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Eurostat e Paesi UE concordano nuove linee di ricerca per valutare la disoccupazione

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Eurostat e Paesi UE concordano nuove linee di ricerca per valutare la disoccupazione

In base ai nuovi indicatori, oggi il tasso di disoccupazione viene visto in modo diverso. Il nuovo report dell’Istat sulla situazione occupazionale italiana del 2010, appena reso pubblico, riporta le nuove componenti complementari

Una novità che prende in considerazione i cambiamenti sociali che mettono in luce come il mercato del lavoro si sia evoluto. Da questo mese di novembre al classico tasso di disoccupazione vanno aggiunti parametri che superano la “vecchia” divisione tra occupati, disoccupati e inattivi.

Dall’Europa arrivano infatti due nuove indicatori da valutare: gli individui che, pur non cercando attivamente un lavoro, sono disposti a lavorare se se ne presenta l’occasione; le persone che cercano attivamente lavoro, ma non sono disponibili a iniziare a lavorare immediatamente. Entrambi questi nuovi segmenti della popolazione rappresentano il nuovo dato da valutare, ovvero la “forza di lavoro potenziale”.

Come la vita stessa ci insegna, non è tutto bianco o tutto nero, ma ci sono varie sfumature di grigio. Un modo di dire che ben rappresenta la situazione del mercato del lavoro odierno. Per analizzarlo in modo puntuale occorre tenere presente i comportamenti e le intenzioni di chi ne fa parte. Così, oltre a questi 2 nuovi indicatori, se ne aggiunge un terzo che viene calcolano tenendo conto anche di quanti lavorano part time ma vorrebbero lavorare di più – cosa che l’ambiente lavorativo femminile ha più volte fatto notare al mondo politico. Si tratta dei sottoccupati part-time, che rappresentano quasi il 2% della forza lavoro italiana (434 mila persone nel 2010).

Gli inattivi che non cercano un impiego ma sono disponibili a lavorare nel 2010 in Italia sono risultati 2,764 milioni, di cui 1 milione e 64 mila uomini e 1 milione e 700 mila donne. Si tratta dell’11,1% della forza lavoro totale e rappresenta il fenomeno contemporaneo più evidente, quello dello scoraggiamento, che in Italia è 3 volte più elevato della media europea (che è pari al 3,5%). Ciò significa che le persone scoraggiate e pertanto inattive nella ricerca di un lavoro pur essendo disposte a prendere al volo un’occasione lavorativa, sono più dei disoccupati in senso stretto (quelli che cercano attivamente lavoro). Infatti i disoccupati italiani sono 2 milioni e 102 mila (il tasso di disoccupazione è pari all’8,4% delle forze di lavoro, ed è inferiore alla media europea che è pari al 9,6%).
Chi invece cerca lavoro ma non è disponibile da subito è lo 0,5% delle forze lavoro (meno della media europea che è dell’1%). Si tratta di 126 mila persone.

Facendo il calcolo delle forze di lavoro potenziali e dei disoccupati si ottiene il totale delle persone potenzialmente impiegabili nel processo produttivo del nostro Paese. Si tratta di 5 milioni di persone (media del 2010).

 

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