Aziende familiari: per loro è iniziata la ripresa
Il rapporto 2012 dell’Osservatorio AUB (AIdAF, Unicredit, Bocconi) appena presentato ha mostrato che le aziende familiari italiane di medie e grandi dimensioni hanno cavalcato meglio di tutte le altre imprese il periodo di crisi 2010-2011
Le aziende familiari mantengono un tasso di crescita superiore a quello della media delle imprese non familiari: nel 2011 la crescita è stata del 4,6% rispetto al 3,6% medio delle altre categorie di aziende. Dopo la battuta di arresto (-9,1%) subita nel 2009, le imprese familiari confermano nel 2011 la ripresa già fatta registrare a fine 2010.
Anche il numero dei dipendenti delle aziende familiari è cresciuto dal 2006 al 2010 e, parallelamente lo è la sua incidenza sul totale dei dipendenti delle imprese di capitali, che ha raggiunto il 30%.
Analizzando i dati sulla redditività il quadro appare più contrastato. Sebbene l’analisi dell’ultimo decennio (2001-2011) evidenzi un ROI (Return On Investment) delle aziende familiari in media di due punti superiore alle altre (fino a tutto il 2007), tale gap positivo si è progressivamente ridotto a +0,6% punti nel 2011 (7,3% contro 6,7%).
Simile la dinamica del ROE (Return On Equity), che dall’11,2% del 2007 è sceso al 5,9% del 2011. Nello stesso periodo, le non familiari sono scese anch’esse, passando dall’8,3% al 6,5%. I dati reddituali medi di queste ultime, tuttavia, nascondono una forte variabilità tra le diverse classi di imprese, con le imprese statali e municipali che, durante la crisi, sono state relativamente più protette perché meno esposte alla competizione nazionale ed internazionale.
Sul fronte della capacità di ripagare il debito, misurata dal rapporto posizione finanziaria netta/Ebitda, il 2011 conferma i dati dell’ultimo triennio, durante il quale tale livello si è attestato stabilmente su 6,3, circa un punto più alto di quelle non familiari (5,5). Questo dato negativo, da attribuire soprattutto all’erosione della redditività delle familiari piuttosto che ad un aumento dei debiti finanziari, è però controbilanciato dalla bassa percentuale (5,2%) di aziende familiari con margine operativo lordo (Ebitda) negativo. Tra le non familiari la percentuale 2011 è invece del 10%.
D’altro canto, le imprese a controllo familiare mostrano una maggiore solidità patrimoniale. Guardando al quadriennio 2007-2011, si nota come il rapporto di indebitamento sia sceso nettamente, passando da 7,1 a 5,6, valore oggi di circa due punti inferiore rispetto alla media delle aziende non familiari e il più basso in assoluto dal 2001. La spiegazione, secondo la Cattedra AIdAF-Alberto Falck e l’Osservatorio AUB, è che nelle aziende familiari la crescita del patrimonio netto sia stata costantemente superiore alla crescita dell’attivo patrimoniale, che pur non ha subito battute d’arresto. L’aumento del patrimonio netto è avvenuto grazie alla minore distribuzione dei risultati aziendali tramite dividendi.
Il rapporto 2012 dell’Osservatorio AUB su tutte le aziende familiari italiane di medie e grandi dimensioni, realizzato da Guido Corbetta, Alessandro Minichilli e Fabio Quarato della Cattedra AIdAF-Alberto Falck di Strategia delle Aziende Familiari dell’Università Bocconi con il supporto di AIdAF (Associazione Italiana delle Aziende Familiari), del Gruppo UniCredit e della Camera di Commercio di Milano, ha considerato 7.105 aziende con fatturato pari o superiore ai 50 milioni di euro, analizzando le caratteristiche e le performance delle 4.077 imprese a controllo familiare (che si riducono a 2.582 se non si considerano le sovrapposizioni dovute agli intrecci proprietari).
Durante la presentazione del rapporto sono intervenuti i rappresentanti di ciascuna componente dell’Osservatorio. Ecco alcune delle loro dichiarazioni:
Gioacchino Attanzio, direttore generale AIdAF: “anche quest’anno i dati dell’Osservatorio AUB indicano che le aziende familiari continuano a resistere alla crisi e sono più performanti di altre forme societarie. Questi dati confermano che le aziende familiari sono un motore importante per il futuro economico dell’Italia. C’è da sottolineare anche che le aziende associate AIdAF, presenti nell’Osservatorio, hanno modelli di governo più evoluti; con tutta probabilità la nostra associazione attrae le aziende mediamente più evolute, ma ci piace pensare che AIdAF dia il suo contributo con le opportunità di confronto e dibattito che crea da quindici anni”.
Claudio De Albertis, membro di giunta della Camera di commercio di Milano: “le imprese familiari sono lo specchio di una realtà imprenditoriale che a Milano e in Italia è stata capace di conciliare tradizione e innovazione facendo del ricambio generazionale occasione di crescita e sviluppo anche in questo momento di difficoltà economica e sociale. La loro storia, che però è anche la mia, non è solo storia di successo imprenditoriale ma si intreccia in modo indissolubile con gli eventi della vita cittadina. Ecco perché vanno tutelate e salvaguardate attraverso un’azione di promozione condivisa dalle istituzioni”.
Dario Prunotto, responsabile del Private Banking di UniCredit in Italia, ha ribadito come “l’apertura dei CdA a consiglieri esterni alla famiglia risulti comunque vantaggiosa, come testimoniato dall’ampio recupero di redditività registrato dalle imprese negli anni successivi all’inserimento. Che andrebbe comunque effettuato con il giusto timing, ovvero quando le aziende vanno bene e sussistono le condizioni affinché tali inserimenti avvengano con gradualità e senza pressioni derivanti da eventuali criticità economico-finanziarie”.
Guido Corbetta, titolare della Cattedra AIdAF-Alberto Falck di Strategia delle Aziende Familiari ha spiegato che “in termini generali i dati AUB mettono in evidenza il positivo impatto che una leadership familiare (sia essa individuale o collegiale) tende ad avere sulle performance delle imprese di famiglia. Tuttavia la gestione del ricambio generazionale e l’apertura della governance si confermano tra gli elementi più delicati e critici per le imprese familiari, ciò anche alla luce del fatto che i dati indicano come le migliori performance siano realizzate dalle imprese familiari guidate da leader giovani (40-50 anni) e come il coinvolgimento nei CdA di consiglieri che non sono membri della famiglia proprietaria possa impattare positivamente sulle performance delle imprese familiari di grandi dimensioni, quotate o guidate da un leader familiare”.