Diritti Lavoro

Gender gap retributivo. Un problema europeo

L’Unione Europea alle prese con il Divario di retribuzione fra i generi. Le donne a parità di titoli e di ruolo percepiscono il 16% di meno degli uomini come salario orario e il 39% in meno come guadagno annuale. La prossima strategia per la parità di genere

 

Non è un problema che affligge solo gli italiani (o meglio le italiane) anzi: secondo i dati Eurostat 2016 che sono stati presi come parametro di riferimento, in Italia il gender gap retributivo per quanto riguarda la paga oraria è solo del 5,3%, uno dei migliori considerando che la media europea è del 16,2%. Mentre va peggio per quanto riguarda il guadagno annuale: in questo caso la media europea è del 39,3% e quella italiana del 43,7%. Significa che le donne italiane guadagnano in un anno il 43,7% in meno dei loro colleghi uomini.

Non c’è in tutta l’Unione Europea nemmeno uno Stato membro che abbia eliminato tali disparità e questo, oltre a dimostrare un’evidente ingiustizia, crea anche un mancato reddito per le famiglie e per le nazioni, se si pensa che diminuendo il gender gap retributivo appena del 2%, crescerebbe di 2 miliardi di euro il Pil europeo.

Di questo si è discusso il 13 gennaio 2020 durante la sessione del Parlamento europeo tenutasi a Strasburgo, considerando che ormai è troppo tempo che a questo problema non viene data una soluzione. Sembra sempre – come ha dichiarato una parlamentare europea non italiana – che ci siano altre priorità più importanti dal punto di vista morale, “manca una vera coscienza sociale della gravità di questo problema”. Aggiungendo: “dobbiamo lottare contro questa violenza strutturata”.

Il gender gap retributivo è illegale

Il principio della parità di retribuzione, oltre a far parte delle Costituzioni e degli ordinamenti giuridici di diversi Paesi, è sancito dal Trattato UE nella terza parte, quella relativa alle politiche sociali condivise, all’articolo 157. C’è scritto che ogni Stato membro deve applicare ai lavoratori e alle lavoratrici la stessa paga, calcolandola con la stessa unità di misura per lo stesso lavoro. Insomma non dovrebbero esserci disparità di trattamento ma tale articolo di fatto non è mai stato applicato e così – come ha spiegato la Commissaria europea Helena Dalli – negli anni si è reso necessario intervenire, dapprima con raccomandazioni non vincolanti (da 5 anni a questa parte) che sono state accolte da pochissimi Stati, e da ora con misure obbligatorie più dure che dovranno prevedere una punizione per chi non ottempera.

Commissione Europea all’opera contro il Gender gap retributivo

Stavolta le europee fanno sul serio, forse perché finalmente una donna è riuscita a rompere il tetto di cristallo e a raggiungere il vertice della Commissione Europea e ad occuparsi del problema. Ursula von der Leyen, nei suoi orientamenti politici per il 2019-2024, si è infatti impegnata ad affrontare la questione del divario di retribuzione fra i generi nel quadro della prossima strategia per la parità di genere. Dal canto suo Helena Dalli, commissaria per la parità, intende proporre misure giuridicamente vincolanti in materia di trasparenza delle retribuzioni ed è per questo che si è recata al Parlamento europeo invitando i parlamentari ad avviare un dibattito dal quale possano emergere proposte utili ad affrontare seriamente il problema. Un problema che non solo è presente in tutti i Paesi europei, con un divario retributivo salariale medio del 16% e annuale del 39%, ma che aumenta se si guarda al momento del pensionamento: la disparità tra pensioni maschili e femminili è talmente alta da sembrare inconcepibile: le donne pensionate percepiscono il 40% in meno degli uomini!

Gli obblighi per le aziende e i datori di lavoro

Davanti al Parlamento europeo, la commissaria Helena Dalli ha parlato chiaro: nella prima settimana di marzo la Commissione europea intende presentare una strategia per affrontare la situazione. Le prime misure saranno quelle sulla trasparenza retributiva, anche perché molte donne nemmeno sanno di essere sottopagate. Le aziende saranno obbligate a fornire ai dipendenti le informazioni sugli stipendi e dovranno riferire questi dati in modo che si possa controllare il rispetto delle regole. Ovviamente – spiega la commissaria Dalli – questo comporterà un aumento degli oneri amministrativi per i datori di lavoro, quindi verranno ascoltate le associazioni datoriali e quelle sindacali allo scopo di trovare un giusto equilibrio tra oneri e interventi.

Ma aumentare la trasparenza è solo uno dei passi da fare perché per affrontare le cause della disparità retributiva e lavorativa tra i generi bisogna avere un approccio più ampio.

Le cause del gender gap retributivo e lavorativo da eliminare

La Commissione europea ha stilato un elenco delle cause della disparità di genere in campo lavorativo che dovranno essere eliminate:

  • Bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro
  • Maggior utilizzo del part time (1 donna su 3 vs. 1 uomo su 10)
  • Interruzione della carriera per motivi familiari con poche possibilità di rientro
  • Stereotipi di genere
  • Discriminazioni sul luogo di lavoro
  • Sovra-rappresentazione femminile nei lavori precari, con contratti temporanei
  • Posizioni dirigenziali in mano agli uomini
  • Scarse promozioni femminili con limitazioni di carriera
  • Compiti di cura della famiglia non retribuiti
  • Orari lavorativi (in casa e fuori) di 9 ore a settimana per gli uomini e di 22 ore per le donne
  • Segregazione nel campo dell’istruzione
  • Professioni ritenute “femminili” a paghe inferiori, professioni ritenute “maschili” a paghe superiori.
  • Il dibattito in sede parlamentare europea

L’emiciclo parlamentare nel giorno e nel momento di questa discussione era poco affollato: come ci si poteva aspettare erano pochi gli uomini presenti e solo 6 hanno preso la parola. Le parlamentari interessate erano molte e le parole dette quelle già sentite in tante occasioni. Il problema si conosce, la possibile soluzione sarebbe il cambiamento di mentalità ma come attuarla? Le idee emerse sono state quelle della tutela della maternità, dell’accorciamento degli orari di lavoro, della protezione sociale comune universale per accedere alle pensioni, dell’educazione dei giovani. Tutte concordi sulla misura proposta dalla Commissaria per la Parità: la trasparenza sulle retribuzioni, con l’individuazione delle misure correttive da apportare e l’accompagnamento alla loro realizzazione ma anche con l’obbligo dei risultati da ottenere. Su questo punto è stata molto precisa la parlamentare austriaca Evelyn Regner perché ha sottolineato che, dal momento che permangono degli stereotipi resistenti a tutto e che vanno eliminate queste strutture mentali, c’è bisogno di misure legislative ma anche di punire i colpevoli di questo divario.

Finora, in effetti, quasi nessuno ha ritenuto giusto seguire la Legge e applicare il principio di parità retributiva probabilmente proprio perché non poteva essere controllato e sapeva di poter restare impunito.

Per capire la gravità della situazione segnaliamo l’intervento di un parlamentare tedesco, Maximilian Krah (Gruppo Identità e Democrazia per la Gemania, Alternativa per i tedeschi), il quale ha preso la parola per dire che “il divario di genere fa parte delle leggende popolari moderne. In realtà non esiste. E se esiste è molto inferiore a ciò che viene dichiarato e le cause sono nella politica di sinistra che non riesce a dare il giusto valore agli assegni familiari, soprattutto a quelli di maternità che costringono le donne a cercare lavoro invece di stare a casa e pensare alla famiglia, che è il loro ruolo nella società”. La traduzione potrà non essere perfetta ma abbiamo reso il senso e crediamo non ci sia da aggiungere altro sul pensiero della maggioranza maschile.

 

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