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Lavoratori: ottimismo da cessata crisi in Europa

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La fine della crisi economica è alle porte. La ricerca  di  ADP collega l’ottimismo in azienda con i primi segni di “cessata crisi”

di Agnese Cecchini, giornalista

La crisi economica sta volgendo al termine? Secondo l’ottimismo dei lavoratori europei sembra di sì. Questo il risultato dell’indagine condotta su un campione di 11.000 lavoratori adulti, presentata in occasione dell’evento HR Tech World Congress da ADP®, specialista nelle soluzioni per la gestione delle Risorse Umane (Human Capital Management). I Paesi coinvolti sono otto, ritenuti importanti dal punto di vista economico: Italia, Francia, Germania, Olanda, Polonia, Spagna, Svizzera e Regno Unito.

Il 77% dei dipendenti europei si dichiara ottimista circa il proprio futuro lavorativo. I motivi principali sono da ricercare nella sicurezza del posto di lavoro (38%), nelle crescenti opportunità di carriera (27%) e nella possibilità di ottenere formazione e sviluppo delle competenze in modo adeguato per avere successo (27%).

 

I meno ottimisti sono proprio i nostri compatrioti (tra gli intervistati risultano 1.501 italiani), convinti anche che “il futuro non sia prevedibile” (61%); trend che si riscontra soprattutto nei Paesi che hanno risentito maggiormente della crisi economica. Ma gli italiani sono anche i lavoratori che si sentono “meno coinvolti” nell’organizzazione del lavoro, dichiarando solo il 46% dei lavoratori dipendenti di sentirsi parte attiva della propria organizzazione, contro il 56% del resto d’Europa.

I fattori più importanti che contribuiscono a coinvolgere e motivare i lavoratori sono: un buon equilibrio lavoro – vita familiare, la possibilità di lavorare in modo flessibile e i benefici finanziari a lungo termine. Tra le minacce: stress elevato, segnalato dal 44% dei lavoratori.

 

La ripresa economica accelera la competitività per acquisire talenti anche sul mercato estero. Azione che i dipendenti percepiscono, 8 su 10, come positiva, identificando l’ingresso di talenti stranieri sul mercato locale soprattutto come opportunità per sé stessi.

 

Oltre un terzo (34%) degli interpellati in tutta Europa prevede di cambiare lavoro entro tre anni -picco in Svizzera con il 16% che programma di farlo entro un anno. Seguono i britannici, dei quali solo il 17% prevede di proseguire il resto della carriera nell’azienda in cui si trova ora. Massima la fedeltà dei tedeschi: il 40% degli intervistati si dichiara convinto di conservare il ruolo attuale fino alla fine della propria carriera.

 

D’altro canto la perdita di talenti e competenze locali è ancora un problema per diversi Paesi: in Spagna (49%), Italia (47%) e Polonia (39%) si registra la maggior preoccupazione per la perdita di talenti a favore di altre nazioni.

Nonostante questi dati, sono gli svizzeri (36%) e i britannici (32%) i più esitanti di fronte alla possibilità di ingresso degli stranieri nelle rispettive aziende, rispetto a un timore europeo in media del 21%.

Gli alti livelli di ottimismo e la crescente mobilità dei talenti riflette anche l’aumentata competitività delle aziende. Esattamente metà dei dipendenti europei afferma che la propria azienda è preparata a competere internazionalmente a livello sia di business sia di acquisizione di talenti. Il Regno Unito si trova davanti a tutti nella capacità di competere sul mercato internazionale: qui 6 dipendenti su 10 sono convinti che la propria azienda sia ben preparata a competere su business e talenti contro gli altri Paesi.

Leon Vergnes, SVP/GM EMEA di ADP ES International, ha dichiarato in una nota come “inserire persone provenienti da background differenti e incoraggiare lo spostamento internazionale dei talenti siano elementi essenziali per assicurare la competitività globale. Le aziende che si muoveranno efficacemente su questi due fronti, otterranno i vantaggi di una forza lavoro coinvolta, ottimista e impegnata”.

 

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