Salute e benessere Società

Report di SALUTEQUITA’ sulle politiche per la salute

L’associazione indipendente per la valutazione della qualità delle politiche per la salute pubblica il report dedicato al PNRR

Politiche per la salute al ribasso. In 10 anni sono stati sottratti alla Sanità oltre 40 miliardi ma il PNRR (il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU, quale strumento per rispondere alla crisi provocata dal Covid-19) destina solo 19,7 miliardi di euro al Servizio sanitario nazionale.

Dal Recovery Plan alle politiche per la salute
Il Recovery Plan è articolato in 6 missioni corrispondenti alle aree tematiche strutturali di intervento, ovvero:

  1. digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura;
  2. rivoluzione verde e transizione ecologica;
  3. infrastrutture per una mobilità sostenibile;
  4. istruzione e ricerca;
  5. inclusione e coesione;
  6. salute.


Alla “missione Salute” andrà l’8,8% delle risorse totali, nonostante sia stata proprio una pandemia a provocare la crisi anche economica nella quale ci troviamo proprio perché non avevamo risorse sanitarie sufficienti a contrastarla. Non ci sarebbe stato bisogno di lockdown e altre politiche restrittive che hanno bloccato tutte le attività economiche se avessimo avuto un sistema sanitario forte e sano e politiche sanitarie anche emergenziali valide e pronte alla bisogna.

Sempre meno risorse destinate alla sanità impediscono valide politiche per la salute
“Il PNRR riserva alla missione Salute una cifra insufficiente a garantire la vera ‘svolta’ che servirebbe per il nostro SSN, per il suo rilancio, soprattutto in vista di eventuali altri episodi pandemici che potranno verificarsi nei prossimi anni e che non dovranno più mettere in ‘pausa’ le altre patologie com’è accaduto con il Covid” dichiara Tonino Aceti, presidente di SALUTEQUITÀ (https://salutequita.it/), Associazione indipendente per la valutazione della qualità delle politiche per la salute, nel secondo report dell’associazione, dedicato al PNRR e appena pubblicato. “Le risorse destinate alla sanità passano da 15 miliardi di euro, cifra certificata dal Governo come già disponibile nella prima versione di Recovery Plan, a 19,7 miliardi. Nessun raddoppio quindi, ma lo spostamento da una parte all’altra di risorse già presenti nella precedente versione del Recovery Plan e un’aggiunta di 4,7 miliardi” prosegue Aceti. “I 19,7 miliardi restituiscono al Servizio Sanitario Pubblico solo la metà dei circa 40 miliardi di euro di mancati incrementi subiti dal fondo sanitario negli ultimi dieci anni per garantire il famoso equilibrio di finanza pubblica richiesto dalle diverse manovre che si sono succedute negli anni. Un rifinanziamento, in parte, di alcune voci fino a oggi sottostimate e lasciate alla spesa privata, non un investimento per un nuovo modello”.

Le politiche per la salute, passato e presente a confronto
L’ultima occasione di finanziamento di un programma straordinario di investimenti in edilizia e tecnologie sanitarie risale a più di 30 anni fa con l’art. 20 della Legge 67/1988, con uno stanziamento iniziale, solo da parte dello Stato, pari a ben 15,5 miliardi di euro (i 30mila miliardi di lire), gli attuali 34,4 miliardi a parità di potere di acquisto, praticamente quasi il doppio rispetto ai 19,7 miliardi destinati anche ad altre esigenze che potrebbero arrivare dall’Europa e che rappresentano il 57% delle risorse decise 33 anni fa per i soli ospedali (quest’ultime allocate su arco temporale più lungo rispetto a quello del PNRR). Il fabbisogno iniziale di risorse stimato dal Ministero della Salute per gli interventi di edilizia sanitaria in vista della prima stesura del Recovery plan ammontava a 34,4miliardi, di cui 14 miliardi per adeguamenti sismici e antincendio. Invece il Recovery plan poi approvato dal Consiglio dei Ministri assegna per la sicurezza degli ospedali 5,6 miliardi per realizzare 675 interventi di antisismica entro il 2026. Inoltre, mentre il Recovery Plan parla di “675 interventi”, che potrebbe significare anche una molteplicità di interventi per una stessa struttura sanitaria, nel 2013 la relazione conclusiva della Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del SSN (Servizio sanitario nazionale) segnalava come le strutture che necessitavano di una pluralità̀ di interventi di messa in sicurezza non fossero meno di 500.

Politiche per la salute, i servizi territoriali
Per il rafforzamento dei servizi territoriali e per una migliore presa in carico delle persone con fragilità (cronicità, non autosufficienza, disabilità, ecc.) vengono destinati, attraverso il Recovery Plan, 7,9 miliardi in sei anni, di cui circa 1 miliardo all’assistenza domiciliare. Una cifra insufficiente a coprire gli oltre 17 miliardi l’anno di spesa privata delle famiglie per l’assistenza sanitaria a lungo termine, assistenza domiciliare e assistenza ambulatoriale per cura e riabilitazione, certificata dalla Corte dei conti.

Le previsioni delle politiche per la salute nei prossimi anni
A rendere il quadro ancora più serio è il combinato disposto con la Legge di Bilancio 2021: infatti, se nel 2022 l’incremento del finanziamento del SSN è pari a 822,870 milioni di euro, già nel 2023, 2024 e 2025 questo si riduce a 527,070 milioni di euro per ciascuno degli anni, mentre a decorrere dal 2026 è pari a 417,870 milioni di euro l’anno. Dal 2023 sale nuovamente in cattedra la razionalizzazione della spesa (spending review- comma 404 L. 178/2020), che negli anni passati è stata confusa e declinata con un vero e proprio razionamento della spesa, dei servizi sanitari e dei diritti dei pazienti. E anche grazie a questo il SSN si è presentato alla sfida con la pandemia da Covid-19 impreparato, con i fondamentali non in ordine, con pazienti non-Covid costretti a diventare gli esodati del SSN e con numero di decessi di pazienti Covid purtroppo tra i più alti in assoluto.

Politiche per la salute, il nostro Servizio sanitario alla prova del Covid-19
Messo alla prova, dopo tanti anni di politiche per la salute considerate come fanalino di coda, il nostro SSN in questo periodo di crisi pandemica ha portato ai seguenti risultati:

  • L’Italia è tra i Paesi con più alto tasso di mortalità per Covid-19: 107,5 decessi per 100mila abitanti (dato relativo a dicembre 2020);
  • durante il primo lockdown il SSN ha fortemente ridotto l’assistenza ai pazienti NON Covid:
    • -34 milioni di ricette rispetto al 2019 (-58%);
    • -13,3 milioni di prestazioni per accertamenti diagnostici;
    • -9,6 milioni di visite specialistiche;
    • -40% di ricoveri: circa 309 mila ricoveri, di cui 230.428 chirurgici;
    • -700.000 ricoveri ca. nei reparti di medicina interna, di cui il 56% relativi a pazienti cronici;
  • nel 2019 rapporto tra spesa sanitaria pubblica e PIL pari al 6,5% (NADEF 2020); nel 2017 era pari al 6,6%, un valore inferiore di circa tre punti percentuali a quella in Germania (9,6%) e Francia (9,5%), di un punto percentuale rispetto al Regno Unito, e di poco superiore a quella di Spagna (6,3%), Portogallo (6,0%) e Repubblica Ceca (5,8%);
  • nel 2018, l’Italia è ottava nella classifica che analizza la percentuale della popolazione adulta dell’UE-27 con esigenze insoddisfatte di visita medica. Tra i maggiori paesi europei è quella con il dato peggiore;
  • nel 2018 l’Italia ha 8 regioni inadempienti rispetto all’erogazione dei LEA (livelli essenziali di assistenza), con maggiore criticità nell’assistenza territoriale;
  • nel 2018 (ultimo Annuario SSN pubblicato dal Ministero della Salute), gli interventi in Assistenza domiciliare integrata dedicati ad anziani e pazienti terminali è aumentato considerevolmente, ma non il personale che li ha eseguiti: le ore dedicate a ogni intervento sono calate in media 2 ore a prestazione con punte fino a oltre 60;
  • negli ultimi otto anni, dal 2010 al 2018, il personale sanitario è calato di oltre 42.000 unità per colpa dei blocchi del turn over legati alla spending review. In particolare ci sono oltre 500 medici e quasi 8.000 infermieri in meno, le due figure che di più sono coinvolte nell’ADI (assistenza domiciliare integrata).

Le politiche per la salute e le risorse che occorrerebbero
Una soluzione ci sarebbe e il presidente Aceti la spiega a chiare lettere: “Maggiori risorse per il SSN, orientate a garantire la sicurezza di tutte le strutture sanitarie, un maggiore accesso alle cure, il rafforzamento e l’innovazione dei servizi sociosanitari territoriali, l’ammodernamento tecnologico, il rafforzamento del personale sanitario e la riduzione delle disuguaglianze. Per noi rappresentano ‘debito buono’ e un investimento ad ‘alto rendimento’ per il Paese in termini di salute, coesione sociale e crescita economica. Le future generazioni hanno diritto ad un Servizio Sanitario Nazionale più forte, moderno, accessibile, equo, solidale e di prossimità, in grado di entrare nelle case delle persone. Non sprechiamo questa occasione che l’Europa ci mette a disposizione”.

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