Pensioni

Cassa Integrazione – GIG ordinaria e straordinaria

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Come ricorrere alla CIG in deroga

Le imprese in questo caso devono presentare alla Regione competente, entro 20 giorni dalla sospensione dal lavoro o dalla riduzione dell’orario di lavoro, una domanda alla quale va allegato il verbale di accordo sindacale nonché l’elenco dei lavoratori che si intendono porre sotto cassa integrazione in deroga. Sarà la Regione ad approvare la domanda e a girare la documentazione all’INPS. Una volta autorizzato dalla Regione con decreto di concessione, per poter pagare il contributo l’imprenditore deve presentare una richiesta direttamente all’INPS, compilando il modello IG/15 in deroga, e inviandolo per via telematica. Se si vuole che il lavoratore venga pagato direttamente, si deve inviare sempre telematicamente il modello IG/Str/Aut al termine di ogni periodo di paga.
Una volta avviata la pratica, sarà l’INPS a comunicare direttamente con la Regione e ad inviarle la documentazione informativa per via telematica. È bene comunque che l’imprenditore tenga sotto controllo la situazione.
Nel caso in cui l’impresa operasse in più regioni e dunque dovesse ricorrere alla cassa integrazione per i propri dipendenti dislocati in varie parti d’Italia, allora la domanda andrà presentata al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e precisamente alla Direzione Ammortizzatori Sociali e incentivi all’occupazione.
A questo tipo di cassa integrazione le imprese possono ricorrere anche quando non possono più ricorrere agli interventi ordinari, ovvero non possono più concedere, per raggiungimento del limite massimo, le indennità di disoccupazione ai lavoratori sospesi.
I lavoratori devono avere un’anzianità lavorativa di almeno 90 giorni nel momento in cui l’imprenditore richiede per essi la CIG in deroga. Inoltre, i lavoratori devono essersi resi disponibili a riprendere il lavoro in qualsiasi momento o a seguire dei corsi di riqualificazione professionale. Ciò si fa per mezzo della compilazione di un modello DID (Dichiarazione Immediata Disponibilità al lavoro).

La crisi dell’edilizia

g1In questo periodo di crisi economica internazionale, anche in Italia sono molte le aziende ad aver fatto ricorso alla cassa integrazione. Dagli ultimi dati forniti dall’INPS, emerge che il settore che vi ha fatto ricorso maggiormente, e dunque quello che possiamo ritenere più in crisi, è quello edile; forse perché i prezzi delle costruzioni continuano a salire ed essendo il settore maggioritario in Italia, c’è molta concorrenza.
Il costo della mano d’opera infatti continua a salire e costruire un fabbricato residenziale diventa un impegno gravoso.
A titolo informativo, secondo i dati diffusi dall’ISTAT, riportiamo che l’indice del costo di costruzione di un fabbricato residenziale nell’ultimo trimestre è aumentato del 2,2% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente e il costo della mano d’opera è aumentato del 2,6%.

econdo la CISL, i dati mostrano un preoccupante aumento del ricorso alla cassa integrazione nel mese di febbraio, il che significa che la situazione del settore edile è particolarmente critica e che si fa sempre più urgente l’esigenza di un nuovo accordo quadro tra Governo, Regioni e parti sociali. La CISL chiede che si varino nuovi incentivi mirati alla stabilizzazione, alle nuove assunzioni, alla formazione con l’obiettivo di ricollocare i cassa integrati aumentando le loro competenze grazie a corsi sia individuali che collettivi.

La Cassa integrazione in 2 Regioni italiane a confronto

Abbiamo scelto due Regioni d’Italia considerate tra le più “ricche” e produttive, allo scopo di tastare la situazione per vedere com’è l’andamento del lavoro rispetto al ricorso alla CIG.
In Friuli Venezia Giulia, il ricorso alla Cassa Integrazione è rimasto invariato il che non è un segnale positivo anche se dalla Regione ci fanno sapere che il dato invariato è quello di febbraio ma rispetto a gennaio, quando c’era stata una diminuzione nel ricorso a alla CIG.
In ogni caso i dati indicano che nel mese di febbraio sono state pagate circa 1 milione (precisamente 979.455) di ore di cassa integrazione totale. A salire è stato il ricorso alla CIG ordinaria, mentre è diminuita quello alla CIG straordinaria e, di poco, anche quello alla CIG in deroga. Il calo degli ordinativi (sancito dall’aumento del ricorso alla CIG ordinaria) dimostra che la ripresa rimane lenta e precaria, come ha dichiarato il consigliere regionale Paolo Populin.
In Friuli Venezia Giulia una grande azienda in particolare è in situazione critica e deve ristrutturarsi: la Zanussi Electrolux, che ha diverse centinaia di dipendenti i quali potrebbero presto ricevere i contributi della Cassa Integrazione – in particolare quelli impiegati negli stabilimenti di Pordenone.
In Toscana, l’altra Regione da noi considerata, la situazione è più grave. Qui i dati indicano che dopo un notevole aumento del ricorso alla cassa integrazione (a dicembre 2010 c’era stato un aumento del 59% di ricorsi alla CIG), a gennaio l’aumento è stato “solo” del 3,7%. La Regione è comunque ottimista, perché è la prima volta che l’aumento mensile è così basso. L’assessore regionale Simoncini parla di “primi segni di inversione di tendenza; anche se è ancora presto per parlare di svolta duratura. Possiamo pensare però, finalmente, di vedere qualche luce nel tunnel”. Motivo di tale ottimismo è il fatto che, accanto al dato della cassa integrazione, c’è quello dell’aumento degli avviamenti al lavoro e delle esportazioni. A fine 2010 ci sono stati infatti 11 mila avviamenti al lavoro in più rispetto al 2009 e la crescita del 13,6% dell’export nel terzo trimestre 2010 rispetto sempre al 2009.
Tornando alla Cassa Integrazione, in Toscana è quella ordinaria a registrare un calo importante (-60%) il che significa che gli ordinativi sono risaliti, soprattutto nel settore industriale secondo i dati.
Il ricorso alla cassa integrazione straordinaria è calato leggermente, ma il problema è che ad essere salito di molto è il ricorso alla cassa integrazione in deroga, aumentato del 140%.

Evitare il ricorso alla Cassa Integrazione

Naturalmente il ricorso alla CIG è un peso per le casse statali e dunque per i cittadini tutti. Per questo lo Stato e le Regioni lottano per evitarlo. Unica alternativa è che i lavoratori subordinati rinuncino alla cassa integrazione in quanto trovano un altro impiego e danno le dimissioni dal precedente. Spesso però l’ostacolo maggiore è la mancanza, da parte del lavoratore, di una conoscenza o di una competenza che lo metta in grado di intraprendere un lavoro diverso. Per questo motivo la formazione acquisisce un peso particolare.
Le nuove politiche occupazionali non possono fare a meno del ricorso alla formazione, con l’implementazione di corsi ad hoc che qualifichino o comunque aumentino il livello qualitativo delle competenze professionali in modo di rendere il lavoratore appetibile per un’altra azienda oppure edotto su come avviare un’attività in proprio.
La Regione Toscana, allo scopo di superare l’impasse, ha firmato un protocollo d’intesa con i consulenti del lavoro. Il fine è quello di rendere più efficaci le attuali politiche occupazionali, soprattutto mantenendo o riportando i lavoratori nel sistema produttivo.
Il protocollo è stato appena firmato dall’assessore alle attività produttive, lavoro e formazione Gianfranco Simoncini e dalla presidente della consulta toscana dell’Ordine dei consulenti del lavoro Gloria Cappagli.
I consulenti del lavoro si impegnano a ad instaurare rapporti con le aziende allo scopo di far conoscere loro tutte le iniziative messe in campo dalla Regione per favorire l’assunzione o la riqualifica dei lavoratori.
A muoversi saranno i quasi 2 mila iscritti all’Ordine dei consulenti, che forniranno informazioni in un territorio importante a livello imprenditoriale come quello della Toscana, che conta il più alto numero di micro e piccole imprese d’Italia.
Come ha dichiarato la presidente Gloria Cappagli, si tratta di “favorire un dialogo tra istituzioni e mondo del lavoro, al di fuori delle vicende immediatamente sindacali”.
Oltre a informare le imprese, la Consulta verrà sentita nelle fasi di elaborazione delle politiche lavorative allo scopo poterle far rispondere meglio alle esigenze reali delle imprese e dei lavoratori.
Quello della Toscana è un passo importante al quale si spera diano seguito anche le altre realtà politiche a livello nazionale. In questo modo ci sarebbe un quarto anello nella catena degli organismi da ascoltare prima di prendere decisioni che coinvolgono il futuro dei lavoratori e delle aziende italiane.

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