Settore zootecnico del Piemonte. La crisi della suinicoltura
Da quasi 2 anni il comparto della suinicoltura, comprendente l’intera filiera, è in crisi. Ora la Regione chiede un intervento immediato al Ministro delle politiche agricole
Si tratta di una crisi di mercato importante, che coinvolge gli operatori del settore fiore all’occhiello dell’economia piemontese. Il mercato della carne di suino ha visto una contrazione della domanda a livello nazionale e al contempo una crescita dell’offerta. Di conseguenza, i prezzi all’origine (quelli per gli allevatori) si sono abbassati. Ciononostante, ad essere aumentati sono i prezzi che gli allevatori devono sostenere, in particolare per l’alimentazione dei maiali, visto l’aumento dei prezzi dei cereali, della soia, ecc. e quello dei controlli sanitari.
Per le carni importate dall’estero, e per gli animali vivi importati, ci sono degli aspetti critici legati alla scarsità di controlli sanitari adeguati, che si rivelano poco efficaci soprattutto nei rispetti dell’epidemia vescicolare. Dovendo dipendere dalle importazioni in maniera così massiccia, ci si trova a combattere contro un nemico invisibile quale quello delle malattie contagiose senza avere strumenti a disposizione.
Per questo sarebbe di importanza vitale riuscire a risollevare il mercato della produzione interna, che ha controlli sanitari migliori e prezzi inferiori.
In Italia la produzione di suini è certificata. Eppure è proprio quest’ultima in Piemonte ad avere un eccesso di produzione. Si tratta in particolare di quella del suino pesante padano destinato alla produzione di prosciutti DOP.
Dagli studi effettuati dalle associazioni di settore (Federazione Regionale Coldiretti, Confagricoltura Piemonte, Cia Regione Piemonte, Fedagri Piemonte, Legacoop Agroalimentare Nordovest, Associazione Regionale Allevatori Piemonte, Aps Piemonte, Confindustria Piemonte, Assica) risulta che tra il 2000 e il 2007 “la suinicoltura italiana ha privilegiato la produzione di suini pesanti conformi ai disciplinari delle diverse DOP, nel complesso si è passati dal 56,9% di suini certificati sul totale dei suini macellati nel 2001 al 67,3% nel 2007. Parallelamente il consumo di salumi DOP non è incrementato nella stessa misura e di conseguenza si è creata una situazione di squilibrio tra la domanda e l’offerta. All’aumento della produzione di salumi DOP non è corrisposto un analogo aumento dei consumi interni e delle esportazioni”. Dunque la crisi viene da lontano.
Per questa ragione il Presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, e l’Assessore regionale all’Agricoltura Claudio Sacchetto si sono rivolti con una lettera congiunta al Ministro delle politiche agricole Giancarlo Galan per chiedere di realizzare interventi efficaci urgenti allo scopo di contrastare la crisi, considerando anche le ricadute positive che tali interventi avrebbero oltre che sugli allevatori e sui produttori, anche per le attività commerciali collegate dell’intera nazione.
I due rappresentanti del Piemonte denunciano come l’altalena dei prezzi, l’aumento dei costi delle materie prime (cereali soprattutto), le poche misure di tutela dell’Unione Europea e l’eccessiva quantità di carne suina che viene importata in Italia, abbiano messo in ginocchio questo comparto d’eccellenza non solo del Piemonte ma dell’intera Italia. Infatti, pochi giorni fa, anche la Lombardia aveva denunciato la crisi del settore e si può presumere che altre Regioni italiane faranno seguito alle richieste di interventi urgenti per sanare la crisi.
“È assolutamente necessario” afferma l’Assessore Sacchetto “intervenire concretamente per sostenere in primo luogo una grande quantità di aziende in crisi di liquidità. In secondo luogo occorre tutelare un settore che da sempre è fiore all’occhiello dell’economia piemontese. Come Regione vogliamo richiamare l’attenzione su questo comparto per stimolare un’analisi della situazione e la proposta di una serie di provvedimenti che possano andare oltre le parole e tradursi in sostegno concreto”.
La produzione di prosciutti DOP in Italia
Nello spazio di 10 anni, tra il 1998 e il 2008, la crescita della produzione dei diversi marchi territoriali controllati di prosciutto è cresciuta massicciamente: i principali marchi conosciuti di prosciutto come il Parma e il San Daniele sono cresciuti rispettivamente del 9% e del 43%; gli altri prosciutti conosciuti (ad esempio il Modena, il Berico-Euganeo e il Toscano) sono cresciuti in totale del 372%.
Le spese che vengono affrontate per far sì che un prosciutto arrivi sulla tavola dei consumatori vengono caricate ovviamente sui prezzi di vendita e distribuite tra tutti i componenti della filiera, ma in maniera non equa, come si vede dal grafico (relativo al 2007):
Le proposte per uscire dalla crisi
Quando si parla di carne di maiale non si parla ovviamente solo di prosciutto: dalle braciole ai salami al lardo alla porchetta sono decine e decine i tipi di carni fresche o essiccate che si possono ricavare da un suino. Per questo l’attuale crisi del settore è considerata la più grave della storia del comparto.
Allo scopo di uscirne, anche le associazioni di categoria hanno fatto delle proposte. In particolare, essi richiedono criteri di equità tra tutti i componenti della filiera per la ripartizione del valore al dettaglio, maggiore coesione tra i membri della filiera stessa e ancora:
– introdurre un sistema di tracciabilità e di etichettatura dei salumi e delle carni suine più completo dell’attuale e più corrispondente alle esigenze del consumatore;
– adottare provvedimenti normativi e amministrativi per consentire alle filiere qualità delle DOP (Consorzi di tutela e soggetti della filiera) di implementare programmi di produzione dei prosciutti e dei salami DOP correlati alle effettive richieste del mercato.
E per il Piemonte in particolare (ma la richiesta va opportunamente estesa a tutta la nazione) l’istanza delle associazioni di categoria è quella di un rilancio delle Organizzazioni dei produttori quale interfaccia nel campo economico e di mercato con gli altri segmenti della filiera anche modificando l’attuale normativa adeguando i minimi agli obiettivi strategici e prevedendo un sostegno per la commercializzazione del prodotto. Tale sostegno potrebbe e dovrebbe prevedere come per tutte le attività che si rispettino: studi di marketing, ricerche di mercato, sviluppo delle vendite su nuovi mercati, progetti di comunicazione rivolti al consumatore per accrescere la notorietà dei salumi del Piemonte o delle altre regioni.