Pari opportunità Società

Accordo dell’ANCI Toscana per avere più strade intitolate a donne

Veduta San Gimignano

Il Presidente di Anci Toscana ha firmato un accordo con la Commissione regionale per le pari opportunità per avere più piazze e vie intitolate alle donne

In Toscana sono poche le strade e le piazze intitolate a donne e così il presidente di Anci Toscana, nonché sindaco di Prato, Matteo Biffoni, ha firmato un accordo con la Commissione regionale per le pari opportunità di genere, presieduta da Rosanna Pugnalini, per avviare un processo di riforma della toponomastica in questo senso.
“Mi avevano detto che nella mia città, Prato, su 695 nomi di strade e piazze solo 50 erano intitolate a donne. Non volevo crederci, ma è proprio così. E dunque credo che questo accordo sia veramente necessario, perché la disparità di genere è netta e la società è ormai profondamente cambiata.”

Questa disparità di genere per quanto riguarda la titolazione delle strade non è solo toscana: in Italia in media per ogni 100 strade solo 8 sono intitolate a donne.
In Toscana la situazione è la seguente:

  • a Firenze 1.000 strade sono intitolate a uomini e solo 71 a donne;
  • ad Arezzo 140 a uomini e 8 a donne;
  • a Grosseto 372 a uomini e 16 a donne;
  • a Livorno 465 a uomini e 29 a donne;
  • a Lucca 248 a uomini e 25 a donne;
  • a Carrara 152 a uomini e 8 a donne;
  • a Massa 150 a uomini e 25 a donne;
  • a Pisa 579 a uomini e 28 a donne;
  • a Pistoia 294 a uomini e 28 a donne;
  • a Prato 695 a uomini e 50 a donne;
  • a Siena 272 a uomini e 21 a donne.

Bisogna anche aggiungere che oltretutto la maggior parte delle intitolazioni a donne sono riferite a madonne, a sante o benefattrici e che anche in Toscana esistono Comuni in cui non c’è nemmeno una strada che porti un nome femminile.

Le nuove intitolazioni non devono però creare disagi ai cittadini, per cui l’accordo precisa che non si dovrà cambiare la numerazione civica esistente ma occorrerà dar vita e identità a spazi finora rimasti anonimi (vie traverse, parcheggi, larghi, giardini, cavalcavia pedonali, rotatorie e persino aiuole. Spetterà ai singoli Comuni individuare a quali zone dare un nome al femminile sul proprio territorio.

Il presidente Biffoni ha spiegato che la ragione di questo cambiamento è storica, nel senso che ormai le donne sono diventate protagoniste e parte integrante della società, svolgono attività politica, sociale, scientifica e in ogni campo. “L’idea” ha aggiunto “è che dalla Toscana parta una sorta di riequilibrio, che riconosca l’impegno e l’attività della donna. La toponomastica ha delle regole molto precise, ma questo non impedirà a tutti i Comuni di aderire alla nostra intesa”.
I nomi assegnati a vie e piazze riflettono infatti le scelte di una comunità in un dato momento storico: i nomi di donne di uomini rappresentano modelli di vita, simboli, ricordi e le intitolazioni femminili tra l’altro costituiscono un efficace strumento di lotta agli stereotipi di genere.
Per questo l’accordo prevede anche che i Comuni favoriscano la partecipazione dei cittadini nelle scelte dei nomi da assegnare. Il fine è quello di valorizzare, insieme a figure di spicco nazionali e internazionali, anche figure di singole donne del tutto comuni ma degne di essere ricordate e valorizzate per motivi che decide la comunità locale.

La Commissione per le pari opportunità di genere si impegna a sollecitare che nella realizzazione della cartellonistica si tenga conto della recente normativa per cui non debbano esserci né abbreviazioni né sigle né numeri; siano presenti le date di nascita e di morte del soggetto citato e siano chiaramente indicate la qualifica e il titolo al femminile (architetta, avvocata, scienziata, assessora, ministra, scrittrice, attrice, ecc.). Teniamo a sottolineare che da decenni ormai il linguaggio di genere è questo e che solo questo è rispettoso delle donne. Oltre alle decisioni parlamentari e giurisprudenziali si è più volte espressa in tal senso anche l’Accademia della Crusca ormai tutte le massime autorità italiane in campo linguistico. Bisogna considerare che in quasi tutti i casi le declinazioni in “essa” rappresentano un’offesa per le donne e sono anche sintomo di ignoranza della lingua italiana da parte di chi si esprime così – stampa compresa, visto che anche l’Ordine nazionale dei giornalisti ha pubblicato un testo per correggere questo malcostume.

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