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Hub Dot: l’innovativo networking al femminile

Hub dot

Allacciare relazioni per proporre la propria attività professionale, per avviare partenariati, per dare e trovare ispirazione. Tra le varie forme di networking quella ideata da Hub Dot si basa sulle caratteristiche della femminilità

Si considerano le alchimiste delle relazioni perché grazie al loro intervento riescono a creare delle miscele positive tra le partecipanti, riuscendo a creare rapporti professionali e – perché no – amicali basati sulle caratteristiche personali di ciascuna partecipante agli incontri che vengono appositamente organizzati.
Hub Dot è dunque un “incubatore” molto particolare, al quale si accede semplicemente mostrando il proprio stato d’animo e narrando la propria storia nell’arco di due minuti, concentrandosi sul fine da raggiungere. Come le Start-up all’interno degli incubatori hanno pochissimi minuti per raccontare ai potenziali investitori la propria idea imprenditoriale, negli incontri Hub Dot lo storytelling breve è il modo di connettersi tra di loro ispirandosi a vicenda.

Dot significa punto, ed è la scelta di un colore, o meglio di un punto colorato, che avvia il percorso negli eventi Hub Dot. All’ingresso ogni donna sceglie e indossa il suo punto colorato che corrisponde a quel che sta cercando:
Rosso – Ho un’identità professionale
Giallo – Ho un’idea, mi aiuti?
Verde – Cerco una nuova ispirazione
Blu – Sono qui per socializzare
Viola – Ti racconto della mia attività di beneficenza, passione, lavoro.
Molto semplice e diretto ma anche molto femminile, visto che le connessioni neurali delle donne funzionano in modo differente e così anche quelle professionali.

L’idea è venuta a Simona Barberi, italiana residente a Londra, nel 2012 per aiutare le donne con esperienze professionali e culturali diverse a connettersi tra persone in carne e ossa invece che al pc e a condividere le proprie storie. “Negli incontri Hub Dot” spiega “le conversazioni iniziano chiedendo ‘qual è la tua storia’ e non ‘cosa fai nella vita’”.
Da questa narrazione di storie personali, che sono anche professionali, dai bisogni espressi tramite i dot colorati applicati, le donne riescono a stringere velocemente amicizie che implicano contaminazione di idee e talenti, con aperture al mondo del lavoro, dell’imprenditoria, dell’associazionismo, ecc. che non si basano sulle qualifiche o sulle etichette. Ogni donna è libera di avviare le relazioni che vuole. Anche solo sociali.

E l’idea funziona. Dal primo incontro tenutosi a Londra tra 98 donne, oggi è diventato un movimento globale di oltre 26.000 donne e cresce sempre più.
Da quel primo incontro londinese ci sono stati 22 eventi internazionali in 10 città del mondo: Londra, Napoli, Milano, Torino, Lussemburgo, Barcellona, Houston, Portland).
Oggi le volontarie che organizzano gli eventi, le alchimiste di Hub Dot, sono 50 solo in Gran Bretagna.
Anche in Italia questo nuovo metodo di “interconnessione umana” che può svilupparsi in professionale sta prendendo piede.
Negli incontri organizzati dalle volontarie italiane si applica lo stesso metodo: all’ingresso ogni partecipante (e si badi che non ci sono limiti né di età né di ceto o altro, solo di genere) sceglie il colore di Dot che la rappresenta per quella serata. Sono le alchimiste, le connectors di Hub Dot, ad attivare le connessioni tra le donne presenti grazie al breve profilo che viene richiesto al momento dell’iscrizione.
Ma attenzione: non si tratta di una festa tra amici; si tratta di un incontro professionale in cui vengono selezionate 12 speaker, divise in due gruppi da 6, che raccontano la loro storia in poco più di un minuto. Tra un gruppo e l’altro – ci spiegano le volontarie – proseguono le connessioni, ispirate dalle storie appena ascoltate e continuano fino alla fine della serata: “L’energia è tanta, così come la voglia di raccontare e ascoltare storie, che siano di ispirazione e spunto per ciascuna”.

Per partecipare agli Hub Dot ci si registra alla piattaforma digitale hubdot.com e ci si iscrive da lì agli eventi che si scelgono.

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