di Mariangela Giusti, Docente di pedagogia interculturale all’Università di Milano Bicocca
In una scuola pubblica di Manhattan, situata nelle vicinanze della grande Stazione del traghetto per Staten Island, il team di docenti e genitori (dopo un periodo di dibattiti e riflessioni durato alcuni mesi ) ha preso la decisione di abolire di compiti a casa. Chi ha sostenuto questa scelta ha portato l’argomentazione che i troppi compiti a casa possano creare delle disuguaglianze perché favoriscono i bambini seguiti da genitori colti e preparati. Questa notizia, che riguarda una scuola primaria così lontana da noi, ha avuto una certa eco sulla stampa nazionale italiana perché ha rappresentato l’occasione o il pretesto per riprendere un argomento che interessa l’opinione pubblica. In Italia c’è in effetti una Circolare Ministeriale del 1969 (mai abrogata) che riguardava il “riposo festivo degli alunni e i compiti scolastici da svolgere a casa”. Il ministro della Pubblica Istruzione di allora e i suoi consiglieri ritennero che nelle giornate festive e nel pomeriggio del sabato le famiglie italiane avevano l’unico momento per riunirsi e stare insieme, pertanto non dovevano essere assegnati compiti a casa per il giorno successivo a quello festivo.
Non so quante scuole (primarie e soprattutto secondarie) ancora applichino questa Circolare. Oramai, con la legge sull’autonomia, gli istituti scolastici si differenziano per molte cose con la finalità giusta di rispondere ai bisogni formativi dei vari territori e delle varie utenze scolastiche. Nonostante ciò, la notizia della decisione presa nella scuola di Manhattan induce a riflettere su questa tematica. Infatti sui giornali sono stati ascoltati i pareri di diversi esperti.
Una prima cosa da sottolineare è che quando i ragazzi frequentano una scuola a tempo pieno i compiti a casa non ci devono essere: gli allievi fanno già un numero notevole di ore di scuola, laboratori, attività formative: dunque sarebbe davvero eccessivo prevedere altri carichi didattici. Quando invece la scuola frequentata termina all’ora di pranzo o alle 14,00/14,30 è bene che qualche compito domestico venga assegnato, senza mai esagerare. Quasi tutti i ragazzi hanno attività varie nel pomeriggio (lo sport, la danza, la musica…) tutte utili alla formazione della loro personalità (fisica e psichica) . Per questo è importante è che i compiti assegnati non siano eccessivi e che possano essere svolti dai ragazzi con la consapevolezza che lo svolgere quei compiti rafforza ciò che è stato spiegato e “raccontato” a scuola –la mattina- dall’insegnante o le attività di gruppo fatte coi compagni.
Dunque sia che i compiti vengano svolti in totale autonomia, sia che vengano svolti con l’aiuto di un nonno, di un genitore o di una persona esperta che affianca il bambino o la bambina credo che le finalità importanti da tenere presenti nello svolgimento dei compiti a casa siano due.
La prima è acquisire un metodo. Che significa? Significa che nelle ore del pomeriggio (indicativamente: dalle tre alle sette) il bambino o il ragazzo deve gradatamente prendere l’abitudine di dedicare mezzora/un’ora a fare quei pochi compiti che l’insegnante gli ha assegnato, non vedendo ciò come una punizione né un carico eccessivo, ma come un proprio piccolo dovere. Ciò significa tante cose: riprendere in mano i libri e i quaderni, rimettere in ordine la cartella, l’astuccio, guardare il diario, fare un disegno….tutti piccoli gesti, ma significativi per costruirsi un’identità sempre più autonoma.
La seconda cose è acquisire il gusto di applicarsi alle materie. Si può giocare con gli amici, si guarda la televisione, si scende in cortile, ma poi c’è la mezzora/l’ora nella quale si fanno sì i compiti, ma anche si sviluppa il gusto tutto personale di rivedere e rileggere una pagina di sussidiario (poi, con le scuole medie, diventerà una pagina di epica o una pagina del libro di storia).
Se il ragazzo non può essere seguito da persone di casa (perché i genitori non hanno le competenze o non hanno il tempo e i nonni non ci sono) è positivo anche affiancargli una persona in grado di dargli una mano (un’insegnante o una studentessa universitaria) sia per sostenere eventuali difficoltà (se ci sono), sia (soprattutto) per aiutarlo nelle due finalità appena dette. Per molti motivi infatti, non sempre infatti la scuola riesce a motivare tutti i ragazzi allo stesso modo, non sempre riesce a trasmettere a tutti i ragazzi un metodo che indirizzi ciascuno all’autonomia; non sempre riesce a trasmettere a tutti i ragazzi allo stesso modo il gusto d’imparare e di mettersi alla prova. Dunque: fare le lezioni velocemente, riuscire a concentrarsi sui compiti da svolgere in quella mezzora o in quell’oretta, essere soddisfatto di un lavoro concluso bene (sia se svolto interamente da solo, sia se svolto con l’attenzione competente di qualcuno) sono tutte azioni fortemente motivanti per un ragazzo o per una ragazzina in crescita. Dunque, sì: ben vengano un po’ di compiti, da fare con leggerezza e semplicità, nel giusto spazio e nel giusto tempo, in base all’età.