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Langhe-Roero e Monferrato Patrimonio dell’Umanità: quanto vale il brand Unesco?

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Dopo il riconoscimento si cerca di calcolare il ritorno economico per il territorio piemontese. Si stimano 2 milioni di turisti all’anno con un incremento del 30%. Vantaggi enormi anche per l’export di vini

di Egilde Verì

Di curioso nella nomina di Langhe-Roero e Monferrato a sito patrimonio dell’Umanità Unesco c’è solo il fatto che l’acclamazione sia avvenuta a Doha, in Qatar, un Paese che per motivi religiosi con il vino non va particolarmente d’accordo. Per il resto l’ingresso nella Lista World Heritage era atteso già da tempo, da quando dieci anni fa si ipotizzò per la prima volta di candidare questo straordinario territorio ad ottenere quello che viene un po’considerato l’Oscar dei beni culturali e paesaggistici. Da allora il “dossier piemontese” è passato per diverse ridefinizioni e una parziale bocciatura fino a quando il Comitato mondiale Unesco ha detto sì.

Da qualche giorno quindi le morbide colline ricoperte di viti di questo spicchio di terra sono equiparate alle Piramidi, la Via della Seta, la Grande Muraglia cinese: un’area di oltre 10mila ettari che comprende 29 Comuni distribuiti tra le province di Alessandria, Asti e Cuneo. E’ il 50mo sito italiano ad entrare nel club delle meraviglie, il che permette al nostro Paese di conservare il primo posto nella classifica per nazioni, seguito a poca distanza dalla Cina.

Ma, accantonata la sbornia d’entusiasmo, cosa porterà il riconoscimento a questo straordinario territorio? L’esperienza suggerisce che il brand “patrimonio dell’Umanità” abbia un enorme valore in termini di marketing, suggestione che sa esercitare, capacità di attrazione turistica: in passato altri siti “medagliati” hanno ottenuto nei primi cinque anni una crescita delle presenze intorno al 30 percento. Un dato che fa sorridere non poco gli operatori turistici locali che già nel 2013 hanno visto aumentare il loro volume d’affari: più 4 per cento di ospiti italiani, più 6 di quelli stranieri. L’approvazione dell’Unesco dovrebbe far esplodere questa tendenza. I calcoli sono ancora approssimativi, ma si stima che l’operazione può valere 2 milioni di visitatori l’anno. Una cifra enorme considerando che Roma, in 365 giorni, conta circa 12 milioni di arrivi.

langhe‹‹Complessivamente in Italia il turismo enogastronomico vale da solo 5 miliardi ed è in continua crescita›› conferma Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti. ‹‹Chi fa vacanze made in Italy indirizza oltre un terzo del budget all’acquisto di prodotti alimentari o ai pasti consumati in ristoranti e trattorie››.

Ma c’è un altro aspetto altrettanto importante: quello legato all’export del vino. Negli ultimi anni il calo del mercato interno è stato compensato da quello estero che va a gonfie vele e si sta aprendo anche ai consumatori dei Paesi emergenti. Qualche dato: nel 2013 il Piemonte è stata la seconda regione italiana, dopo il Veneto, per esportazioni di vini con un valore pari a 969 milioni di euro (il 19, 2 percento del valore italiano) e una crescita di oltre nove punti rispetto al 2012. Difficile stimare quanto il fascino esercitato dal riconoscimento ottenuto spingerà i consumatori stranieri a scegliere ancora di più i calici piemontesi, ma i motivi per ben sperare ci sono tutti.

Infine, il valore della terra, quella che grazie al paziente lavoro dei viticoltori è l’origine di pregiatissimi vini, barolo in primis. Nel tempo è stato necessario convincere gli amministratori locali a rinunciare all’edificazione di diverse aree. Adesso bisogna fare passi ulteriori.

Lo sa bene Roberto Cerrato, presidente dell’Associazione per il patrimonio dei paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato, l’ente che ne ha curato la candidatura all’Unesco: ‹‹abbiamo per le mani un’occasione unica di sviluppo economico e turistico. Ora sarà fondamentale soprattutto il modo di gestire, preservare e valorizzare questo straordinario sito››.

 

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