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Donne e archeologia. Dalla nostra inviata a Gerusalemme intervista esclusiva a Rachel Bar Nathan

Donne e Archeologia, Rachel Bar Nathan

Donne e archeologia. Dalla nostra inviata a Gerusalemme intervista esclusiva a Rachel Bar Nathan

Le ultime ricerche sul campo, il ruolo sempre più significativo delle donne e la difficoltà di fare l’archeologa, districandosi tra famiglia e lavoro: per il nostro giornale la voce di una valida studiosa, che ha curato la pubblicazione della ceramica restituita dai più importanti scavi archeologici in Israele, come quelli di Masada e di Gerico.

E’ praticamente primavera, a Gerusalemme: sole incontrastato e temperatura mite.
A margine di un suo incontro con i membri del Qumran Seminar, la missione italiana che sta curando la pubblicazione di uno degli scavi più importanti del secolo scorso, abbiamo incontrato Rachel Bar Nathan, nota archeologa e ricercatrice. Ci regala tanto entusiasmo, allegria, orgoglio per quello che fa.

Per tutte noi e per le nostre lettrici una testimonianza autorevole, di studiosa, donna e madre, che loda la ricerca italiana all’estero e sottolinea come si possano conciliare lavoro e famiglia, senza rinunciare ai propri sogni, e anzi realizzandoli proprio tutti.

 

Cosa pensa della ricerca cui è dedicato il Qumran Seminar?

E’ una ricerca molto importante. Penso che sia molto utile il fatto che questo studio si svolga in team. E’ molto buono essere un gruppo: è possibile discutere, questo rende le cose più veloci che in altri casi. Qumran (il sito archeologico presso il quale sono stati rinvenuti i famosi rotoli del Mar Morto, n.d.r) è uno scavo veramente importante, e per questa ragione deve essere pubblicato.
Altra cosa molto significativa è che i membri della missione siano tutti abbastanza giovani. Rispetto alla materia, io penso che questa età possa contribuire a dare un’altra visione alla linea tradizionale di pensiero. Tutto ciò è molto importante, e d’altra parte è evidente che c’è un team che vuole pubblicare; è una svolta significativa, ne avevamo bisogno.

Cosa pensa del fatto che i componenti del team abbiano differenti competenze e campi di indagine, non esclusivamente archeologici?

Anche questo è molto importante, perchè in questo modo si possiede un ampio spettro, una visione completa delle cose; con questo approccio non si lavora esclusivamente sulla tipologia dei materiali, ma su differenti aspetti, che rendono il quadro più completo: è una cosa molto arricchente. Se si hanno altri campi di indagine si può anche avere uno spazio più ampio di discussione, e si può rendere questa stessa discussione più interessante, più valida.

Donne e archeologia: potrebbe darci una sua opinione su questo difficile connubio?

In quest’epoca storica il ruolo delle donne in archeologia si fa sempre più importante, esse sono molto coinvolte nella ricerca sull’antico. Sempre più spesso hanno scavi indipendenti o sono responsabili di missioni archeologiche, sono capaci di affrontare questa materia come gli uomini; tuttavia è difficile entrare in questo campo, soprattutto per le donne. Nel lavoro ci sono molti uomini, molti operai sono uomini, è difficile relazionarsi con loro.
Bisogna ricordare quali siano le difficoltà del lavoro, perchè può anche essere facile, soprattutto per un uomo, fare archeologia sul campo, ma poi c’è la pubblicazione, e pubblicare richiede molto lavoro e molta dedizione. E’ un lavoro duro, ma soprattutto le donne lo fanno: per questo si impongono, alla fine.

Ci racconti la sua storia professionale

Per quanto riguarda la mia carriera personale, io ho cominciato come assistente del Professor Ehud Netzer (uno dei più validi archeologi in Israele, responsabile di diversi scavi importanti, recentemente scomparso, n.d.r.); questi era un architetto, e mi chiese di occuparmi della ceramica che veniva ritrovata nelle sue missioni archeologiche. Così io cominciai a partecipare ai suoi scavi. Nell’89 ho coordinato gli scavi di Bet Shean (uno tra i siti archeologici più importanti di Israele, n.d.r.). E’ stato un grandissimo progetto, che ha coinvolto un numero altissimo di operai. Abbiamo fatto i restauri, e io ho ricoperto lo stesso ruolo di un uomo. In quel contesto tu devi essere, e sei, uguale ad un uomo: è qualcosa che per gli uomini è molto più facile, mentre le donne non nascono così, devono guadagnarselo, devono lavorare duro per questo.

Rachel Bar Nathan, Archeologa

Lei è moglie e madre: come si concilia il suo ruolo in famiglia con impegni così importanti dal punto di vista professionale?

Certamente è un duro lavoro, soprattutto se sei sposata e se hai figli. E’ giusto che tu ti dedichi con passione agli scavi, ma nello stesso tempo devi, e vuoi, essere devota ai tuoi figli. Devi decidere se far prevalere i figli sul lavoro, o se la cura dei figli deve subire una battuta d’arresto per il lavoro. Le modalità con cui gestire questi due aspetti della vita dipendono dalle scelte della donna: comunque, senz’altro questa è una decisione obbligatoria solo per le donne, non per gli uomini.
Io ho deciso di fare entrambe le cose: significa che è possibile, ma non è facile. La ricerca è qualcosa di serio, non può essere messa da parte, ma se insisti, è anche possibile che tu trovi qualcuno che ti aiuti a pubblicare, e ciò ti consente di ritagliarti spazi maggiori per la famiglia. D’altra parte, anche se c’è molta gelosia nel nostro campo, penso che se tu realmente vuoi pubblicare e sei seria nel tuo lavoro, alla fine otterrai il risultato. Tuttavia non nascondo che è difficile, per le donne è veramente difficile.

Come è la situazione delle donne archeologhe in Israele?

Un numero sempre maggiore di donne partecipa a scavi archeologici, anche afferenti a grandi progetti: quello che succede in Israele oggi è che ci sono più donne che uomini che si occupano di archeologia. Penso che sia un problema anche economico: da questo campo non si guadagna molto, come da altre materie, per questo gli uomini preferiscono sceglierre altri settori e impiegarsi in essi, per esempio molti si dedicano all’hi tech. C’è pertanto un cambiamento in campo archeologico: non so negli altri paesi, ma in Israele le donne sono ormai molte.

A suo avviso quanto è difficile essere un archeologo, anzi, una donna archeologa, in Israele?

Non so se è più difficile, non ho elementi di comparazione con altri paesi. Certo non è facile, ma non è difficile. Se vuoi, e sei brava, lo potrai fare.
Il punto è: cosa significa brava? Quando sei sullo scavo non sei un ricercatore, sullo scavo devi fare il lavoro, devi conoscere la situazione, non è così ovvio che tu sia addentro a tutti gli aspetti tecnici, che invece devi conoscere. Nella mia esperienza, però, dato che io ho figli, io non posso essere uguale al mio partner, dedicare lo stesso tempo: in qualche modo devi pagarla questa cosa. Normalmente comunque se entri nello scavo e sei bravo hai dei risultati positivi.
Non conosco come sia la situazione in Italia, ma mi sembra di capire che nel contesto culturale, storico, archeologico e letterario siamo in tante: conquisteremo il mondo.

Sorride, ci saluta, ci convince: conquisteremo il mondo!

Laura Carmen Paladino

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