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di Mariangela Giusti, Docente di pedagogia interculturale all’Università di Milano Bicocca

La scorsa settimana – il 27 gennaio – in occasione della Giornata della Memoria, la RAI ha trasmesso in diretta su RaiTre una cerimonia di commemorazione tenutasi nella grande Aula del Parlamento, alla presenza delle massime autorità dello Stato. Gli scranni, dove di solito siedono i deputati della Repubblica, erano tutti occupati da bambini, bambine, ragazzi e ragazze di tutti gli ordini di scuola, di tante scuole di tutte le Regioni, accompagnati dai loro insegnanti. La mattinata infatti era rivolta proprio a loro. I discorsi (tutti molto belli) della Presidente della Camera, on. Laura Boldrini, della Ministra dell’Istruzione, on. Giannini, del Presidente del Senato, sen. Grasso, erano intervallati da brani di musica molto toccanti suonati in diretta da giovani musicisti al pianoforte e col violino e da altri brani cantati della tradizione musicale klezmer interpretati dalla cantante Ute Lemper. Il momento didattico della bella manifestazione è stato quello della premiazione di un concorso rivolto agli studenti di tutte le scuole italiane, sulle tematiche della discriminazione. La conduttrice ha chiamato al microfono i tre vincitori – uno per uno -ciascuno dei quali ha letto una breve sintesi del lavoro presentato per il concorso e che, a giudizio della giuria, era risultato vincitore. 

Questo momento della cerimonia ci aiuta a fare una riflessone sulla lettura. Il primo vincitore infatti era un bambino di classe terza elementare di una scuola piemontese: ha letto con sicurezza, naturalezza, precisione, senza neppure un errore; gli altri due vincitori (una ragazza e un ragazzo dei bienni di due scuole superiori, di diverse regioni italiane) hanno proposto le sintesi dei loro interessanti progetti, ma la loro lettura stonava con la solennità della cerimonia. Erano incerti, sbagliavano, inceppavano, leggevano una parola per un’altra, oppure proponevano una lettura affettata, artefatta, non naturale. Come mai?

In effetti, il significato che normalmente si attribuisce all’espressione “sapere leggere” non si limita mai alla semplice capacità materiale di decodificare o codificare lettere e pronunciarle ad alta voce, ma, partendo da queste abilità, è importante che si sappia comprendere il messaggio da esse veicolato e che si sappia trasmetterlo in modo chiaro, con il giusto senso e la giusta intonazione della voce a chi ci sta ascoltando.
L’esempio della diretta televisiva dall’Aula del Parlamento mostrava in maniera palese un dato di fatto di cui tanti insegnanti sono perfettamente coscienti: e cioè che l’abilità della lettura si perde con il crescere dell’età degli studenti. In questo è probabile che giochino un ruolo negativo tanti fattori, fra cui l’utilizzo sempre più spasmodico da parte dei ragazzi dei cellulari e degli smartphone, che impongono letture (e scritture) brevi, sincopate, abbreviate. Dai 14/15 anni in avanti, la scuola può fare poco: gran parte del lavoro didattico per abituare alla buona lettura (silenziosa oppure a voce alta) è già stato fatto nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado. Tuttavia la lettura è sempre una bella attività da fare insieme: docente e gruppi di apprendimento. Leggere insieme in classe aiuta tutti: gli studenti un po’ più addietro, quelli con un buon profitto e anche l’insegnante stesso. La lettura ad alta voce fatta insieme non in modo sporadico cerca di instaurare un contatto, molto più della lezione parlata: si legge – possibilmente avendo tutti lo stesso testo davanti agli occhi- senza voti, senza ruoli, favorendo il passaggio di parola, in modo che si trasferisca anche il ritmo della lettura dall’uno all’altro.

Si legge a voce alta e si crea un momento di comunicazione alla pari, si legge qualcosa che si condivide. Si segue un ragionamento o una pagina teorica (con gli studenti più grandi) oppure si segue una storia, un’avventura (con gli adolescenti), si dialoga coi personaggi, si può ragionare su come inizia una pagina o su come si conclude un capitolo o un paragrafo. Leggere a voce alta consente di affinare l’ascolto, di costruire un terreno comune fatto di parole, di voci, di silenzi, che poi i ragazzi possono proseguire anche da soli, a casa, quando non c’è l’insegnante e non ci sono i compagni. Così può accadere che è la stessa lettura che insegna: a crescere, a tenere attiva la mente, a leggere bene per gli altri.

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