Il Comitato di Indirizzo strategico di Fondimpresa, il più importante fondo interprofessionale per la formazione continua, composto dai vertici di Confindustria, Cgil Cisl e Uil, lancia alcune novità in materia di formazione in azienda. Lo scopo? Applicare nuove strategie per potenziare la formazione per imprese e lavoratori
di Daniela Molina
Datori e sindacati insieme per venire incontro ai lavoratori. La prima novità è quella di destinare, dal 1° gennaio 2015, al Conto Formazione l’80% della quota dei loro versamenti (che attualmente è pari allo 0,3% del contributo obbligatorio contro la disoccupazione). Lo potranno fare tutte le aziende aderenti a Fondimpresa, il più importante tra i Fondi interprofessionali per la formazione continua, al quale sono iscritte più di 170mila aziende e oltre 4,5 milioni di lavoratori.
Grazie a questa maggiorazione, si potranno rafforzare gli investimenti nella formazione dei lavoratori grazie ai progetti condivisi tra azienda e rappresentanze sindacali. Le aziende potranno accedere al fondo per attuare tali progetti e realizzare direttamente le attività formative.
La formazione continua permanente e l’aggiornamento professionale costante sono ormai indispensabili (e nella maggior parte dei casi obbligatori) per tutti i lavoratori e per la competitività delle aziende. In molti casi non si tratta nemmeno solo di competitività delle aziende ma anche di dare nuove opportunità a quelle in crisi e dunque ai lavoratori a rischio. Proprio per evitare alle aziende un sovraccarico economico, sono stati istituiti, con L. 388/2000, i Fondi interprofessionali per la formazione continua, che permettono alle imprese di offrire corsi di formazione ai propri lavoratori senza sostenerne i costi. I fondi sono “organismi associativi di diritto privato” e vengono aperti proprio in base agli accordi interconfederali stipulati “dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale” e alimentati con il contributo dello 0,3% in base alle adesioni delle imprese. La natura dei fondi è dunque privata, non si tratta di finanziamenti pubblici e tutte le imprese e gli stessi lavoratori possono aderirvi, su base volontaria. In pratica versano una quota delle proprie entrate per la propria formazione.
Poiché tutte le imprese private (dal 2009 anche quelle pubbliche) devono versare l’1,61% del monte salari come contributo obbligatorio contro la disoccupazione volontaria, e parte di questo contributo (lo 0,3%, L. 845/1978) deve essere destinato alla formazione dei lavoratori, alle aziende è stata data la possibilità di scegliere se destinarne una parte a un Fondo interprofessionale per la formazione continua. Questa opzione è stata data con il varo della L. 388/2000 ed è gratuita; può essere attivata o disdetta in qualsiasi momento.
Se si opta per l’adesione a un Fondo interprofessionale, non occorre fare versamenti particolari, nel senso che lo 0,3% va comunque all’INPS e sarà quest’ultima a girarne una parte al Fondo indicato dall’azienda.
La prassi è molto semplice dunque e permette ad ogni Fondo di ricevere, ciascun anno, risorse economiche proporzionali al numero dei lavoratori che occupa l’azienda che lo ha scelto. Tali risorse economiche vengono destinate al Fondo per finanziare la formazione delle imprese aderenti.
Tornando a Fondimpresa, che è stato scelto dal maggior numero di aziende e riceve da solo il 47% delle risorse dei Fondi interprofessionali, durante la riunione del comitato alla quale hanno partecipato il Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi e il Vicepresidente per le Relazioni industriali e Welfare Stefano Dolcetta, i Segretari Generali di Cgil e Uil Susanna Camusso e Luigi Angeletti e il Segretario Generale aggiunto Cisl Anna Maria Furlan, si è convenuto che, “alla luce del successo delle attività già svolte in tal senso, Fondimpresa, in presenza di specifici indirizzi concordati tra Governo e Parti Sociali, si pone l’obiettivo di predisporre il supporto finanziario per promuovere attività formative di accompagnamento rivolte al reinserimento delle persone che hanno perso il lavoro, alla riqualificazione dei lavoratori che beneficiano di ammortizzatori sociali, al primo inserimento dei giovani. Misure caratterizzate, come di consueto, da una forma sussidiaria rispetto all’intervento pubblico, da realizzare in autonomia e in conformità alle regole che governano il Fondo”.
I componenti del Comitato di indirizzo strategico hanno sottolineato che “il finanziamento di questi interventi presuppone ovviamente che il Fondo possa disporre integralmente delle risorse dello 0,30% versate dalle aziende aderenti, senza ulteriori prelievi come quello operato lo scorso anno dal Governo con il DL 54/2013, che contraddice l’intento di dare impulso alle politiche attive del lavoro”. Una critica che ha portato Confindustria, Cgil, Cisl e Uil a sottoscrivere, il 25 giugno scorso, un “Protocollo di Intesa su criteri e modalità per la condivisione, tra le parti sociali, dei piani formativi”, che aggiorna quello precedente, del 2008, anche per assumere come riferimento il Testo Unico sulla Rappresentanza dello scorso gennaio. Il protocollo, che alleghiamo all’articolo, entrerà in vigore il 1° ottobre 2014 e lo sarà fino al 31 dicembre 2017.
Il Fondo ha avuto un ritmo di crescita, sia di adesioni sia di attività, costante. Solo nei primi 5 mesi del 2014, poi, è aumentato del 6% rispetto alla fine del 2013. Giorgio Fossa, che ne è presidente, ha dichiarato: “in sette anni abbiamo significativamente promosso la formazione in azienda, sia in funzione dello sviluppo competitivo che di tutela dell’occupazione nelle imprese in crisi, finanziando con 1,9 miliardi di euro piani formativi per oltre 3,6 milioni di partecipanti”.
E ha sottolineato il ruolo avuto per le PMI poichè “ben il 70% delle aziende che hanno fatto formazione con i nostri finanziamenti ha meno di 50 dipendenti”.
Scarica il protocollo d’intesa