Diritti

Disoccupazione in Italia. I dati di febbraio 2011

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Disoccupazione in Italia. I dati di febbraio 2011

Diffusi i dati ISTAT sull’occupazione. Diminuiscono i disoccupati rispetto a gennaio, ma aumentano rispetto al 2010. Il problema dell’eccesso di lavoratori stranieri e la situazione dei contratti collettivi nazionali

Nel mese di febbraio gli occupati sono quasi 23 milioni, su una popolazione totale di 60 milioni di abitanti. Per la prima volta si riscontra un aumento del numero degli occupati, sia maschili che femminili, anche se si tratta di un aumento minimo (lo 0,1%) rispetto al mese di gennaio e comunque di un calo maggiore rispetto allo stesso mese dello scorso anno (-0,3%). Si tratterebbe pertanto di un aumento di 17 mila unità rispetto a gennaio 2011 e un calo di 65 mila unità rispetto a febbraio 2010. Il tasso di occupazione è del 56,7% rispetto ai potenziali lavoratori (ovvero alle persone in età lavorativa).

Calano pertanto i disoccupati (persone che hanno perso il lavoro) del 2% rispetto al mese precedente. Il numero dei disoccupati è di 2 milioni e 88 mila persone.
Aumentano invece gli inattivi (coloro che non cercano lavoro) di 21 mila unità sempre rispetto al mese precedente. Da diversi mesi tale dato aumenta.
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Retribuzioni e contratti

Rispetto al totale dei dipendenti, il 47,4% ha un contratto collettivo nazionale di lavoro in vigore.
Nel mese di febbraio sono stati rinnovati i contratti delle scuole private non religiose, i contratti dei vigili del fuoco e quelli delle agenzie di recapito.
Sono in attesa di rinnovo del contratto invece più della metà dei dipendenti (precisamente il 52,9%) che devono attendere in media quasi 11 mesi per ottenere tale rinnovo.
Per quanto concerne le retribuzioni, esse sono rimaste invariate rispetto a gennaio, ma sono aumentate del 2% rispetto al febbraio 2010. Di tutte le retribuzioni, il 43,5% sono relative a un contratto collettivo nazionale.
Gli aumenti di retribuzione si sono avuti nel settore dell’edilizia più che in ogni altro settore (+4,6%), seguiti però a pochi passi di distanza dal settore militare e difesa (+4,3%) e poi da quello delle forze dell’ordine (+4%).
Gli aumenti più bassi si sono riscontrati invece nei settori ministeriali, della scuola e delle attività dei vigili del fuoco (+0,6%).
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Ottobre, novembre e dicembre 2010. I dati definitivi

Ad aumentare è l’occupazione degli stranieri, e di ben 179 mila unità, ovvero oltre 10 volte di più di quella degli italiani. In ogni caso il tasso di occupazione degli stranieri è in diminuzione, probabilmente perché sono sempre di più gli arrivi rispetto alle collocazioni lavorative. Pertanto in realtà gli stranieri che arrivano in Italia, pur trovando maggior occupazione rispetto agli italiani, sono talmente tanti che non riescono a trovare tutti un lavoro. Un aspetto che andrebbe preso in considerazione dalle politiche nazionali sull’occupazione.
Per quanto riguarda i singoli settori produttivi, a perdere sempre più lavoratori è quello dell’industria, che registra un ulteriore calo di 81 mila lavoratori, mentre registra un lieve aumento il terziario (servizi) e in particolare nel comparto degli alberghi e della ristorazione nonché dei servizi alle famiglie.
I contratti part time sono in aumento mentre calano quelli a tempo pieno. Secondo le ricerche però i contratti part time non sono volontari, ovvero i lavoratori preferirebbero lavorare a tempo pieno.
Altro dato negativo è che calano i contratti a tempo indeterminato (dello 0,7% che corrisponde a 103 mila lavoratori sotto contratto) e aumenta in proporzione di molto il numero di quelli a tempo determinato (+5,1%).

La reazione della CISL

All’uscita di questi dati, uno dei maggiori sindacati confederati nazionali ha dichiarato, per bocca del Segretario generale aggiunto, Giorgio Santini, che pur essendoci timidi segnali di miglioramento, il problema è che l’aumento degli occupati è soprattutto nei contratti a tempo determinato e rileva che la crescita occupazionale è relativa soprattutto agli immigrati stranieri e al part time involontario “a dimostrazione che l’atteggiamento delle aziende è ancora difensivo”.
Poiché la disoccupazione giovanile in Italia è ancora molto alta (anche se inferiore alla media europea), il sindacato propone il rilancio dell’apprendistato “come contratto di primo lavoro rivolto ai giovani ed utile a fare incontrare meglio chi cerca lavoro con le aziende che cercano lavoratori senza trovarli. In tal senso apprezziamo la dichiarazione del Ministro del Lavoro di volerne  rendere più efficace il contenuto formativo e rafforzarne gli incentivi, ma si tratta di un’azione che va realizzata in fretta”.
Inoltre, Santini fa notare che “Nelle aree del Mezzogiorno va attivato il credito di imposta per le nuove assunzioni così come vanno rimossi i vincoli che penalizzano l’occupazione femminile, in particolare nei contratti di inserimento”.
In effetti, per quanto riguarda l’occupazione femminile, il Sud rimane sempre un passo indietro, come abbiamo visto nei precedenti articoli pubblicati sul nostro giornale.
Anche Liliana Ocmin, Segretaria confederale della CISL, è preoccupata per la situazione delle donne del Meridione e dichiara che il rilancio occupazionale femminile e giovanile non è più rinviabile se si vuole che l’economia torni a crescere: “Dieci milioni di donne e giovani che non trovano occupazione sono un capitale umano ed economico inestimabile la cui mancata valorizzazione ha ricadute devastanti sull’economia, calcolabile in 8 punti Pil in negativo. Per  il rilancio dell’occupazione femminile e giovanile occorre un approccio che tenga insieme azioni di riforma contrattuali, del welfare ed incentivi fiscali a sostegno di imprese e famiglie”.
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