Secondo una ricerca della “ESCP Europe Business School”, le manager europee vincono in qualità sui colleghi maschi, ma sono meno brave ad autopromuoversi. Resta il gender gap: l’Italia nel mondo è al 71esimo posto
Intraprendenti, oneste, generose, ma anche poco capaci di sostenersi a vicenda e penalizzate da aziende che ancora faticano a realizzare la parità professionale tra uomini e donne. Così le manager rosa valutano la loro carriera prendendo in esame gli ostacoli incontrati durante il percorso e i punti di forza a loro vantaggio. A dirlo è un’indagine condotta dalla “ESCP Europe Business School”, scuola internazionale per la formazione manageriale, su un campione di donne con almeno dieci anni di lavoro alle spalle, italiane ed europee, provenienti sia da piccole e medie imprese che da aziende di grandi dimensioni del vecchio continente.
Tutte le manager interpellate concordano sul fatto che le abilità per arrivare alla stanza dei bottoni le donne le hanno eccome. Per l’83 per cento delle business women interpellate il gentil sesso ha infatti una maggiore capacità di immaginare il futuro e sa meglio comunicare la propria visione ai collaboratori. Le donne, inoltre, si riconoscono più elevate capacità di relazione interpersonale, maggiore onestà e generosità (è così per il 78 percento del campione). Se proprio un limite personale c’è, il 70 percento ritiene che si la mancanza di fiducia nei propri mezzi.
Perché persiste allora il gap professionale a vantaggio dei colleghi maschi? Volendo rintracciare dei fattori “endogeni”, attribuibili cioè al proprio comportamento, le manager puntano soprattutto sulla scarsa capacità femminile di sostenersi a vicenda. ‹‹Nella nostra ricerca›› spiega Francesco Rattalino, direttore generale ESCP Europe Torino ‹‹l’83 per cento delle executive dichiara che gli uomini hanno la tendenza a promuovere in azienda altri uomini e che invece l’85 percento di loro stesse non autopromuove altre donne all’interno dell’organizzazione. Eppure rispetto ai colleghi uomini, le donne manager offrono una maggiore propensione al nuovo, grande passione per la ricerca e lo sviluppo, spiccata disponibilità a sperimentare nuovi mercati, sono meno legate alle ortodossie, quindi risultano più innovative e flessibili››.
Una interpretazione condivisa da Delphine Manceau, Dean of ESCP Europe Executive Education: ‹‹Spesso le persone tendono ad assumere e promuovere persone che sono simili a loro: è una tendenza umana naturale. Le aziende devono quindi lottare quando vogliono cambiare e diversificare il profilo delle loro reclute››.
Insomma, le manager rosa sono più brave ma meno capaci di fare squadra e spingersi in alto. È invece molto esiguo il numero di lavoratrici convinte che a frenarle sia la mancanza di ambizione – lo pensa solo una su cinque – mentre per circa la metà di loro (il 45 percento) il fatto di dover conciliare la vita familiare con l’attività professionale costituisce un’ulteriore difficoltà al raggiungimento di alti livelli di carriera.
E le aziende come si comportano? Luci e ombre. Anche se il 45 percento delle intervistate ha notato un miglioramento nel corso degli ultimi cinque anni per quanto riguarda la presenza di donne in posizione di leadership, per più della metà del campione l’impresa per la quale lavora non fa abbastanza per contrastare la differenza di retribuzione tra generi. Non solo: l’83 per cento è convinto che le aziende continuino a favorire inconsciamente i colleghi maschi. ‹‹Nel 2010 a livello europeo il divario salariale tra uomini e donne è stato del 18 per cento›› dice Manceau. ‹‹Da allora è aumentato ed ora per i dirigenti è del 23 per cento››.
Ma dove le donne hanno maggiori opportunità di fare carriera e dove, invece, il divario di genere è più forte? ‹‹Guardando la classifica del World Economic Forum 2013, vediamo che 8 su 10 dei Paesi meglio posizionati per parità professionale tra i generi sono in Europa con Islanda, Finlandia e Norvegia ai primi posti›› spiega Manceau. ‹‹Tuttavia ci sono forti differenze : l’Italia è alla 71esima posizione , la Francia alla 45esima, la Spagna è 30esima, 18esima la Gran Bretagna e 14esima la Germania. Ciò dimostra che c’è ancora molto da fare per migliorare la posizione delle donne nell’economia e nella società››.
Egilde Verì