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Team Building come professione: in azienda si fa gruppo

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Professionista della formazione di una squadra aziendale. Cos’è il Team Building

Tanta esperienza sul campo per diventare professionista della formazione di un gruppo aziendale che deve fare squadra, capace di lavorare in armonia per obiettivi comuni. Con formule sempre più originali: dalla cena con delitto alle sculture in mattoncini, dalla gara dei droni al videoclip musicale.

Team building: un’attività che comprende un’insieme di strategie formative (team game, team experience, team wellbeing) finalizzate alla creazione di un gruppo coeso e motivato, applicabile in ambiti diversi (scuola, centri sportivi, campi estivi, comunità), che in ambito aziendale viene utilizzata da oltre 15 anni soprattutto dalle multinazionali, ma che di recente ha conquistato nuovi target, come le imprese di medie dimensioni.

In un’azienda in cui operano più persone è infatti determinante, per il corretto svolgimento del lavoro e per una naturale prospettiva di sviluppo, che nel gruppo circoli energia positiva. Collaborazione ed empatia sono gli elementi che non dovrebbero mai mancare in uno staff, mentre andrebbero eliminati conflitti e competizioni fra colleghi che rischiano di rallentare o addirittura compromettere il funzionamento dell’azienda. Una filosofia valida sia per le imprese che si occupano di produzione, dove si lavora insieme per realizzare un prodotto da collocare sul mercato, sia per le aziende di servizi, che devono presentare oltre all’attività proposta anche un’immagine accattivante del personale che lo gestisce. E un gruppo di lavoro visibilmente affiatato rappresenta un‘ulteriore garanzia per i potenziali clienti di ogni genere di servizio, dalla comunicazione alla logistica.

Il team builder può lavorare sul gruppo aziendale con due principali obiettivi: la formazione, per ottenere il massimo della performance da ogni singolo membro e di conseguenza l’ottimizzazione dei risultati complessivi a seconda dei bisogni e delle aspettative della dirigenza, oppure il puro svago, per divertire attraverso modalità operative diverse e stimolanti, rafforzare il senso di appartenenza al gruppo, e smontare lo stereotipo che l’ambiente di lavoro debba essere quasi sempre fonte di noia e stress. In entrambi i casi, il formatore deve essere in grado di valutare la psicologia di ogni singolo partecipante, in particolare attitudini e punti deboli, stimolare l’interazione con eventuale creazione di conflitti funzionali all’assegnazione dei ruoli e alla creazione di un’unità di lavoro; a questo punto il team builder lascia che il gruppo operi in autonomia per portare a termine la missione indicata dal format selezionato.

Alla base, il coinvolgimento di ogni singolo elemento in un’attività di gruppo per amplificare la consapevolezza del proprio ruolo, ad esempio nelle persone che tendono a sottovalutare la qualità o la quantità della propria performance, e che in questi momenti possono più facilmente ricevere quell’ascolto e quell’attenzione sulle proprie capacità che si traducono in motivazione. Il team building può accorciare le distanze fra le persone, in gruppi aziendali di recente costituzione dove è importante la conoscenza reciproca per avviare l’ingranaggio della quotidiana routine lavorativa, ma anche in gruppi apparentemente collaudati che stanno vivendo un momento di crisi o che stentano a decollare per via della superficialità delle relazioni, dove esplorarsi a vicenda attraverso la modalità ludica può portare a distendere e vivacizzare i rapporti preesistenti.

In Italia l’offerta di team building si sta lentamente diffondendo: “Le grandi multinazionali fanno da sempre questo tipo di attività e la richiesta è sostanzialmente costante” dichiara Daniele Elti della Teambuilding.it. “In aumento soprattutto da parte di aziende più piccole: con la crescita della cultura di impresa emerge la necessità di lavorare sul benessere del singolo per la performance del team. Oggi anche aziende da 20/30 dipendenti iniziano a considerare il team building come un’opportunità di crescita e di miglioramento”.
E secondo l’esperienza di un altro esperto del settore, Davide Pagliuca della Team Now, che opera in Italia e Svizzera: “Il team building ha preso piede in Italia da una quindicina d’anni, malgrado la crisi, che ha difatti incrementato la richiesta di formazione: le aziende hanno spesso ridotto l’organico, ma hanno anche cercato di formare al meglio il personale rimasto.”

“La realizzazione di un cortometraggio o spot pubblicitario forse è uno dei format più richiesti” afferma Elti. “E stiamo studiando un format sugli origami, l’arte giapponese di piegare la carta per realizzare sculture. Si parte dal principio che l’attività deve coinvolgere un team, deve dare l’opportunità di lavorare insieme, pianificare e soprattutto condividere una strategia, applicarla e portarla a termine. Per fare un esempio, il famoso passaggio sul ponte tibetano, è divertente ed emozionante, ma di team building non c’è granché. Non basta vivere tutti insieme una esperienza nuova e coinvolgente.”
E infatti Davide Pagliuca il ponte tibetano non lo fa soltanto attraversare, ma soprattutto costruire: “Le attività che vanno per la maggiore sono quelle outdoor, molto spesso anche quelle più estreme come un corso di sopravvivenza, orienteering e realizzazione di ponti tibetani con attraversamento in quota. Portare i partecipanti al di fuori del loro stato di comfort e fuori dalle mura lavorative, aiuta moltissimo le persone ad aprirsi e far nascere le giuste dinamiche di teamworking. Con le nuove tecnologie ci siamo spinti a nuovi format che integrano i social, la cosiddetta realtà aumentata e anche la robotica.”

La creatività e l’attenzione alle innovazioni nel mondo della comunicazione non possono quindi mancare a chi è attratto da questo lavoro. E la capacità di immaginare e uscire dagli schemi, perché ogni esperienza, anche quella apparentemente più banale o al contrario più estrema, si può tradurre in team building: “Le aziende sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo da proporre ai propri dipendenti, difficilmente si ripete due volte lo stesso format, e bisogna sviluppare sempre proposte accattivanti.” spiega Pagliuca.
Tra le aziende che maggiormente richiedono il servizio di team building per i propri dipendenti: banche, case farmaceutiche, case automobilistiche, grosse catene di distribuzione, case di moda , aziende petrolifere, chimiche e alimentari.

Come si diventa team builder? Con la formazione sul campo, attraverso gli stage periodici proposti dalle stesse aziende che si occupano di team building. E possono risultare un buon viatico i master sulla formazione esperienziale offerti da istituti e università pubbliche e private, oltre naturalmente al possesso di una laurea in psicologia: molti teambuilder sono psicologi o sociologi che si sono specializzati nella formazione comportamentale degli adulti. “…anche se esiste molta concorrenza nel settore, e il ruolo di esperto di team building impone una certa dose di autorevolezza” puntualizza Elti, “quindi è molto difficile per un neolaureato riuscire ad insegnare a dei manager con i capelli bianchi come comportarsi…”. Insomma, ai titoli di studio e al bagaglio di esperienza è necessario associare carisma e attitudine alla leadership. Sono infatti molti i professionisti che provengono da settori diversi, e che si sono reinventati in questa attività investendo sulla propria capacità di parlare in pubblico e mantenere l’attenzione. Un’opportunità di lavoro non solo per i giovani, quindi, ma anche per donne e uomini in cerca di una nuova occupazione e che ritengono di possedere i requisiti giusti.

Spesso ad integrare il ruolo del team builder, a seconda del format richiesto dall’azienda, entrano in azione esperti di uno specifico settore che durante il corso collaborano attivamente con il formatore: maestri di cucina, di sport come ad esempio il rafting, di ballo, attori e registi teatrali o cinematografici… Oppure: il team building, oltre a rappresentare il core business di aziende che si dedicano esclusivamente a questo, viene talvolta offerto da chi gestisce un’attività specifica che si rivolge a gruppi di persone (scuole di circo o di recitazione, palestre, adventure park, scuole di sopravvivenza). Ma,come per tutte le formule collaudate che solo dopo qualche anno diventano una vera e propria moda, si profilano sempre più spesso “falsi” team building, ossia attività rivolte a gruppi coordinate da persone che non possiedono cognizioni di formazione esperienziale, come, ad esempio, degustazioni enogastronomiche che ben poco afferiscono alla cultura del team building: “…il lavoro vero è stato fatto anni fa da società specifiche che anno aperto il mercato” commenta Pagliuca; “ora per i nuovi arrivati è una strada tutta in discesa”.

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