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Tra contraffazioni e truffe, ecco l’Italia dei furbetti

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Tra contraffazioni e truffe, ecco l’Italia dei furbetti

I giovani ritengono che acquistare merce contraffatta non sia un problema e che sia un fatto socialmente accettabile. Le ultime scoperte del MISE, del Censis, della Coldiretti e della Guardia di Finanza…

 

 

 

 

 

“Lo fanno tutti” è la giustificazione che danno e si danno gli acquirenti di merce contraffatta. Purtroppo non riescono a comprendere quanto sia pericoloso alimentare il traffico di chi commette reati, reati che mettono in ginocchio l’intera economia italiana, della quale fanno parte anche loro, anelli di una catena alternativa a quella che dovrebbe rappresentare il circolo virtuoso della ricchezza di un Paese. Qui parliamo dell’esatto opposto, di un circolo vizioso che mette in ginocchio il Paese, fa chiudere le imprese e toglie posti di lavoro.

Il mercato della contraffazione è ampio e tutti lo conosciamo: le merci vengono vendute sulle bancarelle per strada, nei mercati, direttamente in spiaggia dai “vu’ cumpra’”. Si tratta principalmente di cinte, borse e portafogli, di generi di abbigliamento, di CD e DVD. Ma la contraffazione non si ferma lì e va avanti fino ai generi alimentari, causando possibili danni anche alla salute degli acquirenti.

A denunciare la situazione sono le ricerche condotte dal MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) in collaborazione con il Censis e dalla Coldiretti. Certo, si tratta della scoperta dell’acqua calda poiché tutti sanno ma nessuno denuncia e – soprattutto – raramente si interviene.

La guardia di finanza fa del suo meglio ma si tratta di un Corpo che non si trova ovunque, i reparti dei Carabinieri dedicati a questo reato idem. I vigili urbani sono troppo impegnati sempre altrove. Ma i luoghi in cui si vendono i prodotti contraffatti si conoscono bene e se si volesse questo mercato si potrebbe fermare – permetteteci questa nota amara.

Non per nulla proprio il MISE e il Censis, su incarico della Direzione Generale Lotta alla Contraffazione – UIBM DEL Ministero dello Sviluppo Economico, hanno deciso di svolgere un’indagine nei luoghi “incriminati”, in particolare nella Capitale e hanno intervistato un campione di giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni nei mercati di Porta Portese, Via Sannio e Villaggio Olimpico.

Cosa ne è emerso? Che il 74,6% dei giovani romani acquista merce contraffatta. Al primo posto della classifica dei prodotti più venduti nel mercato romano del falso ci sono i capi d’abbigliamento (67,3%), seguiti da cd e dvd (48,3%), accessori come cinture, portafogli, borse (45,3%), scarpe (37,5%), occhiali da sole (31,6%), orologi e bigiotteria (20,1%), prodotti elettronici (20,1%), prodotti informatici (18,2%), profumi e cosmetici (16,1%). E che i luoghi privilegiati per l’acquisto di merce fake sono la strada, con le sue bancarelle (indicata dall’81,2% dei giovani acquirenti), e i mercati (segnalati dal 48%). Altro luogo deputato all’acquisto di merce contraffatta è la spiaggia (32,7%). Il 22,8% trova prodotti falsi addirittura nei negozi. Solo il 16,6% dei giovani romani li compra su Internet. Ma la scoperta è che il 7,5% li compra addirittura all’interno di case private.

Ma sanno di commettere un reato? Sì, l’acquisto è il risultato di una scelta intenzionale: solo l’11% era convinto di acquistare un prodotto autentico. Perché lo fa? per risparmiare (69,6%). Anzi, anche per avere la soddisfazione di “punire” le griffe amate e desiderate, ma allo stesso tempo odiate a causa dei prezzi troppo elevati: è di questa opinione il 76,1% degli intervistati.

Poco importa se la qualità del falso è inferiore rispetto a quella dell’originale: chi compra merce contraffatta sa a cosa va incontro, senza aspettarsi e pretendere troppo in termini di qualità, durata e riuscita complessiva del prodotto. È comunque pienamente (34,7%) o in parte soddisfatto (57,7%) di quello che ha acquistato.

Anche sapendo che la contraffazione è un reato, viene comunque considerato un illecito di lieve entità, che non merita una particolare attenzione da parte delle forze dell’ordine (lo crede il 63,9% degli intervistati). Non c’è quindi piena consapevolezza delle implicazioni negative per l’economia e il fisco, per la società e la salute, per il lavoro e la sicurezza personale.

Questo non significa che non ci sia un certo imbarazzo nell’indossare o possedere una copia illegale: per il 40,9% dei giovani non dipende però dal fatto di compiere un illecito, ma dal rischio di fare brutte figure nel caso qualcuno si accorgesse del bluff.

Sanno di andare incontro a pericoli anche per la salute? Sì, infatti se si ha bisogno di articoli che potrebbero risultare dannosi si prende qualche accorgimento: in questo caso il 53,4% dei giovani romani dichiara che preferisce rimandare l’acquisto fino a quando avrà i soldi necessari per comprare quelli originali. Ma il 26,2% non si fa scrupoli e compra quelli falsi.

Anche la Coldiretti denuncia un mercato che si alimenta di frodi. L’aumento delle frodi sui generi alimentari è addirittura del 248% e il problema sta nel segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero: infatti sull’etichetta in questi casi non si devono indicare gli ingredienti con la loro origine ma solo il luogo di confezionamento. Meno trasparenza equivale a meno sicurezza per il consumatore. La Coldiretti spiega che in Italia arriva dall’estero un quantitativo di agrumi freschi pari al 14% della nostra produzione nazionale, a cui si aggiungono oltre 300.000 quintali di succhi concentrati che finiscono nelle bevande all’insaputa dei consumatori perché in etichetta viene indicato solo il luogo di confezionamento. La maggioranza del succo di arancia consumato in Europa proviene niente poco di meno che dal Brasile sotto forma di concentrato al quale viene aggiunta acqua una volta arrivato nello stabilimento di produzione, a differenza di quanto avviene per la spremuta. E sì che in Italia le arance vengono distrutte… Anche per quanto riguarda i pomodori, bisogna sapere che  l’Italia importa semilavorati industriali prevalentemente da Cina e USA in quantitativi pari a circa il 20% della propria produzione.  Ad arrivare in Italia è soprattutto il prodotto concentrato in fusti da oltre 200 chili che vengono svuotati per confezionare il pomodoro in barattoli e vasetti da distribuire al consumo nel nostro Paese e all’estero senza alcuna indicazione sulla reale provenienza in etichetta. In questo caso ovviamente non si tratta di contraffazione ma di approfittarsi di un vuoto normativo, di una lacuna per inserire nel nostro mercato che dovrebbe essere ben fiorente di questi prodotti alimentari, prodotti stranieri di aziende che non seguono le nostre stesse regole riguardo alla sicurezza alimentare e che potrebbero causare qualche danno, non solo alla nostra economia ma anche alla nostra salute.

I nostri giovani non sono però sensibili a questi temi. Basti pensare che dimostrano sensibilità solo se le campagne anticontraffazione, ad esempio, vertono sullo sfruttamento della manodopera e sulla negazione dei diritti dei venditori. Raramente quando viene comunicata l’implicazione della criminalità organizzata. In questo caso, alcuni giovani si fanno qualche domanda ma solo perché pensano che si parli di reati percepiti come ben più gravi e pericolosi, come il traffico della droga o la tratta degli esseri umani.

Eppure, come dichiara la ministra Federica Guidi, “la pericolosità sociale della contraffazione è dato ormai acclarato e la ricerca realizzata dal mio Ministero, con la collaborazione del Censis, fornisce ulteriore dati scientifici a supporto in tal senso. A fronte  di un comportamento dei consumatori, soprattutto giovani, che sembra sempre più orientato a non considerare l’acquisto come un atto responsabile, anch’esso incluso nei propri doveri di cittadinanza, la risposta delle istituzioni non può che essere anzitutto incentrata sull’informazione qualificata, prima che sulla repressione”.

Una campagna di informazione mirata dunque potrebbe interessare i giovani, visto che non hanno piena consapevolezza delle implicazioni negative che producono i loro acquisti di merce contraffatta, tra le quali la loro stessa disoccupazione. Il Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, spiega che “dietro alla contraffazione c’è la mancata tutela della salute e la lotta alla criminalità organizzata che spesso gestisce il mercato”. Lo afferma durante un incontro dal titolo “I giovani e il mercato del falso” avvenuto a Napoli con gli studenti delle scuole della città nota per essere quella in cui questo fenomeno è più attivo. In questa occasione il Sindaco ha ricordato che “non si tratta di un reato di Serie B”, e che la lotta alla contraffazione è necessaria anche per “salvaguardare il commercio e la produzione nostrana”, sottolineando la necessità di combattere la contraffazione anche “per divenire sempre più accoglienti per le imprese sane che vogliono investire a Napoli”.

Ma i giovani sono abituati a cedere alle tentazioni del “risparmio”. Di qualsiasi città essi siano. Basti pensare che a Torino solo pochi giorni fa la Guardia di Finanza ha sequestrato ben 30.000 libri riprodotti illegalmente dalle copisterie. Si tratta di dieci copisterie i cui proprietari sono stati sanzionati per diverse decine di migliaia di euro. Ma il fatto curioso è che i libri riprodotti illegalmente erano destinati agli studenti universitari delle facoltà di giurisprudenza e di economia: si trattava infatti proprio di manuali di diritto e testi di economia… C’è altro da aggiungere?

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