Lavoro Normative

I lavoratori che restano a casa per il Covid-19

L’analisi della Fondazione studi Consulenti del lavoro diffonde i dati su “Gli occupati a casa ai tempi del Coronavirus” per capire quali sono i lavoratori che restano a casa a seguito del DPCM 11 marzo 2020

Sono circa 3 milioni (il 13,2% del totale degli occupati) i lavoratori che restano a casa a seguito dei provvedimenti straordinari adottatati dal Governo nell’ultima settimana per far fronte all’emergenza sanitaria da Covid-19. Circa un milione di questi sono lavoratori autonomi, mentre 1,9 milioni sono lavoratori dipendenti (per lo più addetti alle vendite). E mentre sono ancora tante le persone al lavoro in questi giorni per garantire servizi essenziali, 3,6 milioni (16% del totale) sono occupati in settori “a rischio chiusura”. È quanto emerge dall’analisi statistica della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro “Gli occupati in Italia ai tempi del Coronavirus”.

23 milioni i lavoratori (5 milioni 306 mila autonomi e 17 milioni 146 mila dipendenti) coinvolti dai provvedimenti straordinari del Governo in questo periodo di emergenza sanitaria, alcuni sono quelli che devono obbligatoriamente lavorare, altri quelli a rischio di chiusura da un momento all’altro e altri, infine, sono i lavoratori che restano a casa per evitare il contagio da Covid-19.

I lavoratori che restano a casa per Decreto
Sono 3 milioni (il 13,2% del totale degli occupati) i lavoratori che restano a casa dopo il DPCM dell’11 marzo 2020 e 3,6 milioni gli occupati in settori a rischio chiusura. Circa 7,9 mln continuano, invece, a lavorare per garantire servizi essenziali durante l’emergenza sanitaria da Coronavirus. – Circa un milione dei lavoratori che restano a casa sono lavoratori autonomi, mentre 1,9 milioni dipendenti e 3,6 milioni (16% del totale) sono occupati in settori “a rischio chiusura”.

I lavoratori che restano a casa e quelli a rischio di chiusura attività
L’analisi dei Consulenti del lavoro “Gli occupati in Italia ai tempi del Coronavirus” fotografa 23 milioni di lavoratori (5 milioni 306 mila autonomi e 17 milioni 146 mila dipendenti) coinvolti dalle nuove misure governative che prevedono la promozione dello smart working, la chiusura delle scuole, il blocco delle attività su tutto il territorio nazionale fino al prossimo 25 marzo, comprese le attività commerciali non di prima necessità (bar e ristoranti, centri commerciali, centri estetici, negozi di abbigliamento).

La nuova geografia occupazionale
L’emergenza sanitaria ha stravolto, in pochi giorni, l’intera geografia occupazionale del Paese definendo, di conseguenza, nuove e inedite condizioni di lavoro.
Oltre ai 7,9 milioni di lavoratori che restano a casa (35,2% degli occupati) ci sono quelli che, malgrado l’emergenza, non possono fermarsi in quanto impegnati ad erogare beni e servizi essenziali per la collettività. Si tratta di: medici e infermieri (1 milione e 320 mila occupati nell’assistenza sanitaria) e forze dell’ordine, ci sono poi quelli che lavorano da casa, come i dipendenti delle P.A. (1 milione e 243 mila), gli insegnanti e i docenti universitari (1 milione 587 mila) e chi opera nei servizi pubblici essenziali (erogazione energia, gas, acqua, pulizia e raccolta rifiuti).
A questi si aggiungono tante altre attività private: il commercio, il credito, l’informazione.

 

Le attività private a rischio

3,6 milioni (16% del totale) di persone sono occupate in settori “a rischio chiusura” per un crollo della domanda o uno stallo dei servizi senza precedenti, come turismo (372 mila occupati in servizi di alloggio e agenzie), intermediazione immobiliare (149 mila), costruzioni (1,3 milioni) e alcune attività professionali, soprattutto di tipo tecnico. Di questi, 1,3 milioni sono lavoratori autonomi che giorno dopo giorno devono decidere se chiudere o proseguire l’attività destreggiandosi tra congedi, ferie e permessi e 2,3 milioni dipendenti in questi settori, che oltre alla paura del contagio hanno quella di perdere il lavoro.
L’incertezza governa anche gli 8 milioni (35,6%) di occupati in settori per lo più manifatturieri e di servizio alle imprese, dove l’impatto dell’emergenza Covid-19 è stato meno devastante, ma comunque forte.

La gestione dei lavoratori che restano a casa
“La gestione del personale (o del lavoro) sta diventando un fattore sempre più critico in questo momento per le aziende, che si trovano a fronteggiare nuove e straordinarie responsabilità di tutela della salute e sicurezza in un contesto di progressivo stallo economico e di incertezza sui provvedimenti che saranno adottati a supporto dell’emergenza” ha dichiarato Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro. “A fronte dei sempre più numerosi lavoratori che resteranno a casa nei prossimi giorni, per i quali è necessario mettere al più presto in campo strumenti di sostegno, non dobbiamo dimenticare la condizione più precaria del lavoro autonomo. Il 20% degli autonomi si ritrova a casa perché interessato dal blocco attività e un altro 24,3% continua a mandare avanti la propria attività in settori che sono oramai al collasso”.

Lavoratori autonomi a rischio di perdere l’attività
“Indispensabile, quindi, guardare con attenzione a questa componente importante del mercato del lavoro, che è uscita già stremata dalla crisi del 2008 e che sarà decisiva per la ripresa quando ci saremo lasciati alle spalle questa emergenza” ha concluso il presidente De Luca.

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