Campagna antiviolenza

Violenza sulle donne, timidi cambiamenti

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Violenza contro le donne: qualcosa comincia a cambiare, ma resta molto da fare. È quanto emerge dalla ricerca “La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia”, effettuata dall’Istat in collaborazione con il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio

di Daniela Delli Noci, giornalista

I dati sono comunque preoccupanti, perché la violenza continua ad essere ampia e diffusa. Quasi 7 milioni di donne nel corso della loro vita hanno subito una forma di violenza; di queste, il 20,2% ha subito quella fisica, il 21% quella sessuale, il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale, come stupri o tentativi di stupri.

Italiane e straniere: numeri uguali, diverse modalità

La rilevazione ha riguardato oltre 24 mila donne, cui sono stati sottoposti questionari nel periodo maggio-dicembre 2014, relativi agli ultimi cinque anni. Il confronto è stato fatto con l’indagine antecedente, effettuata nel 2006 e inerente al precedente quinquennio.

La percentuale di donne violentate, secondo l’indagine da poco pubblicata, è praticamente uguale per le italiane e per le straniere, rispettivamente 31,5 e 31,3%. Le differenze hanno a che fare con il tipo di aggressione: quella fisica coinvolge in massima parte le straniere, più soggette a stupri e tentativi di violenza, in particolare moldave, rumene e ucraine, seguite da marocchine, albanesi e cinesi; quella sessuale riguarda invece le nostre connazionali, che subiscono soprattutto le molestie da parte di sconosciuti, autori di questo reato il 76,8% delle volte. A mettere in atto, invece, i reati più gravi sono di solito i partner, attuali o ex, responsabili di stupri nel 62,7% dei casi. Interessante è anche l’analisi per tipo di autore della violenza. Le cinesi presentano, al pari delle italiane, una prevalenza di violenza da uomini diversi dal partner, mentre per le altre straniere sono più frequenti le violenze ricevute dal partner attuale o da quelli del passato.

Dati positivi e negativi sulla bilancia 

Il dato incoraggiante è che, rispetto alla rilevazione precedente, le percentuali mostrano un calo delle violenze, sia di quelle effettuate dai partner e dagli ex – passate dal 5,1 al 4% quella fisica e dal 2,8 al 2% quella sessuale – sia di quelle dei non partner(dal 9 al 7,7%). Altro dato confortante è quello relativo alla diminuzione delle violenze psicologiche, che avvengono nel 26,4% dei casi, contro il 42,3% della precedente verifica.

Le “addette ai lavori” mettono in guardia, però da false illusioni.

“È aumentata la consapevolezza e la capacità delle donne di vedere la violenza” ha detto Daniela Amato del Centro Donna L.I.S.A di Roma – Associazione Donne in Genere “e tra le novità positive degli ultimi cinque anni, c’è l’incremento delle denunce e una certa diminuzione delle violenze fisiche, sessuali ed anche psicologiche, grazie ad una maggiore informazione. Un dato che mi preoccupa molto, però” ha sottolineato Daniela Amato “è quello relativo alle violenze più gravi, che sono in forte aumento: la percentuale delle donne ferite dal partner, infatti, è passata dal 26,3% al 40,2%. È vero che le donne denunciano di più, ma cresce anche la paura, perché quando cercano di ribellarsi, vengono uccise”. Secondo Amato, il Piano antiviolenza dovrebbe destinare fondi ai Centri di assistenza delle donne vittime di violenza, che svolgono un’azione capillare sul territorio. La diminuzione degli abusi, infatti, è ancora troppo limitata rispetto alla portata generale del fenomeno. Il numero delle donne che hanno temuto per la vita, infatti, è passato dal 18,8% del 2006 al 34,5% del 2014 e sono più gravi anche le violenze messe in atto da persone diverse dai partner.

Preoccupanti anche i dati sui minori: oltre il 10% delle donne ha subito violenze sessuali prima dei sedici anni ed aumenta la percentuale dei figli che hanno assistito ad atti violenti sulla propria madre.

Parlarne è importante. A chi si rivolgono le vittime

Le donne tra 16 e 70 anni che subiscono violenza dal partner (31,5%), parlano di solito dei loro problemi con gli amici (42,7%), con i familiari (34,9%), con le forze dell’ordine, i magistrati e gli avvocati (6,7%), più raramente con colleghi e superiori (1,5%) e medici o infermieri (1,4%). Inoltre, il 3,7% del campione si rivolge ad un centro antiviolenza o a un servizio per il supporto delle donne e il 12,3% denuncia la violenza alle forze dell’ordine. Tra le vittime, il 12,8% non sa dell’esistenza dei centri antiviolenza o dei servizi a loro disposizione. Le violenze subite da un non partner vengono poco denunciate, al contrario di quelle subite dal proprio compagno, in merito alle quali c’è una tendenza sia a sporgere denuncia (12,7%), sia a contattare un centro antiviolenza (1,4%).

Le esperienze di chi lavora sul campo, però, contraddicono in parte i dati della rilevazione Istat.

“Quei dati non mi sembrano reali, perché dall’indagine risulta una percentuale molto alta di donne che si rivolgono agli avvocati ed è invece bassa quella relativa ai Centri antiviolenza” ha detto Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente di Telefono Rosa, l’associazione che da anni si occupa delle donne vittime di violenza e dei loro bambini. “A me non risulta che le donne si rivolgano agli avvocati” ha proseguito Moscatelli “sia per timidezza, sia per mancanza di soldi. Sono gli stessi carabinieri e poliziotti a mandare le donne nei Centri antiviolenza ed è normale che sia così, perché nei Centri le vittime ricevono assistenza gratuita, sia legale, sia psicologica. Telefono Rosa fa parte del tavolo sul Piano antiviolenza” ha concluso la presidente “e aspettiamo di conoscere il calendario degli ulteriori incontri. La situazione è quella che è, ma anche quella delle donne è molto critica; il Piano è stato approvato, ora deve essere attuato e, soprattutto, occorre vedere come saranno spesi i soldi messi a disposizione”.

Single, istruita, in cerca di lavoro: profilo della donna più colpita

Le donne separate o divorziate sono maggiormente prese di mira, in particolare quelle di età compresa tra 25 e 44 anni, con alto livello di istruzione e professionale, oppure in cerca di un lavoro; anche le donne disabili o malate diventano bersaglio delle violenze.

Il territorio ha una scarsa influenza, sebbene le aggressioni siano leggermente più diffuse al Centro (12,6%) e al Sud (12,3%). Nel 2006 il valore più alto era quello del Nord-Est (14,2%), sceso al 10,7% nel 2014. Anche nelle isole si registra una diminuzione, dal 12,7 al 9%.

Le campagne di sensibilizzazione producono comunque i loro effetti, perché le donne hanno una maggiore capacità di uscire da situazioni violente o di prevenirle, cominciano a considerarle reato e, soprattutto, cominciano ad aprirsi, a cercare aiuto, a parlarne con qualcuno. Le aggressioni vengono messe in atto con varie modalità, a partire dallo stalking, fino ad arrivare a spinte, percosse, lancio di oggetti, calci, pugni, tentativi di strangolamento, ustioni, soffocamento.

Violenza psicologica e percezione del reato 

Le donne iniziano a riconoscere e a denunciare anche le violenze psicologiche: ad esempio, limitazioni nel rapporto con la famiglia d’origine e con gli amici, impedimenti nel lavoro o nello studio, forme di controllo, violenze economiche, umiliazioni, offese e denigrazioni anche in pubblico, critiche per l’aspetto esteriore o per come la compagna si occupa della casa e dei figli. Inoltre, intimidazioni e ricatti di ogni tipo, come le minacce di suicidio, di portare via i figli o di fare loro del male, di nuocere a persone care, animali e oggetti.

La violenza psicologica è più diffusa tra le giovani (35% per le 16-24enni, rispetto ad una media del 26,5%9 )e tra le donne con titoli di studio medio-alti (29% per le diplomate e 27,1% per le laureate o con titolo di studio post laurea).

La consapevolezza è importante e può condurre a poco a poco alla creazione di una nuova coscienza e di una convivenza rispettosa dei sentimenti e delle sensibilità altrui, con il supporto delle istituzioni e delle reti di sostegno create a questo scopo.

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