Imprenditoria femminile

L’economia è donna: giornata dedicata all’imprenditoria femminile

convegno

 

L’8 marzo per le donne imprenditrici, un incontro a Roma promosso da CICAS Impresa Donna e La Zibaldina, in collaborazione con Tools for Culture e Donna in Affari tra i media partner

di Serena Selvarolo e Annalisa Marcozzi

Si è svolto presso la Casa della Cultura di Villa De Sanctis, patrocinato dal V Municipio della Capitale, l’evento promosso dalla CICAS (Confederazione Imprenditori Commercianti Artigiani Turismo Servizi) e realizzato in collaborazione con Tools for Culture, Elleffe Factory & Comunicazione, con la mediapartnership di Donna in Affari e NoiDonne.

Ad aprire la giornata portando i saluti e gli auguri alle donne da parte del V municipio, sono state l’Assessora alla Cultura Nunzia Castello e la Consigliera Mariangela Saliola, presente nel corso di tutta la giornata, che ha condiviso anche la sua testimonianza di donna lavoratrice e mamma di due figlie con una terza in arrivo.

In rappresentanza di CICAS ha presenziato Alberto Valli, coordinatore provinciale Roma, che ha spiegato il ruolo della confederazione nazionale di tutelare gli interessi dei piccoli imprenditori, mentre Lorenza Fruci, giornalista e coordinatrice delle PMI rosa della CICAS, si è soffermata sull’impegno della Confederazione nel sostenere e rappresentare tutte quelle donne che investono sulle loro capacità, indirizzandole nella ricerca di informazioni, nella formazione continua e nella promozione del loro lavoro.
Proprio su questi punti ha preso la parola Michele Trimarchi, di Tools for Culture (organizzazione non profit attiva nel campo della ricerca, della consulenza e della formazione per l’economia, il management e le politiche dell’arte e della cultura), che ha fornito un’attenta analisi dell’economia gestita dalle donne dal punto di vista storico-antropologico. “Parte tutto da 150.000 anni fa” ha spiegato Trimarchi, “quando la ripartizione dei ruoli era solo biologica: l’uomo caccia e la donna lavora le pelli ed educa i figli. È la madre che segna la parentela – ai figli si dà il nome della madre. Ma il padre ha paura di lasciare i propri beni, le proprie terre, a chi potrebbe non essere il proprio figlio e allora si inventa lo stereotipo della proprietà privata e della fedeltà obbligata della donna, per essere sicuro che non metta al mondo il figlio di un altro cui poi lui dovrebbe lasciare la proprietà. Inventiamo la famiglia, inventiamo la paternità e quindi il ruolo sociale del patriarcato. Nel tempo si è sviluppato poi il mondo manifatturiero che ha inventato un mondo di cloni che servono a produrre il prodotto; e anche questo fa perdere il ruolo corretto alla donna, dal punto di vista economico e sociale. Oggi però le cose stanno cambiando: l’economia dei prossimi anni scopre che non può più stare nei binari prestabiliti, non c’è più il pensiero maschile che si muove lungo sentieri stabiliti, ma un pensiero dominato dal principio femminile. Quello del bufalo, animale che uso come esempio perché il bufalo non è vittima del suo sentiero: se cade, si rialza e cambia sentiero costruendone uno nuovo purché porti sempre allo stesso obiettivo. Ci si muove come nel processo di coltivazione: pianto un seme e non posso prevedere ciò che verrà fuori, lo capirò man mano che la piantina si formerà”. Insomma un modo nuovo di pensare all’imprenditoria e all’economia.

Partendo da questi strumenti si è aperta la discussione sulla costante evoluzione dell’economia al femminile. Protagonista la giornalista Daniela Molina, direttrice della testata Donna in Affari, l’unico giornale in Italia dedicato alle tematiche del lavoro, della formazione e dell’imprenditoria femminile, con una redazione composta solo da donne allo scopo di diffondere informazioni verificate alle lettrici, in un’ottica femminile. Daniela Molina ha parlato tra l’altro dei punti di forza e di debolezza dell’imprenditorialità femminile. Tra i punti di forza la creatività, la capacità organizzativa, l’attenzione alla sostenibilità ambientale e sociale, con l’avvio di imprese che tengono in considerazione i tempi di vita (conciliazione vita/lavoro) sia dal punto di vista della flessibilità di orario o di luogo di lavoro, sia da quello dell’attuazione di politiche interne ad hoc per le mamme (esempio asili nido aziendali). Tra i punti di debolezza la poca comprensione delle dinamiche economiche e del vocabolario della finanza. Infine, Molina spiega che un altro problema è la poca consapevolezza che ciò che le donne sanno fare e che fanno ha effettivamente un valore economico “Noi donne non riusciamo molto ad apprezzarci e valorizzarci, quindi dobbiamo prima di tutto convincere noi stesse di ‘valere’ e poi iniziare a usare la comunicazione in modo diverso da come lo fa l’economia contemporanea, basata sulla forma mentis maschile e utilizzata più per non dire che per dire. Il linguaggio delle donne è diverso, più spontaneo e naturale, e nato per comunicare con semplicità. Dobbiamo riuscire a ribaltare la comunicazione economica attuale utilizzando proprio lo stile comunicativo femminile, altra nostra forza.”

A seguire, l’intervento dell’art consultant Francesco Cascino, direttore artistico di Arteprima, che ha condotto la discussione e il confronto verso nuove riflessioni sul rapporto tra arte e donne, ma anche tra “artisti e imprenditrici”. Attraverso l’analisi di diverse opere d’arte ha introdotto il tema dell’arte e della cultura come generatori di senso critico che, nel secolo scorso, ha aiutato a ristabilire i piani di lettura corretti dell’essere donna, libera, visionaria e fertilizzante di idee e diversità.

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La seconda parte della mattinata è stata dedicata al racconto delle storie di imprenditrici di successo, diventate tali dopo aver deciso di cambiare la loro vita mettendosi in proprio, reinventandosi o creando una nuova attività, spesso dopo licenziamenti o maternità. Come la wedding planner e designer Roberta Torresan che si è ricreata un’identità lavorativa da zero, o Silvia Proietti titolare di un’agenzia di multiservizi (All in Multiservice) che ha investito nelle sue competenze, o Giulia Alfonsi, in arte Scarlett Martini, che oggi è in procinto di aprire una scuola per insegnare l’arte del burlesque.

Tante anche le storie di impresa nate dalle reali necessità delle stesse donne imprenditrici, come quella dell’americana Kiersten Pilar Miller che ha aperto a Roma il negozio The Milk Bar, oggi punto di riferimento per le mamme in cerca di informazioni sulla gravidanza e la maternità, o di Arianna Santini che ha creato Mamme in Azione, una rete di sostegno per le mamme, o di Serena Baldari, che insieme a Daniela Sacco, ha creato L’Alveare, il primo coworking con spazio baby.

Hanno pensato ai bambini anche le giovanissime donne dell’Associazione Culturale Le Moscerine, che hanno presentato i loro corsi per “piccoli chef”, e Claudia Torrisi, che ha proposto il metodo innovativo Kids&Us per insegnare l’inglese ai bambini.

Adele Ercolano dell’Istituto di Studi Superiori sulla Donna – Ateneo Pontificio Regina Apostolorum ha annunciato la prossima edizione della Settimana della mamma, promossa dall’istituto, che sarà dal 2 all’8 maggio 2016.

I pareri degli esperti nella seconda parte della giornata

Imprenditoria femminile come scelta consapevole, valorizzando le competenze e rispettando la vita personale oltre che professionale. Questo il messaggio della seconda parte dell’evento.

Dalle 14:00 alle 18:00 si sono alternati gli interventi di esperti che hanno fornito una panoramica delle possibilità per la donna imprenditrice nella formazione, nella conciliazione lavoro/ famiglia, nella start-up d’impresa, nelle nuove professioni e nei finanziamenti. Sono stati analizzati anche i possibili scenari futuri per l’incentivazione dell’imprenditoria in un Paese quale il nostro, ancora non al pari degli altri Paesi europei in fatto di politiche economiche, ma che si sta attrezzando.

convegnoUn aspetto fondamentale per sostenere il ruolo della donna come imprenditrice è quello della formazione gratuita. Attualmente, come ha illustrato Alessia Emoli, del Gruppo RTS (Rental Trade & Service), le possibilità di avere formazione gratuita per le imprese esistono. Si concretizzano in quella che viene denominata “formazione finanziata”, basata sulla voltura di una parte dei contributi in un fondo comune, cui aderiscono più aziende, che si traduce in un budget da spendere in corsi.

Pari opportunità per supportare la nascita di imprese femminili

Altro passaggio centrale per favorire la nascita di imprese in rosa, è quello di attuare politiche specifiche che garantiscano un ruolo alla donna nei vari settori lavorativi dai quali altrimenti rimarrebbe esclusa: fondi ad hoc per le imprese rosa, quote rosa nelle aziende e nella politica sono istituti necessari laddove l’uguaglianza non è ancora vissuta come un fatto naturale. Nell’esperienza della Consigliera del V Municipio Mariangela Saliola, ciò che rende davvero pari le opportunità tra uomo e donna sono i servizi per migliorare la vita delle famiglie. Di conseguenza, occorre agevolare tutta la burocrazia per accedervi.

Per la Dott.ssa De Vita, ricercatrice della Sapienza in Scienze sociali ed economiche, abbattere le discriminazioni significa spostare l’attenzione sui progetti e finanziare l’idea, indipendentemente dal soggetto ideatore; così come si dovrebbe uscire dall’ottica della separazione tra lavoro e famiglia, per cui sia necessaria una conciliazione, puntando su buone pratiche (es. nidi aziendali) che uniscano carriera e famiglia, senza sacrifici ed escamotage, ottimizzino il tempo e allontanino la donna da sentimenti di inadeguatezza. Sentimenti, questi, che spesso colpiscono le donne che riprendono a lavorare dopo una maternità trovandosi di fronte ad ostracismo che può arrivare addirittura all’espulsione dal mondo del lavoro.
In questi casi la Psicologa e Psicoterapeuta Danila Pescina suggerisce di puntare sulle caratteristiche di inventiva e capacità di adattamento che la donna possiede: rimettersi in gioco, ripartire da zero, sono condizioni che la donna è in grado di affrontare con successo e che rappresentano manifestazioni di leadership. Leader infatti è chi è consapevole di ciò che fa (e non deve essere per forza qualcosa di complesso), lo fa bene e sa che lo può fare bene, “sciogliendo i nodi che bloccano”.

Luisa De Vita si inserisce qui, evidenziando come, per fare bene ciò che si vuole fare, non si debba aderire a modelli preconcetti. L’immagine che si ha di imprenditore non deve condizionare il proprio modo di essere e non deve portare la donna a credere che accentrare ogni responsabilità su di sé sia sinonimo di successo. Delegare e utilizzare gli strumenti a disposizione che facilitino la cura della famiglia non sono sinonimi di debolezza. In Italia siamo ancora molto indietro sul tema della conciliazione lavoro famiglia, soprattutto nel mondo dei lavoratori autonomi. Vaucher per baby sitter e asilo e congedo facoltativo per le imprenditrici sono conquiste introdotte nella attuale Legge di Stabilità. Ben poca cosa rispetto ai vantaggi delle colleghe europee.
La conciliazione lavoro famiglia rappresenta una criticità che sta emergendo da una ricerca portata avanti da De Vita per analizzare gli aspetti peculiari dell’imprenditoria femminile. Ricerca nella quale le cittadine imprenditrici possono far sentire la loro voce, compilando il questionario sul sito: conciliazione.impresefemminili.it.

Che la donna non debba sentirsi inadeguata e inferiore quando ci si confronta con qualunque realtà, e quindi anche con quella imprenditoriale, è sostenuto con forza anche dalla Dott,ssa Anna Amati, Responsabile nazionale Task Force Entrepreneurship (imprenditorialità) per Fidapa (Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari). Nella sua ottica, la donna nel mondo dell’imprenditoria ha maggiori potenzialità nel fare rete e partire avvantaggiata nel sostenere idee spendibili sul mercato. A tale proposito Amati ha presentato i fondamenti da seguire se ci si vuole immettere nel mondo imprenditoriale: essere curiosi, osservare il mondo circostante individuando problemi e bisogni, trovare le possibili soluzioni, non tralasciare l’indagine su ciò che già esiste perché l’innovazione è “composta da elementi antichi”.

Innovazione va d’accordo con nuove professioni

È il mondo del web ad offrire le maggiori possibilità di professioni innovative. Ci hanno raccontato le loro esperienze due imprenditrici che proprio sull’ambiente web hanno deciso di puntare: Alessia Dei, che sta per aprire un social shop, e Letizia Palmisano, social media manager.
Il social shop, ha spiegato Dei, è una variante dell’e-commerce, nel caso specifico nell’abbigliamento, che ha la sua forza nella vendita di usato o nuovo da parte di privati cittadini o negozianti, in cui ognuno ha una propria vetrina, concepita come un diario virtuale, dove scorrono le immagini dei capi e c’è possibilità di interazione tra venditori e clienti attraverso commenti e chat. Alessia ha avuto l’idea osservando la realtà del commercio internazionale e della condivisione dei beni grazie allo sharing, durante i suoi viaggi.
Per Letizia Palmisano l’approccio alla propria professione è avvenuto con un cambiamento di vita radicale, attuato inseguendo ciò che l’appassionava: ha lasciato il proprio lavoro dipendente e si è messa a studiare per affinare capacità e attitudini, realizzandosi nel ruolo di “addetto stampa multimediale”. Il social media manager infatti cura l’immagine di Aziende e personalità sui social network e nei siti internet.
Palmisano ha spiegato che una passione può divenire professione sicuramente con il coraggio di cambiare, ma anche con lo studio e il sacrificio in termini sia economici sia personali.

Innovazione è anche sinonimo di start-up

In questo caso ci si basa su un progetto nuovo, un’idea innovativa e sostenibile, e sull’ assetto multitasking (rivestire più ruoli) dell’imprenditore o del team di imprenditori che vogliono sviluppare il progetto. Una volta avviata, da Start-up l’impresa diventa solitamente PMI (piccola e media impresa).
Esperto del settore è Aldo Pecora, di Startup Italia, il quale durante l’evento ha sottolineato come il mondo delle start-up sia estremamente meritocratico ed equo: il successo di una start-up si basa sulla validità dell’idea e le capacità di chi lavora per svilupparla e non ci sono discriminazioni di genere. Sono molte le donne in ruoli operativi nelle start-up e il supporto delle tecnologie agevola il loro lavoro, anche da casa.

L’Italia ha investito lo scorso anno circa cento milioni di euro nel settore. Sembrerebbe un dato confortante, se non fosse che altri Paesi europei investono miliardi per le start-up. Di positivo, comunque, in Italia per le start-up c’è il contorno che le aiuta a crescere: reti di finanziatori privati, enti di consulenza, fondi ad hoc e premi per le più innovative. Un’eccellenza tutta italiana, ad esempio, sono le start-up nel settore biomedico, alcune delle quali hanno ottenuto riconoscimenti internazionali e sono diventate imprese stabili.

I finanziamenti

Quello dei finanziamenti è il tema che chiude l’evento e rappresenta il giro di boa nel processo della creazione d’impresa.
Una buona idea, per trasformarsi in realtà, ha bisogno di qualcuno che le creda a tal punto da finanziarne la concretizzazione. Che sia lo Stato o un privato a rivestire il ruolo di investitore, oggi non ci sono ancora tutte le condizioni per cui sia semplice districarsi nel mondo dei finanziamenti a disposizione, e soprattutto delle operazioni per garantirsi l’accesso a questi fondi. Come ha sottolineato Pino Boccanfuso del Cesvic (Centro Sviluppo Imprese), quando vengono emessi bandi per l’erogazione di fondi, spesso i criteri di accesso sono restrittivi o non c’è una diffusione adeguata del bando da parte delle istituzioni o non si hanno le competenze giuste per costruire nella forma corretta il progetto per partecipare o, infine, la burocrazia blocca sulla modulistica o sui requisiti. Tutti ostacoli che possono impedire la conquista dei finanziamenti necessari.
Per questo ci deve essere maggiore informazione da parte delle istituzioni e occorre favorire la diffusione di organi che forniscano assistenza e formazione nella partecipazione a questi bandi.

Svetlana Celli, ex Consigliera del Comune di Roma, a proposito di agevolazione nell’accesso ai fondi, ricorda come, durante la legislatura appena conclusa, avesse presentato una delibera per l’inserimento dello Spazio Europa (ufficio preposto proprio all’assistenza alle PMI nella partecipazione ai bandi pubblici, per l’accesso nella fattispecie ai fondi europei) nei Municipi. L’atto non ha ottenuto il seguito sperato, nonostante l’utilità dell’iniziativa.
La diffusione dello Spazio Europa sul territorio è una necessità sostenuta anche da Antonella Padolecchia, esperta in finanza agevolata che per la nostra testata cura la sezione bandi, offrendo quel servizio di supporto ai finanziamenti relativi a bandi, fondi ed altre agevolazioni.
Donna in Affari infatti offre anche un servizio di assistenza alla partecipazione ai bandi, seguendo dal punto di vista tecnico e burocratico le donne che intendono presentare un progetto imprenditoriale.

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La difficoltà di accesso ai fondi viene analizzata anche con il Consigliere regionale del Lazio Gianluca Quadrana. Attualmente siamo ancora nella condizione in cui sono molto pochi i fondi che prevedano l’erogazione dell’intero importo necessario alla creazione di un’impresa, ancor meno quelli a fondo perduto. La burocrazia si conferma come un blocco all’imprenditoria a causa del suo essere altamente dispersiva. Inoltre, spesso si incappa nella pecca dei ritardi nelle erogazioni, per cui gli imprenditori si trovano a dover anticipare il denaro.
Il futuro, auspica Quadrana, dovrebbe andare nella direzione di una riduzione della compartecipazione delle imprese alle spese di avviamento, per promuovere maggiormente il lavoro autonomo.

Il quadro presentato dagli esperti intervenuti mostra una realtà imprenditoriale in cui gli strumenti di sostegno ci sono, anche se bisogna semplificarli, ma vanno prima di tutto conosciuti. E non bisogna temere di utilizzarli.
È anche importante che chi ha intenzione di mettersi in proprio, non si fermi nella ricerca delle strade per far crescere la propria impresa. Le possibilità sono molteplici, ma è necessario informarsi, non solo aspettare di essere informati, e analizzare quale soluzione si possa adattare meglio al proprio progetto; non incastrare per forza il progetto nelle prime ipotesi di soluzione che si presentano.

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