Made in Italy

Grandi imprese crescono con l’internazionalizzazione

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L’università Bocconi di Milano presenta i risultati di una ricerca condotta insieme ad EY sull’analisi delle strategie delle imprese di maggior successo internazionale

La ricerca, condotta sui principali dati economici finanziari per il periodo 2005-2014, è stata effettuata su 115 società internazionali e 112 non internazionali operanti in prevalenza nel settore manifatturiero italiano. Secondo i dati emersi, è proprio l’internazionalizzazione la risposta alla crisi per le imprese italiane di grande dimensione, con fatturato superiore ai 50 milioni di euro, in quanto tramite essa riescono a riavviare il motore della crescita.

La ricerca, condotta dal Centro di ricerca Claudio Demattè della SDA Bocconi insieme ad EY (precedentemente nota come Ernst & Young), ha analizzati i principali dati economico-finanziari dei due campioni (115 società internazionalizzate di grandi dimensioni e 112 società non internazionalizzate di grandi dimensioni) e stabilito il grado di internazionalizzazione in base al possesso di controllate estere e alla percentuale di fatturato sempre estero.

I risultati ottenuti evidenziano come in entrambi i casi le imprese di grande dimensione abbiano “assistito ad una crescita costante dei propri asset nell’orizzonte temporale di analisi che comprende anche il periodo di crisi economica, mostrando un certo grado di resilienza alle turbolenti fasi di mercato cui abbiamo assistito negli ultimi anni”.
Il fatto di essere di grande dimensioni quindi sembra “proteggere” queste imprese dalle alterne fasi di mercato, permettendo loro di reagire prontamente e continuare il proprio percorso di sviluppo. E la dimensione sembra riesca a “proteggere” anche la redditività delle imprese non internazionalizzate, sebbene queste presentino valori assoluti decisamente inferiori.

Ma perché il fatto di essere grandi società permette di resistere ai danni della crisi? Come si sono comportate queste aziende? Ebbene le società internazionalizzate “hanno reagito alla crisi finanziaria ottimizzando la struttura del capitale, riducendo i livelli di debito in favore di un maggior ricorso al capitale proprio, migliorando così la propria solvibilità” ha affermato Maurizio Dallocchio, SDA Bocconi professor e curatore della ricerca.

Il processo di crescita internazionale offre quindi sostenibilità e redditività, se favorito da un’equilibrata struttura finanziaria e da un’adeguata composizione fra export e investimenti diretti. L’obiettivo di contenimento dei costi non sembra più la strategia vincente in un contesto in cui i mercati sviluppati, più tipici per le aziende di minore dimensione, riconoscono il valore aggiunto del Made in Italy.

Le imprese internazionalizzate, prevalentemente operanti nel settore della manifattura, risultano localizzate prevalentemente nel nord Italia (84% del campione) e risultano essere nella maggioranza dei casi a proprietà familiare (65%). In media i ricavi di queste imprese sono prodotti per il 65,5% all’estero. Le principali destinazioni dei loro investimenti esteri sono l’Europa Occidentale (38% degli investimenti) e l’Asia (19% degli investimenti).
Le grandi imprese di maggior successo sono risultate maggiormente presenti, rispetto a quelle con perfomance peggiori, in America Latina (11% vs 6% degli investimenti) e nei Paesi africani (8% vs 1% degli investimenti). L’Europa dell’Est è la zona in cui sono state maggiormente presenti le imprese con risultati peggiori (13% degli investimenti).

Andrea Paliani, Partner EY e Mediterranean Advisory Leader, ha così commentato i dati: “La scelta dei mercati in cui operare è dipesa fino ad ora dalla dimensione dell’azienda; per le PMI è stato consigliabile un approccio ‘Safe Play’, mentre per le grandi imprese è stato possibile indirizzarsi verso mercati più complessi, essendo in grado di gestirne costi e rischi. Tale paradigma sarà sempre di più messo in discussione in virtù dell’affermarsi dei canali digitali, che riducono rischi e investimenti. Nelle economie emergenti, il business e-commerce ha raggiunto dimensioni notevoli e, dove mancano infrastrutture distributive moderne, è divenuto il canale principale per raggiungere i consumatori. Le aziende che vogliono avere successo sui mercati globali devono quindi eccellere nella scelta dei market-place sui quali proporsi, nella comunicazione digitale verso il consumatore e nell’efficienza ed efficacia della catena logistica”.

(D.M.)

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