Nasce il SEE LAB, il laboratorio della Bocconi per lo studio dell’economia dello spazio, allo scopo di divenire un punto di riferimento per le imprese del settore aerospaziale
Il fatturato delle aziende del settore aerospaziale supera i 350 miliardi di dollari (stime 2017) ed è in piena espansione. Di spazio ormai non si occupano più solo gli enti pubblici ma anche le imprese private. Si rende necessario dunque avere personale competente e dirigenti che si intendano di economia dello spazio. Per questa ragione SDA Bocconi, l’università milanese, in collaborazione con alcune importanti agenzie spaziali, ha deciso di avviare il See Lab (Space economy evolution Lab), laboratorio di ricerca sull’economia dello spazio che, come spiega il direttore Andrea Sommariva, “farà ricerca e promuoverà la discussione internazionale inerente l’impatto economico dello sfruttamento dello spazio, l’economicità della sua filiera e i modelli di business delle imprese che vi sono coinvolte. L’obiettivo è rappresentare per le imprese un punto di vista autorevole e indipendente sulla catena del valore di settore”.
Il See Lab è stato presentato il 4 giugno 2018 durante il convegno dal titolo “The new Space economy: opportunities and challenges for the European Space Industry”. Sarà diretto da Andrea Sommariva, economista e membro del gruppo di studio Space mineral resources dell’Accademia Internazionale dell’Astronautica.
Situato presso la SDA Bocconi School of Management, il See Lab avrà il supporto tecnico-scientifico di enti quali l’Agenzia spaziale italiana (Asi), l’Istituto nazionale di astrofisica (INAF), l’Agenzia spaziale europea all’interno della sua iniziativa Esa_Lab@, il Comitato per la ricerca spaziale (Cospar). Verranno inoltre coinvolte, tra le imprese del settore, Telespazio, Sitael, e-GEOS, Altec e l’americana Excalibur Almaz.
Il See Lab studierà i due filoni di ricerca che contraddistinguono l’economia dello spazio:
1) l’economia legata allo sfruttamento dell’orbita bassa intorno alla Terra, dove orbitano i satelliti destinati all’osservazione del pianeta, e quella geosincrona (37 mila km di altezza), ove risiedono i satelliti delle telecomunicazioni e del broadcasting;
2) le frontiere più innovative dell’economia spaziale, ovvero l’estrazione di minerali critici come le terre rare e i metalli del gruppo del platino dalla Luna e dagli asteroidi (space mining) o il turismo spaziale.
Il filone d’oro delle attività spaziali
“Il 70% dei 350 miliardi di fatturato attuale delle attività spaziali deriva dalla fornitura di servizi, mentre il 30% circa dal comparto manifatturiero (la costruzione di razzi, satelliti, strutture a terra)” ha detto il direttore del See Lab. “Già oggi le ricadute della mole di dati derivanti dai satelliti – si pensi a quelli di osservazione della Terra – sono enormi in moltissimi campi: dai trasporti all’agricoltura alla meteorologia”.
Le attività spaziali sono favorite dai cicli di innovazione tecnologica di altri settori quali la robotica, il 3d printing e l’intelligenza artificiale: “Non è un caso” ha aggiunto Sommariva “che la maggior parte degli imprenditori che investono nella frontiera del settore spaziale siano quelli che appartengono al settore della trasformazione digitale”.
Gli investimenti privati stanno rivoluzionando il settore e hanno già abbassato il costo medio per chilo di “materiale lanciato” di circa il 50% rispetto ai vettori classici come Atlas V e Arianne 5G.
Le potenzialità sono dunque enormi: l’Accademia internazionale di Astronautica – pur sottolineando quanto le stime future siano difficili da realizzare – ipotizza che la dimensione dell’economia dello spazio oltre l’orbita terrestre possa arrivare anche a migliaia di miliardi di dollari.
L’economia dell’esplorazione dello spazio
“Quella dello spazio è un’economia strategica a causa dei benefici economici e politici che ne derivano” ha sottolineato Sommariva. “Nel breve periodo, l’esplorazione dello spazio servirebbe certamente a far aumentare la crescita economica e l’occupazione. Nel medio periodo, gli effetti predominanti saranno quelli che derivano dall’innovazione tecnologica e le sue ricadute sul resto dell’economia. L’espansione dell’economia dello spazio oltre l’orbita terrestre permetterà di raccogliere minerali che sulla Terra saranno sempre più richiesti per lo sviluppo tecnologico e sempre più costosi o pericolosi da ricavare, in particolare per via dell’inquinamento che la loro estrazione e raffinazione produce”.
Un esempio di minerale di questo genere è il neodimio, oggi usato per la creazione di magneti permanenti. “Le risorse derivanti dallo sfruttamento dello spazio possono dare un apporto concreto alla risoluzione di alcuni problemi ambientali, oltre che impattare sulla situazione politica legata allo sfruttamento di materie prime in alcuni Paesi della Terra”.