EDUCAZIONE E FORMAZIONE

I Canti di Natale in cronaca

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a cura di Mariangela Giusti, Docente di Pedagogia interculturale all’Università degli Studi Milano-Bicocca

Questa rubrica è nata con l’obiettivo di parlare di educazione e formazione partendo dai fatti della realtà di tutti i giorni, che riguardano tante persone, non necessariamente esperte di educazione. Per questo la rubrica ha un buon seguito e suscita interesse nei lettori. La cronaca rimanda spesso a fatti di educazione e il nostro compito è di leggerli insieme e interpretarli.
Recentemente si è molto parlato di una scuola situata in un piccolo comune della Lombardia in cui il Dirigente scolastico ha vietato i Canti di Natale della tradizione religiosa, adducendo come pretesto l’attentato di Parigi del 13 novembre. Abbiamo visto gli ambienti della scuola, il Dirigente, gli impiegati delle segreterie, i genitori degli allievi in molti video nei tg o sul web. Cosa riusciamo a scorgere e cosa possiamo ascoltare in questi video così tanto cliccati e visti? 
Negli ambienti della scuola che si vedono nelle riprese, nello spazio/presidenza, nel Dirigente che risponde alle interviste, nello spazio esterno, nelle strade vicine alla scuola, nei genitori intervistati non si intravede né dialogo né un corretto atteggiamento di sospensione del giudizio. Non si intravede neppure un atteggiamento necessario per la pedagogia interculturale, cioè la comprensione dialogica, il tentativo di mettere a comune e di mettere in dialogo punti di vista e idee diverse. Si intuisce che sono mancati (ben prima, ovviamente, di questo episodio legato ai Canti!!) alcuni elementi essenziali bella scuola plurietnica di oggi: attenzione, dialogo, valorizzazione delle differenze, occasioni d’incontro… Non si intravede né dialogo, né attenzione. E non si possono vedere semplicemente perché sono mancati e  mancano…
Dialogo, attenzione alle differenze, comprensione delle ragioni di tutti sono tre atteggiamenti che invece dovrebbero essere ben presenti negli insegnanti, nel dirigente, nei genitori perché che aiutano gli allievi nella costruzione dell’identità e perché consentono di integrare i saperi, le tradizioni, le credenze che sono proprie di ciascun allievo/bambino. Ciascuno di loro porta con sé a scuola più o meno consapevolmente i saperi, le tradizioni, le credenze della cultura familiare, nella quale ciascuno di loro è cresciuto e cresce. La scuola è il luogo dell’incontro con ciò che gli altri allievi/bambini si portano dietro. I saperi, le tradizioni, i canti, le sollecitazioni si acquisiscono con l’esperienza, con l’educazione, con lo stare in mezzo agli altri e con gli altri. 
A scuola, confrontandoci con i compagni, si possono mettere a confronto le differenze, si possono ricercare elementi comuni, ma non vietando qualcosa, non togliendo, non mettendo delle proibizioni…

Certo è un processo difficile perché quando si crea un momento comune di arricchimento, anche coi Canti di Natale della tradizione occidentale – sì, perché no? – si determinano conoscenze nuove. E ciò può anche creare qualche limitazione. Può “perfino” fare intravedere i limiti di una cultura che fino a quel momento appariva l’unica possibile… D’altra parte è solo così che si può creare pensiero interculturale in educazione e dunque in una scuola, in un quartiere, nelle strade di una piccola città o di una grande. Se si proibisce e si toglie si crea sempre meno. Ma forse questo il Dirigente non lo ha studiato… o nessuno glielo ha detto.

I Canti di Natale in cronaca

Mariangela Giusti

 

Questa rubrica è nata con l’obiettivo di parlare di educazione e formazione partendo dai fatti della realtà di tutti i giorni, che riguardano tante persone, non necessariamente esperte di educazione. Per questo la rubrica ha un buon seguito e suscita interesse nei lettori. La cronaca rimanda spesso a fatti di educazione e il nostro compito è di leggerli insieme e interpretarli.

Quasi tutti i quotidiani nazionali e i siti web dei grandi magazines hanno riportato nei giorni scorsi il fatto di una scuola situata in un piccolo comune della Lombardia. Non importa ripetere cosa è successo in quanto la notizia ha circolato molto. In estrema sintesi: il Dirigente scolastico di quella scuola ha vietato i Canti di Natale della tradizione religiosa, adducendo come pretesto l’attentato di Parigi del 13 novembre. Alcuni giornalisti sono stati ammessi nella scuola, hanno fatto delle riprese, hanno intervistato il Dirigente, gli impiegati delle segreterie, i genitori degli allievi. Cosa riusciamo a scorgere e cosa possiamo ascoltare in questi video così tanto cliccati e visti?

Negli ambienti della scuola che si vedono  nelle riprese, nello spazio/presidenza, nel Dirigente che risponde al giornalista di turno, nello spazio esterno, nelle strade vicine alla scuola, nei genitori intervistati non si intravede né dialogo né un corretto atteggiamento di sospensione del giudizio. Non si intravede neppure un atteggiamento necessario per la pedagogia interculturale, cioè la comprensione dialogica, il tentativo di mettere a comune e di mettere in dialogo punti di vista e idee diverse. Si intuisce che sono mancati (ben prima, ovviamente, di questo episodio legato ai Canti!!) alcuni elementi essenziali bella scuola plurietnica di oggi: attenzione, dialogo, valorizzazione delle differenze, occasioni d’incontro…

Nei video/reportages realizzati dai giornalisti non si intravede né dialogo, né attenzione. E non si possono vedere semplicemente perché sono mancati e  mancano…

Dialogo, attenzione alle differenze, comprensione delle ragioni di tutti sono tre atteggiamenti che invece dovrebbero essere ben presenti negli insegnanti, nel dirigente, nei genitori perché che aiutano gli allievi nella costruzione dell’identità e perché consentono di integrare i saperi, le tradizioni, le credenze che sono proprie di ciascun allievo/bambino. Ciascuno di loro porta con sé a scuola più o meno consapevolmente i saperi, le tradizioni, le credenze della cultura familiare, nella quale ciascuno di loro è cresciuto e cresce. La scuola è il luogo dell’incontro con ciò che gli altri allievi/bambini si portano dietro. I saperi, le tradizioni, i canti, le sollecitazioni si acquisiscono con l’esperienza, con l’educazione, con lo stare in mezzo agli altri e con gli altri. 

A scuola, confrontandoci con i compagni, si possono mettere a confronto le differenze, si possono ricercare elementi comuni, ma non vietando qualcosa, non togliendo, non mettendo delle proibizioni….

Certo è un processo difficile perché quando si crea un momento comune di arricchimento, anche coi canti di Natale della tradizione occidentale, sì, perché no?,  si determinano conoscenze nuove. E ciò può anche creare qualche limitazione, può “perfino” fare intravedere i limiti di una cultura che fino a quel momento appariva l’unica possibile…D’altra parte è solo così che si può creare pensiero interculturale in educazione e dunque in una scuola, in un quartiere, nelle strade di una piccola città o di una grande. Se si proibisce e si toglie si crea sempre meno. Ma forse questo il Dirigente non lo ha studiato….o nessuno glielo ha detto.

 

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