Per il nuovo Covid Hospital delle Marche i sindacati sono sul piede di guerra: stanno obbligando il personale sanitario a lavorare nella struttura e spostando i pazienti
Il Covid Hospital, la struttura ospedaliera realizzata nei locali della Fiera di Civitanova Marche in esclusiva per i pazienti Covid, costata 12 milioni di euro, è operativa ma è stata oggetto di attenzione mediatica, esattamente come è accaduto per Fiera Milano. Vediamo perché sono state sollevate tante polemiche.
Il Progetto Covid Hospital
L’Astronave avveniristica realizzata dalla Regione Marche insieme al Cisom-Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta, progetto guidato dall’ex Capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, è a tutti gli effetti operativa e la Regione ne è fiera: secondo quanto dichiarato dal presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli, infatti, “poter avere questa struttura a disposizione, dopo lavori che sono durati venti giorni, con una velocità incredibile di realizzazione e una filosofia ispirata alla fruibilità di moduli indipendenti e flessibili, ci permette di affrontare questa fase di chiusura dell’emergenza Covid puntando su un ospedale in grado di rispondere alle nostre esigenze”.
Il commento del presidente delle Marche sul Covid Hospital
Il presidente Ceriscioli ha sottolineato che “sappiamo che la missione più delicata potrebbe averla in un’eventuale ripartenza del virus a fine anno. Così ora i medici saranno messi nella condizione di poter provare questi spazi. Avere oggi conseguito un risultato importantissimo per una ripartenza più veloce e sicura, desiderata da tutti e, domani, un altrettanto importante traguardo, con una struttura pronta a entrare in azione, nel momento in cui ce ne fosse necessità, è un obiettivo davvero eccezionale”.
Le prime polemiche sul Covid Hospital
“La CGIL ha espresso da subito forti dubbi e preoccupazioni per la mancanza di chiarezza sul progetto complessivo” ci dice Daniela Barbaresi, segretaria CGIL Marche. “Prima il ‘Progetto100’, ovvero la realizzazione di una struttura con 100 posti di terapia intensiva che poi sono diventati 40 di terapia intensiva e 40 di semi intensiva, che poi ancora è diventato ‘Progetto Fiera Hospital’. Al momento” aggiunge Barbaresi “sono stati disponibili due moduli assistenziali per 14 posti letto di terapia intensiva e 14 semi intensiva, per i quali servirebbero 96 figure professionali tra medici, infermieri, OSS e tecnici. Abbiamo chiesto da subito di capire cosa prevedesse, come si rapportasse con l’attuale rete ospedaliera e come si stesse riorganizzando il sistema sanitario regionale, oltre al tema centrale del personale e delle professionalità necessarie al sistema. Alcune risposte sono arrivate solo recentemente e non ci convincono affatto.”
Il personale per il Covid Hospital c’è o non c’è?
Secondo quanto dichiara il presidente della Regione Marche Ceriscioli “il personale sanitario necessario c’è e proviene da tutte le aziende: da quelle più piccole, come l’Inrca, a quelle più strutturate come l’Asur. Questa nuova struttura viene veramente vissuta come una struttura regionale, pronta a essere attivata, in caso di necessità, per tutte le esigenze del nostro territorio”.
In realtà, pare che il personale sanitario non sia disponibile per il Covid Hospital di Civitanova Marche e che manchino pure i pazienti. Una nota firmata dal direttore medico Giorgia Scaloni, informa che “i medici della provincia di Macerata hanno cominciato a ricevere ordini di servizio che li obbligano ad andare a lavorare nell’astronave per almeno un mese, con orari ancora tutti da stabilire, ferie sospese e un incentivo alla mobilità che verrà trattato nei prossimi giorni.”
“Solo di recente” ci conferma Daniela Barbaresi “abbiamo saputo con quale personale verranno garantite cure e assistenza nel Fiera Hospital di Civitanova. Il primo è stato l’Avviso pubblico dell’ASUR per reperire le necessarie figure professionali ricorrendo alle “prestazioni aggiuntive”, ovvero chiedendo a medici, infermieri e tecnici degli ospedali delle Marche di andare a fare turni ulteriori a Civitanova dopo aver completato il proprio orario di lavoro presso la loro struttura di appartenenza.”
Al Covid Hospital manca il personale volontario
Che cosa sta succedendo in questi giorni? Che in mancanza di personale volontario, medici e infermieri, OSS e tecnici vengono precettati e costretti ad andare a lavorare al Fiera Hospital di Civitanova. Proprio in queste ore – ci informa la CGIL – “alcuni di loro stanno ricevendo le lettere con l’ordine di servizio”.
Perché il personale si rifiuta di lavorare al Covid Hospital?
Il tema del personale è centrale e dunque poniamo qualche domanda ai diretti interessati per capire il motivo di questa reticenza a lavorare al Covid Hospital.
A Daniela Barbaresi chiediamo:
Da dove nasce il rifiuto degli operatori sanitari, sempre di norma ligi al proprio dovere, come questa emergenza ci ha ricordato, di lavorare in quel nuovo ospedale?
Il Fiera Hospital come soluzione per affrontare l’emergenza Covid e le sue possibili recrudescenze. Nel momento più critico dell’emergenza sanitaria, la Regione Marche ha deciso di copiare dalla Lombardia la cui esperienza dell’ospedale alla Fiera di Milano, si stava già rivelando fallimentare. Oggi comunque, la situazione è molto diversa: ci sono per fortuna solo 13 persone ricoverate in terapia intensiva e 12 in semintensiva, ma mi preoccupa il fatto di voler trasferire pazienti critici, attualmente ricoverati negli ospedali nei quali potrebbero tranquillamente terminare le proprie cure dove sono stati ricoverati. Una scelta considerata sbagliata e irresponsabile anche dagli stessi operatori sanitari ed è per questo che anche loro la contestano.
A Ketty Pesaresi, dirigente medico e la Coordinatrice dei medici della FP CGIL, abbiamo chiesto:
Cosa manca in questa complicata situazione? Qual è il pensiero degli operatori sanitari di fronte all’operatività del Covid Hospital?
Di base quello che è mancato è il confronto e la collaborazione con gli addetti ai lavori. Il ruolo di dirigenti medici all’interno dell’azienda sanitaria prevede il loro contributo a livello organizzativo e gestionale, tuttavia gli stessi si trovano per lo più a dover subire le decisioni. Ciò di cui si sente la mancanza è il rispetto delle professionalità e delle competenze e la tendenza a considerare gli operatori alla stregua di strumenti più che risorse da valorizzare e tutelare. Il riconoscimento inizia dalla disponibilità all’ascolto e alla reciprocità; non necessariamente questo si deve tradurre in “premi”, i quali non possono in alcun modo sostituire i diritti fondamentali di chi lavora, che non possono prescindere dalla partecipazione.