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Lavoro e imprenditoria femminile: il progetto curato delle associazioni

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MDC (Movimento difesa del cittadino) e Codacons hanno realizzato il progetto “Dalle pari opportunità alla partecipazione protagonista” avviando un portale web, una campagna informativa e presentando i risultati dell’indagine sulla discriminazione di genere in Italia

Un progetto finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali che pone al centro dell’attenzione il lavoro femminile: dalle opportunità esistenti alla conoscenza delle leggi che lo tutelano fino ad affrontare il tema della difficoltà di accesso e delle disparità di trattamento tra uomini e donne. Un impegno durato 12 mesi durante i quali è stata anche svolta l’indagine sulla discriminazione di genere sul lavoro, nelle istituzioni, nella politica, nella società in genere. L’indagine è stata presentata il 9 giugno a Roma dalla responsabile progetti del Movimento Difesa del Cittadino, Livia Zollo, e da Matteo Luppi, ricercatore dell’Università di Roma Sapienza alla presenza di Gianluca Di Ascenzo, Vicepresidente Codacons, e di Antonio Longo, Presidente del Movimento Difesa del Cittadino, che hanno commentato i dati e accolto le proposte di altre associazioni presenti in sala per un proseguimento ed approfondimento del progetto, possibilmente coinvolgendo l’intero terzo settore creando così una rete informativa e di sensibilizzazione sul tema.

Un tema che in Italia – come denunciamo da anni – viene sottovalutato e ancora non affrontato in modo sistematico e organizzato, allo scopo non solo di porre in essere azioni a livello locale o a tempo determinato ma di far cambiare la mentalità alla società in cui siamo inseriti vedendo la questione per ciò che è: un problema culturale e non emergenziale.

MDC e Codacons hanno realizzato questo progetto dividendolo in 4 punti:

1) Lanciando, fin dall’8 marzo giornata della donna, la campagna informativa rappresentata dalla rete di sportelli Donna Protagonista in tutte le sedi d’Italia (guarda il video!). Lì le donne interessate troveranno materiale informativo e persone pronte a rispondere alle loro domande;

2) Aprendo un web portale contenente una banca dati con la normativa regionale, nazionale ed europea sul lavoro, le informazioni su come sfuggire alle truffe attuate nei confronti di chi cerca lavoro, le possibilità offerte dall’auto-impiego e i link alle associazioni che si occupano di lavoro e imprenditoria femminile;

3) L’indagine sulla discriminazione di genere in Italia ottenuta intervistando un campione composto per l’81,9% da donne e per il 18% da uomini;

4) L’indagine sulla discriminazione di genere ottenuta somministrando un questionario al terzo settore, ed esattamente ad un campione di 6 delle maggiori associazioni nazionali (Assoutenti, Movimento Consumatori, Confconsumatori, Konsumer Italia, Legambiente Onlus, SOS Telefono Azzurro Onlus).

Per quanto riguarda il primo punto, gli sportelli informativi sono 20, aperti ed attivi su tutto il territorio italiano; per sapere dove sono situati basta collegarsi al sito del MDC o del Codacons (difesadelcittadino.it e codacons.it). Oltre ad ottenere informazioni sul mondo del lavoro e sulle possibilità di tutela di quello femminile, ci si può rivolgere agli sportelli anche per denunciare situazioni di discriminazione di genere.

Le discriminazioni di genere possono essere denunciate anche online, grazie al portale web del secondo punto del progetto. Il portale opportunitadonna.org è principalmente però una banca dati legislativa che raccoglie tutti i principali incentivi all’occupazione in un’ottica di genere. Abbiamo chiesto a Federica Fondi, di MCD, che ha contribuito alla sua creazione, di spiegarci meglio di cosa si tratta: ascolta l’audioclip!


Ascolta qui l’intervista audio


Per quanto concerne l’indagine sulla discriminazione di genere in Italia, possiamo affermare che conferma quanto da noi denunciato più volte dalle pagine del nostro giornale telematico: disparità di accesso al mondo del lavoro; disparità di trattamento economico; disparità nelle possibilità di carriera. Queste sono le principali discriminazioni attuate nei confronti delle donne e rilevate dall’indagine di cui alleghiamo un estratto all’articolo.

I dati dell’indagine evidenziano come in Italia vengano discriminate sul lavoro 8 donne su 10 e mostra ancora una volta come l’Italia non sia un “Paese per donne”. Le mansioni dirigenziali e la rappresentanza politica sono saldamente in mano agli uomini e occorre ricorrere a leggi specifiche affinché vengano previste delle quota rosa; i trattamenti economici, lavorativi e sociali migliori per gli uomini rispetto alle donne, e anche qui occorre ricorrere alle leggi e dunque alle vie legali per essere tutelate. Ma in effetti poi vi si ricorre? La risposta nella maggioranza dei casi è no. L’indagine infatti è stata approfondita dai ricercatori in questo senso e si è scoperto che, al di là della percezione della discriminazione di genere che hanno gli intervistati, ci sono i casi rappresentati dall’esperienza diretta: il 78,6% delle donne intervistate e il 44% degli uomini ha ammesso di conoscere a livello personale, per averli subiti o per avervi assistito, casi di discriminazione di genere sul lavoro. Come si sono risolti tali casi? Molto male per le donne, anzi nella maggioranza dei casi (il 30%) non si sono risolti affatto e sono continuati.

conferenzaPerché? Per due semplici motivi: mancata conoscenza delle leggi a tutela delle lavoratrici e eccessiva onerosità – anche economica – delle procedure legali per l’avvio di una causa. Di tutto ciò evidentemente la parte di mondo del lavoro “maschilista” ne approfitta anche perché le donne che hanno provato a ribellarsi hanno dovuto sottostare a un cambiamento di mansione (24,9% dei casi) o subire un licenziamento (20,1% dei casi). Queste sono le maggiori forme di “risoluzione” dei casi di discriminazione emerse dall’indagine: solo l’11,8% ha deciso di adire alle vie legali e il 4,9% ha avuto il coraggio di denunciare la situazione ai media.

Per quanto riguarda il quarto punto del progetto, l’indagine all’interno delle associazioni, è emerso che nemmeno qui è riconosciuta l’importanza delle donne, la loro capacità organizzativa e lavorativa. Non vengono citate negli Statuti eventuali “quote rosa”, non vengono aperti uffici, dipartimenti o sportelli per le pari opportunità, non vengono affidati loro ruoli presidenziali, dirigenziali o di vertice. Una situazione che sta iniziando a cambiare ma per la quale ci sono ancora molti passi da fare. Naturalmente l’indagine ha toccato solo 6 associazioni, seppur tra le maggiori d’Italia, e – come è stato ribadito nelle conclusioni della sua presentazione – sarebbe il caso di allargarla, anche coinvolgendo l’intero mondo associativo italiano perché proprio da quest’ultimo dovrebbe partire la spinta all’applicazione di un’etica della parità dei diritti, visto che anche le donne sono cittadine, e cittadine assai attive.

pdf Scarica l’indagine!

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