Tabacco: regole e mercato

Uscito il nuovo rapporto Censis sul mercato legale del tabacco in Italia sul consumo di sigarette nell’ultimo quinquennio: normativa, trend della domanda e percezione del rischio per la salute, effetti fiscali, filiera e incidenza del contrabbando

La ricerca ha analizzato, attraverso dati statistici, la risposta del mercato alle norme di regolazione in materia di tabacchi lavorati in Italia e ha previsto tra l’altro un’indagine condotta su un campione di 1000 residenti in Italia, rappresentativi per sesso, età, area geografica ed abitudini di consumo.

L’obiettivo delle interviste era comprendere gli orientamenti dell’opinione pubblica in relazione alle leggi che regolano il mercato del tabacco in Italia. Durante il convegno di pubblicazione dei risultati, svoltosi questo ottobre a Roma, presso la fondazione Civita, è stato presentato anche uno studio economico sull’elasticità della domanda di tabacchi in Italia realizzato per la fondazione Bruno Visentini dal CASMEF (Centro Arcelli per gli studi Monetari e Finanziari) della Luiss “Guido Carli” di Roma.

Il consumo del tabacco e il gettito erariale secondo il rapporto Censis: un “buon esempio italiano” nel contesto europeo?

Dall’analisi economica, commissionata al Censis da British American Tobacco, emerge in primo luogo la centralità del commercio legale dei tabacchi lavorati nel sistema fiscale italiano: questa voce, in crescita costante nell’ultimo ventennio, apporta attualmente alle finanze pubbliche circa 14 miliardi di euro l’anno, mentre le stime sembrerebbero confermare che i consumi effettivi di sigarette nel nostro paese diminuiscono e che il contrabbando è in sostanza emarginato.

L’Italia si presenterebbe quindi, in questo settore, come il fiore all’occhiello dell’Europa, con una legislazione intelligente, capace di far fronte alla domanda di tabacco, di incanalarla positivamente e di produrre anche la riduzione del consumo.

Diversa appare, secondo le stime del Censis, la situazione di altri paesi dell’Unione, dove strategie fiscali più aggressive si rivelerebbero controproducenti sia per l’erario che per i cittadini: in Francia l’aumento repentino dei prezzi sembra aver avuto come effetto la crescita degli acquisti oltre frontiera, e in Irlanda le politiche regolative hanno prodotto l’incremento significativo del contrabbando, arrivato a coprire il 14% del mercato secondo le stime ufficiali (Irish Tax and Customs). In entrambi i casi si è registrato un evidente indebolimento del gettito fiscale e un livello di consumi sostanzialmente invariato, con maggiori rischi per la salute: le sigarette illegali, infatti, sfuggono ai controlli imposti dalla normativa sanitaria del settore, e spesso sono importate da paesi extraeuropei.

La domanda di tabacco in Italia nell’ultimo quinquennio secondo lo studio LUISS: luci e ombre dell’apparente riduzione del consumo

La ricerca del CASMEF, commissionata anch’essa da British American Tobacco, ha preso le mosse dal dato ufficiale delle vendite legali di sigarette in Italia, che ha registrato una flessione del 2.4% nel 2010 rispetto al 2009, confermando il trend che nel periodo 2005-2010 ha ridotto di quasi 6 miliardi il numero di sigarette vendute ogni anno. Tale riduzione appare legata al progressivo e costante aumento dei prezzi del tabacco lavorato negli ultimi anni, e fa stimare il valore dell’elasticità della domanda intorno all’unità. In altri termini, se il prezzo delle sigarette legali aumenta del 10%, c’è un 10% di consumatori che sceglie di non acquistarle più: il rapporto tra ricavi e spesa, pertanto, resta invariato, mentre il gettito erariale diminuisce di circa 130 milioni di euro per ogni punto percentuale di diminuzione del volume complessivo di vendite legali.

Nel contempo, è necessario comprendere cosa accade ai consumatori che escono dal mercato: si potrebbe pensare che scelgano di smettere di fumare, o di ridurre il consumo medio, ma le stime dell’Istituto Superiore di Sanità, sostenute dall’indagine annuale Doxa, indicherebbero che la quantità di sigarette fumate in Italia non ha subito sostanziali flessioni negli ultimi 5 anni.

Prodotti alternativi e contrabbando: un pericolo per il sistema paese

I consumatori, quindi, non rinunciano a fumare, ma scelgono canali alternativi: i dati dei consumi medi confermano questo spostamento della domanda verso altri prodotti del tabacco, in particolare a favore del tabacco sfuso, che ha conosciuto, dal 2007 ad oggi, un incremento del consumo pari al 25% medio annuo, con una punta del 30% nel 2010.

I conti, però, non tornano ancora: i circa 366.000 kili di tabacco sfuso venduto ogni anno coprirebbero infatti solo il 20-25% dei consumi legali di sigarette persi negli ultimi anni. Questo induce a credere che il restante 75-80% esca dal mercato legale per confluire nel contrabbando: secondo il Rapporto Nomisma 2011 sulla Contraffazione delle sigarette in Italia, stilato sulla base dei sequestri della guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate, nel 2010 l’entità del commercio illecito di sigarette in Italia è stata pari a 2,8 miliardi di sigarette, equivalenti al 3,4% dei consumi legali, in crescita di 0,3 punti percentuali rispetto al 2009.

I danni all’impresa, alla filiera, all’erario e alla salute dei cittadini: la tutela per i soggetti deboli

La ricerca sembrerebbe sottolineare come una politica di regolazione improntata all’eccessivo inasprimento dei prezzi produca danni non soltanto all’erario, ma anche alle imprese che operano nel settore e alla filiera del tabacco: le risorse che il contrabbando sottrae ogni anno ad agricoltori, produttori e distributori sono stimati dal Rapporto Nomisma in circa 165 milioni di euro. Nelle tabaccherie di frontiera, l’incidenza maggiore del commercio illegale sottrae fino al 5% del giro di affari. Il Paese ne soffre in termini di competitività e occupazione, a tutto beneficio delle organizzazioni malavitose.

Anche la salute delle persone è sottoposta a un rischio maggiore: per il tabacco sfuso infatti, a differenza che per le sigarette commercializzate, non sono previsti limiti massimi ai contenuti di catrame, nicotina e monossido di carbonio, e i prodotti destinati al contrabbando sono ancora meno protetti. Nel contempo, a rischiare di più sono i soggetti deboli, individuati nei giovani e nelle donne: il netto risparmio che i prodotti alternativi consentono, infatti, attrae fortemente i baby fumatori, mentre l’aumento del consumo di sigarette di contrabbando e di tabacco sfuso da parte dell’utenza femminile minaccia danni ancora maggiori per la salute delle nuove generazioni.

Le opinioni degli italiani e i giudizi sulle politiche regolazione

Su questi temi il Censis ha interpellato gli italiani: il campione risulta complessivamente poco informato in relazione all’ampiezza del carico fiscale sul prezzo finale delle sigarette, e frammentato quanto al giudizio sulla consapevolezza, da parte dei fumatori, dei rischi sanitari connessi. Se quasi tutti gli intervistati definiscono “gravi” o “molto gravi” i pericoli per la salute, il 45,5% di essi valuta “insufficienti” le avvertenze sanitarie attualmente presenti sui pacchetti, mentre il 44,5% le giudica all’opposto “adeguate”, e solo uno sparuto 10% le dichiara “eccessive”.

Quanto alle politiche attualmente allo studio, l’eliminazione di marchi e colori dai pacchetti e il divieto di esposizione dei prodotti nelle tabaccherie vengono bocciati a grandissima maggioranza dal campione interpellato, che insiste piuttosto per una maggiore tutela rispetto al fumo passivo e nei confronti dei minori, con l’innalzamento a 18 anni dell’età minima per il consumo e maggiori sanzioni per i rivenditori che non verificano l’età degli acquirenti. In questo senso si è espresso anche Giovanni Carucci, Vice Presidente di British American Tobacco Italia e responsabile della funzione Corporate & Regulatory Affairs, che ha auspicato una regolamentazione in grado di ridurre il consumo, prevenire l’accesso di nuovi potenziali fumatori e proteggere i soggetti deboli senza danneggiare ulteriormente la filiera.

Laura Carmen Paladino

 

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