Ambiente Imprenditoria

Strategia europea Farm to Fork e PAC

Farm to fork, la strategia giusta per una agricoltura europea ecosostenibile? Il talk promosso dagli uffici italiani di Parlamento e Commissione europei

Eataly e la strategia Farm to Fork
“Quello dell’agricoltura è da sempre un settore importante per il nostro Paese e per l’Europa. È un settore in cui l’Unione Europea si sta muovendo ed esprimendo bene. Sono stati fatti degli errori ma, da operatore del settore, sono soddisfatto della strada che stiamo percorrendo”. Lo ha affermato Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, intervenendo all’evento ibrido, organizzato dall’Ufficio in Italia del Parlamento europeo in collaborazione con la Rappresentanza della Commissione europea dedicato alla Strategia Farm to Fork e alla Politica Agricola Europea che si è svolto nei giorni scorsi in presenza a Roma e online.

La strategia Farm to Fork approvata a fine ottobre
Che cos’è la strategia Farm to Fork, approvata dal Parlamento europeo durante l’ultima plenaria del 18-21 ottobre? Si tratta di un piano decennale messo a punto dalla UE per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente. Come è emerso dall’incontro aperto dal Responsabile del Parlamento europeo in Italia, Carlo Corazza, e dal Capo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, Antonio Parenti, è la prima volta che l’Unione Europea progetta una politica alimentare che proponga misure e obiettivi che coinvolgono l’intera filiera alimentare, dalla produzione al consumo, passando naturalmente per la distribuzione.
Cosa significa Farm to Fork? Dal produttore al consumatore, rendendo i sistemi alimentari europei più sostenibili, cercando di salvaguardare un modello agricolo che tenga unite tutte le realtà del comparto.

L’opinione di Oscar Farinetti
Sempre secondo Farinetti, che nella sede romana di Eataly ha ospitato la parte in presenza del convegno, il processo Farm to Fork è proprio nelle sue corde: “io mi occupo di cibo e della filiera” ha spiegato “ovvero dall’agricoltura alla trasformazione, alla cucina fino al piatto finale. Noi italiani possiamo offrire il miglior cibo del mondo, abbiamo inventato noi l’agricoltura ed è nostro compito, politici compresi, occuparci dell’intera filiera. Con Eataly portiamo la storia dell’agricoltura italiana nel mondo attraverso il cibo, i prodotti, la cultura e soprattutto la narrazione”. Secondo il patron di Eataly, “il modo migliore per tutelare i nostri prodotti enogastronomici è saperli raccontare, combattendo il sovranismo alimentare”. E ha chiuso il suo intervento con una provocazione: “sarebbe bello se l’Italia si dichiarasse Paese Bio! È un gesto forte, ma il futuro lo prevede. Sarebbe un modo per raddoppiare le esportazioni delle nostre eccellenze”.

La Politica agricola comunitaria
La strategia Farm do Fork si inserisce in un contesto in cui l’Unione Europea già sostiene il settore agricolo con la PAC (Politica agricola comunitaria) e protegge – tanto negli Stati membri quanto nei Paesi terzi con gli accordi commerciali internazionali – le denominazioni di prodotti specifici per promuoverne le caratteristiche uniche legate all’origine geografica e alle competenze tradizionali (DOP, IGP, IG).
Il talk voluto dall’Ufficio in Italia del Parlamento europeo in collaborazione con la Rappresentanza della Commissione europea si è posto l’obiettivo di promuovere un confronto tra i rappresentanti delle istituzioni UE e nazionali e i rappresentanti del settore agricolo e della alimentazione, tutti impegnati a tradurre in pratica la strategia approvata in sede comunitaria.

Sviluppo rurale e produzione Bio
Tra gli interventi, quello di Silvia Michelini, direttrice sviluppo rurale, DG Agri, Commissione Europea, ha evidenziato i successi che sta già ottenendo l’UE in termini di sostenibilità negli ultimi anni, come la diminuzione del 7% delle vendite di insetticidi dal 2011 al 2019; l’aumento del 6% della produzione Bio e un valore aggiunto lordo della produzione agricola europea del 20% dal 2010. Dati incoraggianti ma che non tradiscono le grosse sfide da affrontare. La Commissione Europa con la strategia Farm to Fork procede nell’ambito del Green Deal Europeo.

Quali sono gli obiettivi della strategia Farm to Fork?
Innanzi tutto, ricorda Michelini, “rendere il settore agricolo competitivo mirando alla sostenibilità economica, ambientale e sociale”. Inoltre: promuovere la coltivazione biologica stabilendo una percentuale obbligatoria minima di acri di terreno coltivati a biologico per ogni Paese entro il 2030; offrire indicazioni precise per un’alimentazione sana, con dati scientifici; raccomandare agli Stati membri di ridurre ulteriormente l’uso di pesticidi, rimettendo in discussione anche la procedura che porta alla loro approvazione; ridurre il più possibile le emissioni di CO2 del comparto agricolo e armonizzare le norme sul benessere degli animali.

Pregi e difetti della strategia Farm to Fork
Non sono però mancate perplessità sulla strategia Farm to Fork. Herbert Dorfmann, del Parlamento Europeo, ha denunciato una strategia sbilanciata e con diversi deficit su cui occorre lavorare. Non è una legge ma sono indicazioni e non si possono imporre agli Stati Membri. Secondo Dorfmann “vanno forniti agli agricoltori strumenti nuovi per poter raggiungere gli obiettivi sostenibili”. Si chiede anche che tipo di supporto possano dare le nuove tecnologie. “La strategia, per gli Stati membri, può essere un percorso su cui operare” prosegue il relatore, “ma hanno bisogno di punti di partenza e obiettivi chiari”.

L’intervento del presidente di Confagricoltura
Per Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura, la PAC ha meno risorse finanziarie di altre iniziative politiche e in Italia questa carenza peserà particolarmente. “Nasce come politica economica e rischia di diventare una politica sociale” afferma. Confagricoltura è critica sulla strategia che – dichiara Giansanti – “rischia di depotenziare l’agricoltura europea”. Il presidente Giansanti dice la sua anche sull’etichettatura fronte pacco e sul Nutri Score: “una iniziativa privata come questa non può avere finalità eque e non va nell’interesse finale del consumatore europeo. Il Nutri Score omologa le diete alimentari a livello locale. Il cibo è business, quei Paesi che hanno multinazionali forti avranno maggior interesse a questo tipo di soluzione. No al Nutri Score ma sì nell’individuare un modello di etichettatura giusto per il consumatore, per gli agricoltori e per le imprese della filiera” chiosa Giansanti.

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