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Costruzioni: sta per arrivare il DURT

Le imprese di costruzioni tremano, Confartigianato lo definisce un mostro burocratico che darebbe il colpo di grazia alle imprese, la CNA un cappio che soffoca artigiani e piccole imprese, ma il Documento Unico di Regolarità Tributaria continua la propria avanzata in Parlamento

C’era una volta l’autocertificazione. Ora verrà soppiantata dal DURT. E non si capisce perché ogni legislatura contraddice quanto avevano fatto e detto le precedenti in una sorta di corsi e ricorsi storici. A spese – ovviamente – delle imprese e dei contribuenti.

La burocrazia andrebbe combattuta strenuamente, invece in Italia si fanno un passo avanti e tre indietro in questo senso. Finora l’appaltatore (di solito una grande impresa che vince le gare multimilionarie) poteva chiedere al subappaltatore (di solito una piccola impresa di costruzioni che da sola non avrebbe la possibilità di partecipare ad alcuna gara) un’autocertificazione, in pratica una dichiarazione che l’impresa subappaltatrice non aveva debiti con il fisco. Da ora – o meglio prossimamente perché ancora non è entrata in vigore la legge – invece la piccola impresa dovrà fare il DURT, il certificato ufficiale che sancisce l’inesistenza di debiti con il fisco e nemmeno sanzioni o interessi scaduti. Lo prevede un emendamento all’art. 50 del D.L. 69/2013 (il cosiddetto Decreto del Fare) nel quale viene specificato che il DURT va presentato all’Agenzia delle Entrate e deve attestare “l’inesistenza di debiti tributari per imposte, sanzioni o interessi, scaduti e non estinti dal subappaltatore alla data di pagamento del corrispettivo o di parti di esso”. L’impresa appaltatrice non potrà pagare la piccola subappaltatrice finché non verrà acquisito il DURT dagli uffici pubblici provinciali dell’Agenzia (o sarà ritenuto responsabile solidale). Non solo: anche l’impresa appaltatrice non potrà ricevere dal committente il pagamento del dovuto se non presenterà questi certificati (sia il suo che quelli delle eventuali altre in subappalto).

Una lungaggine burocratica che fa dire ad Arnaldo Redaelli, Presidente di Confartigianato Costruzioni: “il Parlamento cancelli il Durt, un nuovo mostro burocratico che darebbe il colpo di grazia alle imprese di costruzioni. Un adempimento inutile e complicato che rischia di dare il colpo di grazia alle imprese del settore costruzioni alle prese con una crisi profonda che, nel 2102, ha provocato la perdita di 122.000 addetti e 61.844 aziende. Chiediamo al Parlamento che venga cancellato”.
Poiché le imprese appaltatrici e subappaltatrici, per poter essere pagate dai committenti, dovranno ottenere dall’Agenzia delle Entrate questo documento che attesta l’inesistenza di debiti tributari da parte dell’azienda, ci troviamo di fronte, sostiene ancora Redaelli, a “un meccanismo assurdo e kafkiano con il quale si chiede agli imprenditori di comunicare periodicamente al Fisco i dati delle buste paga per consentire all’Agenzia delle Entrate di accertare che le imprese sono in regola. Ed è tanto più incomprensibile poiché è inutile al fine di verificare il corretto versamento delle ritenute. L’obbligo per le imprese di versare le ritenute è indipendente dal diritto del contribuente di scomputarle dalla propria dichiarazione, una volta ottenuta la certificazione”.

E, come dicevamo in precedenza, anche Redaelli concorda sul fatto che questo nuovo certificato non fa che contraddire la volontà più volte dichiarata dal Governo di semplificare gli adempimenti a carico delle imprese e rischia di vanificare gli effetti degli incentivi varati dall’Esecutivo per gli interventi di ristrutturazione e risparmio energetico in edilizia. E aggiunge: “se il Parlamento non cancellerà questo adempimento, ne andrà del futuro delle nostre imprese”.

Dello stesso avviso anche la CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa), che definisce il Durt “un cappio che soffoca artigiani e piccole imprese  che non deve entrare in vigore”.
Il presidente di CNA Costruzioni, Rinaldo Incerpi, afferma: “il Durt mette definitivamente in ginocchio tutto il sistema delle costruzioni. E manderà sul lastrico decine di migliaia di imprese e di lavoratori, che si aggiungeranno alle 62 mila imprese edili chiuse nel 2012 con 122 mila addetti rimasti disoccupati. Va eliminato al più presto insieme alla responsabilità solidale in materia fiscale e negli appalti. Si tratta di adempimenti ingestibili per le imprese e la Pubblica amministrazione, inutili e oggi insopportabili”.
Anche Incerpi mostra tutta la propria delusione nei confronti del Governo che ancora una volta cambia le carte in tavola e dice: “siamo indignati: il Governo aveva promesso che il decreto del fare sarebbe stato uno strumento utile anche per avviare le attese semplificazioni burocratiche. Ci siamo trovati, invece, con un’autentica bomba a orologeria: ventuno adempimenti in più sulle spalle di artigiani e piccoli imprenditori della filiera edilizia per ottenere i pagamenti dovuti. In un momento in cui le imprese aspettano con  l’acqua alla gola il pagamento di miliardi di insoluti dalla pubblica amministrazione, questa invenzione rischia di incagliare tutta l’operazione pagamenti”.

La lotta promessa dalla confederazione rappresentata da Incerpi sarà dura: “combattiamo ogni giorno contro la crisi. L’edilizia ha pagato il prezzo più alto per numero di imprese che hanno chiuso e per lavoratori finiti in disoccupazione. Per questo non abbasseremo la guardia ma faremo tutti i passi necessari contro il Durt, senza escludere il ricorso a manifestazioni, fino a ottenerne la cancellazione. Sarà difficile per Governo, Parlamento e forze politiche rimanere insensibili”.
Lo speriamo, ma da qualche anno a questa parte sembra che i governi che si sono succeduti non abbiano mostrato grande sensibilità. E la crisi non si ferma.

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