Politica e donne

150 Anni di unità d’Italia. Le donne del Risorgimento

anita e giuseppe garibaldi

Eleonora de Fonseca Pimentel

eleonora de fonseca pimentelÈ il 1760 quando, all’età di otto anni, arriva a Napoli. Qui continua a studiare le lingue moderne: portoghese, italiano, inglese, francese; e quelle antiche: latino e greco. Scrive poesie ed entra dapprima nell’Accademia dei Filaleti e poi in quella dell’Arcadia nel 1768, lo stesso anno in cui Maria Carolina d’Asburgo viene a Napoli per sposare il re Ferdinando IV, evento cui Eleonora dedica il suo primo componimento importante: Il Tempio della Gloria. Si tratta di un poema per le due famiglie reali: gli Asburgo e i Borboni. Con quest’opera entra nelle grazie della regina e ne diviene amica, ma fino a quando? Maria Carolina fa di lei la propria bibliotecaria, posizione prestigiosa che la mette in contatto con i grandi letterati dell’Illuminismo.
La regina inizialmente promuove riforme moderniste che piacciono agli illuminati intellettuali del tempo. Dal 1770 comincia una fitta corrispondenza tra Eleonora e Metastasio, che aveva ricevuto i suoi primi componimenti. La donna si dedica fin dall’infanzia agli studi delle lettere e delle scienze naturali, matematica e astronomia, chimica e mineralogia, botanica e filosofia. La vita però le riserva fin dalla giovane età dolori grandissimi. A venticinque anni viene costretta dal padre a sposare un ufficiale dell’esercito borbonico, un uomo mediocre e violento da cui avrà un figlio che muore in tenerissima età. Un’altra gravidanza viene interrotta a causa dei maltrattamenti del marito. Il dolore stravolge quindi la sua vita e la porta a separarsi dal consorte dopo un lungo e sofferto processo, gli atti del quale sono rimasti come importanti testimonianze della sua vita. Ma l’idillio con la corte Borbonica e le sue idee moderniste continua fino allo scoppio della Rivoluzione Francese, il 14 luglio 1789.
Con la cattura della regina di Francia Maria Antonietta, sorella di Maria Carolina, le cose cambiano ad un ritmo sostenuto. Eleonora viene licenziata dalla Biblioteca e la situazione precipita con la decapitazione del re di Francia Luigi XVI prima e di Maria Antonietta poi. Le riforme, tanto appoggiate fino al 1792, vengono completamente accantonate l’anno successivo, quando Maria Carolina decide di vendicare la sorella cominciando una vera e propria persecuzione dei patrioti e degli intellettuali illuminati.
Viene introdotto il reato d’opinione, ma chiunque può essere sospettato di avere fomentato gli orrori della Rivoluzione Francese. I filosofi ora appaiono come dei veri e propri traditori, segno del totale voltafaccia dei Borboni. La stampa straniera viene vietata ed è conclusa una convenzione con l’Inghilterra contro la Francia e i francesi.
Eleonora, accusata di appoggiare i giacobini tenendo riunioni sovversive, viene incriminata anche per le sue letture proibite e messa in prigione alla Vicaria il 5 ottobre 1798.
Tenuta in isolamento, scrive l’Inno alla libertà. Con l’avvicinarsi dei francesi, tre mesi più tardi, la famiglia reale è costretta a rifugiarsi in Sicilia: Eleonora è liberata insieme ad altri e viene proclamata la Repubblica Napoletana. È l’inverno 1799: ormai la Pimentel conosce anche il napoletano stretto e questo le apre la strada per fare breccia con gli ideali di libertà tra le popolane, ma anche tra le mogli dei giacobini, degli intellettuali e molte aristocratiche. Diventa direttore responsabile del Monitore napolitano, che ancora oggi è una fonte di indubbio valore per gli studiosi del Settecento napoletano e per gli eventi del ’99. Dal 2 febbraio all’8 aprile 1799 escono 35 numeri, e la De Fonseca Pimentel non risparmia, nei suoi articoli, neanche il malgoverno francese. Cerca in ogni modo di parlare al popolo che vede come “plebe finché una migliore istruzione non l’innalzi alla vera dignità di popolo”, come scrive sul Monitore il 9 febbraio 1799. Eleonora si rende conto che lo scarso coinvolgimento popolare potrebbe rivelarsi motivo di insuccesso e di sconfitta delle idee patriottiche di libertà e addirittura per la stessa Repubblica Partenopea.
Il re Ferdinando vuole tornare sul trono ad ogni costo e, proprio con l’aiuto del popolo – a detta di molti storici, la Repubblica cade e comincia una fredda e determinata vendetta ad opera della regina Maria Carolina d’Austria contro i nomi più importanti della Repubblica partenopea.
A nulla vale l’accordo della capitolazione, che prevede l’esilio per gli incriminati. Vengono a cercare la Pimentel sulla nave che deve portarla in Francia e la rinchiudono in prigione alla Vicaria. Poi, il 20 agosto 1799 la impiccano nella piazza del mercato, non essendole stata concessa neanche la possibilità di essere decapitata come convenuto per i nobili. Con calma e dignità, Eleonora de Fonseca Pimental davanti al boia chiede una tazza di caffè e, senza far trapelare traccia di emozione, pronuncia le sue ultime parole: “Forsan et haec olim menisse iuvabit” – Forse un giorno gioverà ricordare questi fatti.

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