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Discriminazione di genere, a che punto siamo?

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La Camera istituisce una Sala delle donne a Montecitorio per valorizzare l’impegno femminile in politica. La discriminazione di genere però comincia presto: i bambini sono bombardati da stereotipi già con i cartoni animati

Era il lontano 1946 quando le donne sono entrate per la prima volta nelle istituzioni italiane: 21 madri costituenti che hanno fatto la storia, che per prime hanno scritto attivamente un pezzo della nostra storia repubblicana.

Oggi la situazione in parte è cambiata, le donne sono presenti nelle istituzioni, siedono sulle poltrone dei consigli di amministrazione più importanti, addirittura secondo il bilancio del Senato pubblicato proprio pochi giorni fa hanno letteralmente “sorpassato” il numero di colleghi maschi a Palazzo Madama: 354 dipendenti in servizio contro 315 unità di sesso maschile.

Eppure a guardar bene nei cosiddetti palazzi del potere, Montecitorio ad esempio, non c’è traccia di queste donne: mezzi busti, dipinti, ritratti, niente di niente. Forse è anche per questo che è nata l’idea della Sala delle donne, un nuovo spazio per dare il giusto riconoscimento e tributo alle donne che hanno fatto la nostra Repubblica.

All’interno della sala ci sono infatti i ritratti delle 21 costituenti: delle prime dieci sindache elette nel corso delle elezioni amministrative del 1946; della prima presidente della Camera, Nilde Iotti; della prima ministra, Tina Anselmi; della prima presidente di Regione, Anna Nenna D’Antonio. C’è poi una quarta parete dove sono stati apposti degli specchi, ad indicare le tre cariche ancora mai ricoperte da una donna nel nostro Paese: presidente della Repubblica, presidente del Senato e presidente del Consiglio dei ministri. E sotto gli specchi la scritta “potresti essere tu la prima”, rivolta a tutte quelle visitatrici che entrando e specchiandosi possono immaginarsi quale carica ricoprire.

Una sorta di “gioco dietro il quale c’è la necessità di declinare tutti i ruoli, di linguaggio, di strumenti educativi, e anche sentimentali, che tengano conto del rispetto dei generi”, ha spiegato la presidente della Camera, Laura Boldrini, che ha inaugurato pochi giorni fa la nuova sala, istituita accanto a quella della Regina. La presidente ha poi ricordato quanto la discriminazione di genere occupi l’attenzione del Parlamento con diverse proposte di legge all’esame delle commissioni competenti: dai diritti per le donne che praticano sport a livello agonistico, al linguaggio di genere fino ad arrivare alla tutela per le vittime di violenza.
Ma facciamo un passo indietro. Linguaggio, letteratura per l’infanzia, sport: è qui che gli stereotipi di genere trovano terreno più fertile. Secondo il progetto formativo ‘Save – Stereotypes and Violence in Education’ della commissione Pari opportunità della Regione Sardegna – attuato in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia, Psicologia e Pedagogia dell’Università di Cagliari e l’Ufficio scolastico regionale – bisogna promuovere un’azione contro gli stereotipi che agiscono anche sulla violenza di genere. L’iniziativa ha coinvolto dirigenti e corpo docente delle scuole d’infanzia, primarie e secondarie, perché la discriminazione è un problema culturale: “attraverso un intervento formativo rivolto agli insegnanti è possibile produrre un cambiamento che si ripercuote sugli studenti e le studentesse, coerentemente con gli interventi Ue in questo campo”, ha evidenziato la direttrice scientifica Cristina Cabras, docente di Psicologia giuridica.

I bambini entrano in contatto con gli stereotipi di genere già in tenera età: le principesse Disney sembrano alimentare anche nelle bambine i pregiudizi, non dannosi di per sé ma che possono nel tempo limitarle nelle loro scelte. A rilevarlo una ricerca della Brigham Young University, pubblicata su Child Development, che ha coinvolto 198 bambini in età prescolare per capire quanto spesso interagissero con le principesse Disney guardando film o giocando con i pupazzi. Oltre a dimostrare la popolarità della cultura Disney, i risultati hanno mostrato che una maggiore immersione nel mondo di Cenerentola, Biancaneve e le altre eroine è risultata una sorta di apripista per comportamenti stereotipati legati al genere femminile.
“Sappiamo che le ragazze che fortemente aderiscono a stereotipi sul genere femminile sentono di non poter fare alcune cose, pensano di non poter avere successo in matematica o in scienze – ha osservato l’autrice dello studio, Sarah M. Coyne – non vogliono ‘sporcarsi le mani’, evitano di sperimentare”. E oltre agli stereotipi ad essere messa in crisi, nel tempo, per le ragazze può essere anche la percezione del proprio corpo: “le principesse Disney rappresentano spesso il primo approccio con l’ideale di magrezza, con cui si entra in contatto già a tre o quattro anni”, evidenzia Coyne.

Può sembrare una forzatura ma è proprio questa insicurezza, questa idea di sottomissione nei confronti del genere maschile che poi a volte può sfociare in violenza. Per la deputata di Forza Italia, Elena Centemero, presidente della commissione Equality and non discrimination del Consiglio d’Europa, la frequenza “ormai quasi quotidiana di omicidi di donne deve chiamare il governo a prendere atto dell’emergenza e ad agire con un’iniziativa forte, che sia anche culturale e di comunicazione. Le donne vanno spinte a denunciare e coloro che lo fanno non possono essere lasciate sole, esposte, come in questo caso, ad altre violenze. Non si può permettere che ci si abitui all’orrore”.

“Ormai le morti per femminicidio non si contano più”, ha aggiunto la collega di Sinistra Italiana, Celeste Costantino, prima firmataria di una proposta di legge sull’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole: “la violenza di genere deve essere affrontata come fenomeno strutturale e non con provvedimenti securitari ed emergenziali. Cioè tutto l’opposto di quanto fatto sino ad oggi. Ora c’è una possibilità in più per provare a impedire queste tragedie: in commissione Cultura della Camera è iniziato l’iter della legge sull’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole. E’ necessario non perdere tempo e approvarla il prima possibile. Alla luce degli studi condotti sulla violenza di genere sappiamo che la violenza si annida nelle relazioni, nell’idea del possesso degli uomini nei confronti delle donne, nella loro incapacità di gestire abbandoni e sconfitte. Non è un caso che nella stragrande maggioranza dei casi gli autori delle violenze sono uomini che non accettano la fine di una storia”. E’ ora di dire basta.

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