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La successione aziendale migliore

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Quando il capo di un’azienda familiare si dimette non è il primogenito la scelta migliore per la successione aziendale. Lo evidenzia una ricerca congiunta delle Università Bocconi di Milano, Sapienza di Roma e Ipag Business School

Le migliori performances aziendali dopo l’addio del capofamiglia si hanno quando al timone subentra uno dei figli più piccoli. La differenza tra quando alla guida subentra il primogenito e quando vi subentra uno dei fratelli minori è notevole: oltre il 39%!
Per il bene della loro azienda familiare dunque i primogeniti dovrebbero astenersi dal subentrare al loro genitore e lasciare spazio alle attitudini migliori dei propri fratelli o altri familiari.

Secondo gli studi realizzati dal team composto da Alessandro Minichilli e Mario Daniele Amore della Bocconi di Milano, Andrea Calabrò della Ipag Business School e Marina Brogi della Sapienza Università di Roma l’abitudine di trasferire l’azienda di famiglia al primogenito si rivela la peggiore opzione per l’impresa in quanto la scelta di un secondo o successivo figlio aumenta in modo significativo i risultati post-successione con un rendimento delle attività (Roa, return on assets) superiore del 39% rispetto a quello delle imprese guidate da un primogenito.
Inoltre, la selezione di un non primogenito si rivela una scelta migliore anche rispetto alla selezione di un leader esterno.
In altre parole, quella che potrebbe essere considerata una scelta nepotistica può essere vantaggiosa per l’azienda, se fatta nell’ambito di un pool familiare abbastanza ampio.

Infine, l’effetto positivo della selezione di un fratello non primogenito è più forte persino nelle successioni di generazioni successive alla prima che in quelle dei fondatori. Questo è probabilmente dovuto ad un più ampio gruppo di candidati familiari e a pratiche di selezione più formalizzate, che garantiscono la migliore scelta possibile.

Gli autori hanno condotto la loro analisi empirica su un dataset delle aziende familiari italiane che hanno visto una successione dal 2000 al 2012.
Indagando anche il ruolo della cosiddetta ricchezza socio-emotiva (lo stock di valore affettivo che la famiglia ha investito nell’azienda) nella selezione di un nuovo leader, concludono che la probabilità di seguire la regola della primogenitura aumenta quando la dotazione di ricchezza socio-emotiva di una famiglia è elevata e che una performance aziendale insoddisfacente prima della successione aumenta la probabilità di scegliere un primogenito, in quanto i motivi socioemotivi prevalgono soprattutto se l’impresa è in una situazione di vulnerabilità.

Invece – spiega Minichilli – i risultati dello studio suggeriscono che “gli imprenditori familiari devono avere il coraggio di infrangere la regola della primogenitura se vogliono trovare il candidato giusto per la successione”.
Se è vero che dal punto di vista emotivo in una situazione difficile, piena di emozioni e di potenziali conflitti – aggiunge Amore – la regola della primogenitura sembra combinare la sopravvivenza della dinastia familiare con il vantaggio di seguire una norma sociale consolidata, l’indagine prova che il coraggio di scegliere paga e, seppur difficili da mettere in discussione, è meglio da un punto di vista economico, mettere da parte le abitudini socioculturali.

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