COMUNICAZIONE

Negli USA le donne “spariscono” dai cartelloni pubblicitari

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Con uno stranissimo effetto magico e spaesante l’immagine di Serena Williams scompare dai cartelloni di Time Square. Scopriamo insieme cosa è accaduto…

di Americo Bazzoffia, libero docente universitario e consulente in comunicazione strategica integrata

Con uno stranissimo effetto magico e spaesante l’immagine di Serena Williams scompare dai cartelloni di Time Square, così come Scarlett Johansson dalla copertina di marzo del mensile W. Non si tratta della solita trovata pubblicitaria, ma di una iniziativa, lodevole e meritoria, che vuole porre l’attenzione in modo efficace e diretto sul problema delle diseguaglianze sessuali. Infatti, l’8 marzo 2015, in occasione della festa della donna, la fondazione Clinton ha cooptato 40 mezzi di comunicazione al fine di far “sparire” le donne dalle loro campagne pubblicitarie, almeno per un giorno, per attirare l’attenzione sulle diseguaglianze sessuali ancora esistenti. Una campagna pubblicitaria, quella organizzata dai Clinton, per portare l’attenzione sull’iniziativa “No Ceiling” sullo stato delle donne e delle bambine nel mondo.

frame-videoRadio, social media e il sito “Not-There.org” (in cui è presente un video “We’re Not There Yet” che spiega l’iniziativa) sono gli strumenti scelti per portare l’attenzione sul tema, per dire che le donne ancora non sono dove dovrebbero essere.
I nomi di famose star si susseguono, ma le loro immagini non ci sono: c’è il divano vuoto di Cameron Diaz, una sala cinematografica vuota per Sienna Miller non solo anche Hillary e Chelsea Clinton oscurano le foto sui loro profili Twitter per essere parte dell’iniziativa.

Come ha dichiarato Susie Nam manager di Droga5, l’agenzia pubblicitaria che ha curato la campagna per Clinton: “Vogliamo creare contenuti per i quali il pubblico si senta impegnato. Non vogliamo che questo sia transitorio”.

La parità sessuale è un tema caldo, anche in termini di pubblicità. Viene da chiedersi cosa direbbero i Clinton se avessero sempre sotto gli occhi la pubblicità italiana, dove l’esposizione, la mercificazione e l’abuso del corpo femminile – anche per vendere prodotti che nulla hanno a che vedere con le donne – è ormai diventata una pessima abitudine. Nonostante nei convegni internazionali spesso ci si deve scusare della pubblicità italiana, perché eccessivamente concentrata su corpi femminili o ancor peggio concentrata su alcune parti del corpo femminile (neanche fossero quarti di bue), ebbene – nonostante ciò – la donna nella pubblicità continua ad essere più che un “soggetto” favorito (che almeno prevedrebbe una qualche funzione attiva) un “oggetto” privilegiato dell’iconografia pubblicitaria nostrana.
La festa dell’8 marzo sia quindi una occasione per riflettere, per sensibilizzare, per modificare prassi pubblicitarie consolidate. Le donne non devono sparire dai manifesti pubblicitari, ma devono essere rispettate ed impiegate quando è necessario. Invece fin troppo spesso diventano l’escamotage per supplire alla carenza di creatività pubblicitaria, quando non sono la manifesta ostentazione della volgarità e dell’ignoranza di pubblicitari e committenti.

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