I gesti di richiesta di aiuto delle donne in difficoltà a causa di un partner violento o in situazioni di pericolo. Saperli usare e saperli riconoscere può salvare una vita
Alcune campagne virali sui social insegnano alle donne a usare frasi in codice e gesti di richiesta di aiuto. Un espediente, che si è rivelato efficace, con cui si possono attivare i soccorsi attraverso terze persone. Vediamo come.
Salva grazie ai gesti di richiesta di aiuto
Sana e salva grazie all’efficacia di un gesto della mano che ha attirato l’attenzione. Si è salvata così una ragazza americana di 16 anni, data per scomparsa già da alcuni giorni nel North Carolina. L’aiuto insperato è arrivato da un automobilista che percorreva l’autostrada Interstate 75 del Kentucky, il quale ha notato che nell’abitacolo di un’altra auto una giovane faceva ripetutamente con il palmo della mano aperto il gesto di piegare il pollice e poi di richiudervi sopra le altre dita. L’automobilista, che conosceva questo segnale di pericolo diffuso dal canale social TikTok, ha chiamato il 911 (il numero unico per le emergenze usato nelle Americhe) e pedinando l’altra vettura ha aiutato la polizia a fermare il rapitore, un uomo di 61 anni. Dopo di che la sedicenne ha riacquistato la libertà e ora le indagini sui motivi del suo sequestro sono in corso.
Il più noto dei gesti di richiesta di aiuto
Questo gesto (che vediamo raffigurato qui accanto) è stato ideato dalla Canadian Women’s Foundation, che lo ha veicolato sui social, come TikTok, per dare alle donne un ulteriore strumento di difesa contro gli abusi, nei casi in cui le vittime non siano nelle condizioni di poter parlare per denunciarli. Il gesto, diventato virale, è risultato efficace per attirare l’attenzione in diverse situazioni in cui la mancanza di libertà di parola e di movimento di una donna, per fuggire da una casa o da un luogo in cui è tenuta rinchiusa, rappresenta un sostanziale impedimento al mettersi in salvo da sola.
Il segnale gestuale, soprannominato “TikTok SOS”, ha riscosso grande popolarità a cominciare dal 2020, quando durante i vari periodi di lockdown alcune persone, donne in particolare, avevano l’urgenza d’indicare che si trovavano chiuse in casa in situazioni di pericolo.
Di seguito il video con cui è stata lanciata la campagna antiviolenza della Fondazione canadese che tutela le donne:
Il linguaggio in codice per chiedere aiuto
Ma ci sono anche altri modi di attirare l’attenzione quando si paventa un pericolo, come ad esempio pronunciare, se ci si trova in un luogo pubblico, delle frasi apparentemente normali, come “Mascherina 19” (mascarilla 19 in spagnolo). La “Mascherina 19” è stata escogitata durante il lockdown alle isole Canarie, quando durante le ripetute quarantene si era notato un aumento di violenze domestiche. In quel momento l’unica ragione per cui si poteva uscire di casa era per andare in farmacia o a fare la spesa, quindi farmacie e negozi hanno offerto il loro aiuto alle donne che ne avevano bisogno a mo’ di presidio antiviolenza. Per chiedere aiuto bastava pronunciare la parola in codice “mascarilla 19” e venivano attivati gli accertamenti e i soccorsi.
Un’analoga iniziativa contro le molestie sulle donne è quella di “Ask for Angela”, la parola d’ordine a cui si ispira una campagna inglese. In Italia potremmo tradurla efficacemente con “C’è Angela?”. Si tratta di una frase in codice che potremmo pronunciare quando, trovandoci al bancone di un locale pubblico o di un negozio, non ci sentiamo sicure e vorremmo ricevere aiuto. In questo modo, i gestori degli esercizi commerciali potrebbero venirci in aiuto, attivando la nostra segnalazione al 1522 (numero antiviolenza istituito dal Ministero per le Pari Opportunità) oppure al 118.
I gesti di richiesta di aiuto nella giornata del 25 novembre
Abbiamo deciso di pubblicare questa informazione sui gesti di richiesta di aiuto per dare un contributo informativo in più in questa particolare giornata. Il 25 novembre di ogni anno infatti si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Questa data fu scelta dall’Onu, con la Risoluzione 54/134 del dicembre 1999, per ricordare le tre sorelle Mirabal che il 25 novembre del 1960 furono trucidate nella Repubblica Dominicana a colpi di bastone per non essersi piegate al regime del dittatore Rafael Leónidas Trujillo. Patria, Minerva e María Teresa, soprannominate “las mariposas” (le farfalle), erano belle, colte e benestanti. Con quel nome di battaglia, le tre sorelle si erano attivate nel movimento insurrezionale 14 de Junio, fondato da Minerva e dal marito Manuel Aurelio Tavárez Justo, per rovesciare la tirannia del sanguinario Trujillo, che era arrivato, nel suo delirio di onnipotenza, a ribattezzare la capitale Santo Domingo in Ciudad Trujillo. Ma tutti gli attivisti del movimento 14 de Junio vennero arrestati e il 25 novembre del 1960 il dittatore ordinò ai suoi sgherri di assassinare a colpi di bastone le tre farfalle. Patria aveva 36 anni e tre figli, Minerva 34 anni e due figli, María Teresa 25 anni e un figlio.
Dai gesti di richiesta di aiuto ai simboli del 25 novembre
Come sapete, il colore da esibire il 25 novembre è il rosso ed uno degli oggetti simbolo sono le scarpe rosse da donna, da allineare nelle piazze e nei luoghi pubblici per rappresentare le vittime di abusi e femminicidio. L’idea si ispira a un’installazione dell’artista messicana Elina Chauvet che ha installato in una piazza di Ciudad Juarez, nel 2009, le Zapatos Rojos (scarpe rosse) in memoria dell’omicidio della sorella per mano del marito. Si ricordano così anche tutte le altre centinaia di donne rapite, stuprate e assassinate in quella zona di frontiera nel nord del Messico, snodo di traffici di droga e di esseri umani.
In Italia, grazie all’iniziativa degli Stati generali delle donne, abbiamo le panchine rosse, che devono obbligatoriamente riportare il numero antiviolenza 1522. Quello delle panchine rosse è un marchio registrato ed è illegale mettere una panchina rossa senza il logo degli Stati generali delle donne e senza tale numero inciso.