più attraverso una mutilazione. Ciò rende l’accettazione della malattia sicuramente meno traumatica”.

Dott.ssa delle Fratte-ginecologa-ostreticaLa paura più comune di una donna operata per tumore alla mammella è che possa ripresentarsi il male sia localmente sia in altri organi. Per questo è importante l’attività di controllo.
Esistono molte associazioni che si occupano di seguire e aiutare le donne malate di cancro alla mammella. Una di queste è l’ANDOS (Associazione Nazionale Donne Operate al Seno), una ONLUS che conta comitati sparsi in tutta Italia e “offre” spiega la vice-presidente di Roma, dott.ssa Franca Delle Fratte, “alla collettività femminile e, in particolare, alle donne operate al seno, una serie di servizi concreti: un’attività di prevenzione che consiste nell’informazione sui percorsi da seguire per tutelare la salute e consentire una diagnosi precoce; nell’assistenza sociale in campo burocratico, assicurativo, previdenziale e nell’assistenza psicologica, utilizzando terapie riabilitative che consentano di affrontare paure, tensioni, attese e specifiche esigenze e favorendo i necessari processi di integrazione, riscoperta di sé e della propria femminilità e sessualità”.

L’ANDOS è costituita da medici specialisti e volontari che aiutano la donna affetta dal cancro ad affrontare la paura della malattia attraverso un’attività di supporto fisico, psicologico e sociale. Mette a disposizione ambulatori per la riabilitazione, il linfodrenaggio e la pressoterapia, attua convenzioni con palestre e piscine, forma volontari e operatori sanitari e contribuisce alla ricerca attraverso la collaborazione con il CNR e le università. Affianca le strutture sanitarie pubbliche integrandone i servizi e fa campagne di informazione e di screening.

Il malato non è più solo ad affrontare la paura della malattia, associata molto spesso a quella della morte. Esiste in primis la prevenzione, poi le cure, gli interventi e l’aiuto psicologico che è quello che consente maggiormente di reagire e di affrontare il cancro con speranza e coraggio e, soprattutto, con il supporto dei principali alleati quali i familiari, gli amici e i medici.

Daniela Auciello

Appunti e riferimenti

www.andosonlusnazionale.it
http://www.andosonlusnazionale.it/il-medico-risponde/dr-franca-delle-fratte.html
http://www.istge.it/dip_epp/ce_tu/info_brca.pdf
http://www.stefanopompei.com/
http://www.idoctors.it/medico/1680/0

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