L’accesso al credito resta un fattore di discriminazione di genere
di Daria Contrada
Un alto tasso di lavoratrici autonome, a fronte di un gap nello sviluppo di nuove imprese ‘rosa’. E’ la fotografia dell’imprenditoria femminile scattata dall’Ocse nel suo ultimo rapporto ‘Le politiche per le pmi e l’imprenditorialità in Italia”.
Nel 2012 il tasso di occupazione femminile era pari a 54,7%, rispetto alla media Ocse del 64,6%; allo stesso tempo il numero di lavoratrici autonome è uno dei più alti in Europa: 15,9% rispetto alla media Ocse del 10%. Secondo l’Osservatorio sull’imprenditoria femminile, esiste un totale di 1,4 milioni di imprese registrate guidate da donne in Italia, che rappresenta una fetta del 23,5% dell’imprenditoria italiana. Dall’altro lato, i dati dell’Osservatorio mondiale sull’imprenditoria mostrano che il tasso di attività femminile è relativamente basso in Italia, pari al 3%. Se la forma contrattuale di lavoro autonomo può essere “parte della risposta al basso tasso di occupazione femminile”, il mancato sviluppo di nuove imprese evidenzia un gap tutto da colmare.
Quanto alla distribuzione territoriale, il centro-Sud è l’area con il maggior numero di imprenditrici. Il Molise si piazza al primo posto, con una percentuale di donne sul totale degli imprenditori pari al 30%, seguito da Basilicata, Abruzzo, Campania, Umbria e Calabria, Regioni con una percentuale di imprese ‘rosa’ superiore al 25% del totale, a fronte di una media nazionale del 23%. Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Veneto, tradizionalmente le Regioni più ricche, si attestano in fondo alla classifica, con percentuali di poco superiori al 20%. Secondo l’Ocse, l’elevato numero di imprese a conduzione femminile al Sud potrebbe essere legato alla “mancanza di opportunità lavorative alternative”.
Lo studio mette in risalto come le piccole e medie imprese siano la colonna portante, la “spina dorsale dell’economia italiana”: tale categoria rappresenta il 99,9% del totale delle imprese, l’80% dell’occupazione e il 67% del valore aggiunto, tra i valori più alti dell’area Ocse. L’Italia è anche un’economia a vocazione imprenditoriale: quasi metà della popolazione preferirebbe essere proprietario d’impresa piuttosto che lavoratore dipendente, quasi un quarto della forza lavoro è in proprio, e le piccole imprese tendono ad essere di giovane età.
L’Ocse rileva che il Belpaese è diventato un ambiente “piuttosto favorevole” alla nascita di nuove imprese grazie ai miglioramenti degli ultimi anni, ma persistono “significative barriere normative”. La futura agenda politica del governo italiano “dovrebbe concentrarsi sull’incremento della produttività media delle PMI attraverso il sostegno alle imprese a forte crescita, il rafforzamento delle micro-imprese con meno di dieci addetti e la formalizzazione delle ampie aree di informalità ancora presenti nel Paese”. Perché ciò avvenga è necessario che molti degli ostacoli alla crescita siano rimossi, a partire da una riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, la semplificazione del sistema fiscale, maggior competizione in alcuni settori e professioni, una maggiore capacità di attrazione e radicamento degli investimenti esteri, lo sviluppo del capitale di rischio per le imprese e un miglioramento qualitativo nella formazione tanto degli imprenditori quanto dei lavoratori. Tra le aree di debolezze relative allo sviluppo delle PMI e più in generale dell’imprenditoria in Italia, va segnalato il persistere di una discriminazione di genere. Le aziende fondate da donne appaiono “sottocapitalizzate”, per le difficoltà incontrate nell’accesso al credito.
Per le donne è più difficile ottenere un prestito bancario, le cui condizioni sono sempre meno vantaggiose di quelle prospettate ai colleghi uomini, nonostante lo stesso profilo di rischiosità. Svantaggiati anche gli imprenditori stranieri, ma in questo caso per livelli educativi “più bassi rispetto alla media Ocse”.
Durante la presentazione del rapporto il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, ha definito le indicazioni ricevute dall’Ocse “un elemento prezioso per orientare e migliorare” l’agenda del governo. “Una politica che sia su misura per le piccole e medie imprese è fondamentale nel quadro della politica industriale del nostro Paese: dobbiamo rimuovere tutti gli ostacoli e rendere questo Paese adatto a promuovere nuovi investimenti. Non dimentichiamoci che siamo ancora il secondo Paese manifatturiero in Europa”. Proprio per questo motivo il governo punta all’internazionalizzazione delle imprese, come “must” per lo sviluppo dell’economia italiana. Il ministro ha poi ricordato importanti misure adottate negli ultimi sei mesi, “dall’ampliamento delle risorse del Fondo Centrale di Garanzia ad un piano straordinario per il Made in Italy, laddove nuovi provvedimenti come i contratti di rete, la legislazione sulla start-up innovativa, sono stati disegnati con l’intento di sostenere l’ ossatura dell’economia italiana fatta in gran parte di piccole e medie imprese”.