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Piano d’azione della Commissione Europea per il sostegno alle imprese

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Piano d’azione della Commissione Europea per il sostegno alle imprese

Presentato il 9 gennaio dal Vicepresidente della Commissione Europea Antonio Tajiani, un piano che intende rivoluzionare la cultura imprenditoriale in Europa

Per “sprigionare le potenzialità imprenditoriali dell’Europa” allo scopo di ripristinare la crescita e tornare a livelli più elevati di occupazione, l’Europa ha bisogno di un maggior numero di imprenditrici e imprenditori. Sulla base di questo dato di fatto, il Piano d’azione affronta gli ostacoli che impediscono l’imprenditorialità e supporta in particolare le donne e i giovani.

Come è ormai risaputo, sono le nuove imprese, soprattutto quelle piccole e medie (PMI), a rappresentare la principale fonte di nuova occupazione in Europa, con 4 milioni di nuovi posti di lavoro ogni anno). Per questa ragione la Commissione Europea tende a sottolineare il ruolo fondamentale dell’istruzione e della formazione per far crescere nuove generazioni di imprenditrici e imprenditori e prevede misure specifiche a sostegno di quelli in erba tra i giovani, le donne, gli anziani, i migranti e i disoccupati.

 

Inoltre, il piano prevede misure ambiziose per favorire le start-up e la creazione di nuove imprese, agevolare il trasferimento di imprese, migliorare l’accesso ai finanziamenti e offrire una seconda opportunità agli imprenditori onesti dopo un fallimento di impresa.

Antonio Tajani vice presidente Commissione europea e resp per industria e imprenditoriaIl Vicepresidente Antonio Tajani, Commissario responsabile per l’Industria e l’imprenditoria, ha dichiarato: “diciamo le cose chiaramente: più imprenditori significano più posti di lavoro, più innovazione e più  competitività. Diventare imprenditore e concretizzare una propria visione comporta una buona dose di rischi e grandi sforzi a livello personale. Gli imprenditori sono gli eroi dei nostri giorni e l’imprenditorialità è il più potente fattore di crescita economica nella storia dell’economia. Il nostro obiettivo è quindi quello di far sì che diventare imprenditore sia una prospettiva attraente e accessibile per i cittadini europei. È questo il messaggio chiave del nostro piano d’azione. Se saremo in grado di liberare le potenzialità imprenditoriali dell’Europa riusciremo a riprendere il cammino della crescita”.

Il Piano nel dettaglio

Il primo passo da effettuare è quello che riguarda l’educazione all’imprenditoria come stimolo alla creazione di imprese. Ecco cosa prevede il piano al riguardo: Programmi di mini impresa nella scuola secondaria. Quasi il 20% degli studenti che partecipano a un programma di mini-impresa nella scuola secondaria avvierà poi una propria impresa: cifra questa che corrisponde a quattro/cinque volte quella valida per la popolazione generale. Di conseguenza, la formazione all’imprenditoria nell’ambito dell’istruzione superiore può stimolare la creazione di imprese high-tech e ad alta crescita grazie al sostegno offerto agli ecosistemi imprenditoriali, ai partenariati e alle alleanze industriali.

Il piano indica anche sei ambiti chiave in cui occorre intervenire per creare un ambiente favorevole alla crescita e alla prosperità delle imprese:

  • 1) Accesso ai finanziamenti: oltre al rafforzamento degli strumenti finanziari esistenti, la Commissione propone la creazione di un mercato europeo della microfinanza e la semplificazione della fiscalità per consentire alle PMI di ottenere finanziamenti mediante investimenti diretti privati (ad esempio, mini obbligazioni, crowd funding, investimenti dei business angels).
  • 2) Sostegno nelle fasi cruciali del ciclo vitale dell’impresa:  dal momento che circa il 50% delle imprese fallisce nel corso dei primi cinque anni, gli Stati membri devono destinare maggiori risorse per aiutare le nuove imprese a superare questo periodo difficile, grazie ad esempio alla formazione degli amministratori, al tutoraggio in tema di R&S, alla costituzione di reti con i pari e con i fornitori e clienti potenziali.
  • 3) Sprigionare le nuove opportunità imprenditoriali dell’età digitale: le PMI crescono a un ritmo da due a tre volte più celere quando adottano le TIC. Un maggiore sostegno alle start-up stabilite sul web e al rafforzamento delle competenze in questo campo può aiutare sia gli imprenditori digitali che le imprese più tradizionali.
  • 4) Agevolare il trasferimento di imprese: ogni anno circa 450 000 imprese con 2 milioni di dipendenti vengono trasferite a nuovi proprietari all’interno dell’Europa; ciò comporta, secondo le stime, una perdita di circa 150 000 imprese e 600 000 posti di lavoro. La Commissione propone di espandere i mercati per le imprese e di eliminare gli ostacoli ai trasferimenti transfrontalieri di imprese.
  • 5) Seconda opportunità per gli imprenditori onesti dopo un fallimento: la stragrande maggioranza (96%) delle bancarotte è dovuta ad una ricorrenza di pagamenti tardivi o di altri problemi pratici. Il “secondo tentativo”, tuttavia, ha più successo. La Commissione ha quindi proposto di spostare l’attenzione dalla liquidazione verso una nuova impostazione che aiuti le imprese a superare le difficoltà finanziarie.
  • 6) Semplificazione amministrativa: la Commissione continuerà a perseguire con determinazione la riduzione dell’onere normativo.

La Commissione intende poi promuovere l’imprenditorialità fra gruppi specifici della popolazione e in particolare: donne, anziani, migranti.
Per quanto riguarda le donne, esse vanno incoraggiate a sviluppare le proprie potenzialità imprenditoriali: il fatto che le donne rappresentino solo il 34,4% dei lavoratori autonomi in Europa indica che occorre loro un maggior incoraggiamento e un maggiore sostegno per diventare imprenditrici.
Gli anziani – spesso imprenditori in pensione – dispongono di un know-how prezioso che andrebbe trasferito alle future generazioni affinché sia per esse più agevole avviare un’impresa.
I migranti, che si trovano spesso ad affrontare difficoltà sul mercato del lavoro, potrebbero avere un’opportunità preziosa per l’emancipazione economica e la propria inclusione nella società ospite grazie all’avvio di un’attività autonoma. 

Per quanto riguarda i disoccupati, il Piano prevede nei programmi di sostegno alla creazione di imprese: azioni di formazione, servizi di consulenza e tutoraggio.

Ora che il Piano è stato redatto, La Commissione intende collaborare strettamente con gli Stati membri, le organizzazioni di imprese e le parti interessate per attuarlo.  Questa è la soluzione individuata per aiutare l’Europa ad uscire dalla crisi, ma ora bisogna predisporre una tabella di marcia che fissi gli obiettivi specifici e le relative scadenze allo scopo di conseguire risultati concreti.

Nonostante il desiderio degli europei (il 37% dei cittadini europei) e in particolare degli italiani (il 44% degli italiani) di avere un’attività in proprio, a frenare la realizzazione sono principalmente la paura di fallire e quella di non riuscire ad avere una rendita stabile.
Eppure si tratta di un enorme potenziale che, se fosse sfruttato, potrebbe portare all’aumento di  milioni di nuove imprese, che si aggiungerebbero agli attuali quasi 21 milioni di piccole e medie imprese (PMI) presenti nell’UE.

L’indagine Flash Eurobarometro “Entrepreneurship in the EU and beyond” (L’imprenditorialità nell’UE e oltre) presentata nella stessa occasione dal Vicepresidente Tajani, sottolinea anche che nel 2009 gli europei che desideravano avere un’attività in proprio erano più numerosi (il 45%, mentre in Italia erano il 51%). Ciò significa che negli ultimi tre anni questo numero si è ridotto del 20% in conseguenza dell’attuale situazione economica e del deteriorarsi delle prospettive commerciali.
Vi sono tuttavia ancora milioni di persone che considerano l’opzione di avviare un’attività in proprio, spinte dalla prospettiva dell’indipendenza personale, di un reddito maggiore e della libertà di scegliere il luogo e l’orario di lavoro.

Un nostro commento e una nostra denuncia

Questi fattori positivi vanno utilizzati perché rappresentano la principale via d’uscita dalla crisi economica internazionale e possono anche produrre soddisfazione a livello morale nei singoli individui. Un suggerimento che ci permettiamo di fare è quello di controllare, contestualmente, il peso fiscale sulle imprese, che andrebbe anch’esso coordinato a livello europeo per non produrre disparità di trattamento tra i cittadini di uno Stato membro e l’altro. Come sappiamo tutti benissimo, in alcuni Paesi – come l’Italia – la pressione fiscale sulle imprenditrici e gli imprenditori è altissima ed è accompagnata da un alto livello di burocratizzazione del sistema – e parliamo anche di una forma mentis dei dirigenti e degli impiegati di questo delicatissimo settore che non riescono a rendersi disponibili all’ascolto dei problemi dei singoli e spesso rendono vano ogni sforzo dei decisori politici di snellimento e semplificazione e di supporto alle imprese presenti e future.
Sono questi in realtà i principali ostacoli allo sviluppo dell’imprenditoria e di conseguenza a un sistema occupazionale adeguato. Auspichiamo pertanto che i buoni propositi diano buoni esiti ma soprattutto che riescano realmente ad arrivare fino alle singole imprenditrici e ai singoli imprenditori, dal momento che in realtà spesso si frappone, fra il dire e il fare, la piccola dirigenza locale alla quale viene dato – alla fine del percorso – il potere di eseguire o bloccare tali propositi. Troppo spesso infatti riscontriamo un barricamento dietro mentalità chiuse e una sorta di ostinazione a non voler capire che i tempi sono diversi e che i dipendenti e i piccoli dirigenti pubblici devono aiutare le imprese e non mettere loro i bastoni fra le ruote.
Così, mentre da una parte ci troviamo a dare tante buone notizie alle nostre lettrici e ai nostri lettori riguardo alle nuove iniziative, alle nuove opportunità, alle nuove leggi, alle nuove normative che entrano in vigore per sostenere le loro attività lavorative, dall’altra ci troviamo a toccare con mano una realtà quotidiana differente, di sofferenza e di mancanza di supporto da parte di chi dovrebbe darlo. Ciò alimenta, come abbiamo avuto modo di riscontrare, una sorta di sfiducia nelle iniziative istituzionali che vengono divulgate, dal momento che “sul campo”, ovvero direttamente a confronto con le singole realtà imprenditoriali e lavorative, non ci sono gli ideatori politici ma i piccoli rappresentanti locali delle istituzioni che spesso sono male informati e insofferenti nei confronti delle imprenditrici; piccoli rappresentanti istituzionali che magari si barricano dietro a circolari e superiori che a loro volta si barricano dietro altrettante circolari e superiori e così via all’infinito nel nostro particolare apparato burocratico.

Questa denuncia trova riscontro nelle decine di migliaia di piccole imprenditrici e imprenditori che tutti i giorni devono affrontare burocrati dalle mentalità ristrette che sembrano godere nell’impedire lo svolgimento delle attività imprenditoriali e professionali autonome.

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